Politica
Italia 2018: l'anno della rivoluzione
Italia 2018: come si è entrati nella Terza Repubblica
Feste natalizie, tempo di bilanci.
Come sarà ricordato in Italia l’anno 2018 per la politica?
Indubbiamente quest’anno ha segnato una netta cesura con il passato e non solo quello recente. È stato un anno di forti cambiamenti, di discontinuità, di innesti di nuove idee, di visibilità internazionale finalmente ritrovata. Non per niente si è parlato di nascita della Terza Repubblica.
Se infatti fino al 2017 la cronaca politica, quella che poi, con il tempo, diverrà storia e poi ancora Storia con la “s” maiuscola, era rimasta nel seminato con il Partito Democratico a fare la parte principale e l’opposizione di centro-destra che tentava di (ri)emergere, il 2018 è stato l’anno del terremoto politico - istituzionale.
Il 4 marzo, che lo si voglia o no, è cambiata la storia dell’Italia e forse dell’Europa.
La vittoria dei Cinque Stelle e della Lega prima, e il successivo accordo di programma poi, ci hanno trasportato in una nuova epoca politica.
In tutto il mondo l’evento italiano è stato considerato l’affermarsi del cosiddetto populismo e/o sovranismo.
Questi aggettivi non facilmente spiegabili o meglio ancora interpretabili, e c’è molta confusione su di essi dovuta principalmente al loro utilizzo comune al di fuori dell’accezione “scientifica” della sociologia - politica.
Ma alcune caratteristiche sono facilmente individuabili, come del resto, le connessioni che poi hanno portato all’inedita alleanza giallo - verde.
Il populismo è il governo diretto del popolo mentre il sovranismo è caratterizzato da una autarchia politico economica prima e industriale poi.
Dunque possono esserci sovranismi non populisti, ad esempio una forte monarchia elitaria, ma in genere non ci sono populismi non sovranisti.
E su questa base che Matteo Salvini e Luigi Di Maio, con l’inaspettata e preziosa opera di mediazione di Giuseppe Conte, sono riusciti a trovare una quadra che a priori sembrava molto difficile da ottenere.
I grillini sono in realtà portatori di un populismo di sinistra, che storicamente possiamo inquadrare nell’alveo della Rivoluzione Francese (si veda la piattaforma Rousseau) e il portato giustizialista sta lì a dimostrarlo. Il populismo della Lega è invece un populismo di destra (probabilmente peronista), ma la base comune per entrambi e la critica all’élite, alla finanza internazionale e all’Unione europea.
La nascita del governo giallo - verde è stata quindi la vera grande novità italiana che però è già proiettata a livello internazionale. Steve Bannon, colui che ha reso possibile la vittoria di Donald Trump negli Usa, ha definito l’Italia “il più grande laboratorio politico del mondo” per quanto riguarda il sovranismo e le prossime elezioni europee potrebbero sancirlo in maniera ineluttabile.
L’altro fatto rilevante dell’anno politico 2018 è, parimenti, la scomparsa dell’opposizione e, in particolare, del Partito Democratico e dei vari “cespugli” centristi.
La vicenda di Matteo Renzi è del resto emblematica di quello che accade quando si gestisce un partito in maniera autarchica, con metodi sprezzanti e toni contraddittori tra un buonismo internazionale di facciata e una “voglia matta” di seguire suggestioni populiste.
Il Pd sconta la caduta di Matteo Renzi e del suo modo di fare politica e sconta soprattutto un totale scollamento con la il suo tradizionale elettorato che è passato armi e bagagli alla Lega e ai Cinque Stelle.
Si tratta, per certi versi, di un evento epocale, dovuto al tradimento della linea nazional - popolare che Antonio Gramsci aveva indicato. La classe dirigente di quel partito, attratta dal potere fino a sé stesso e dalla finanza, ha abbandonato i poveri e i diseredati per spostarsi nel campo liberale di destra. Ha sostituito le borgate con i quartieri bene dei centri storici ed è difficile continuare ad indossare il saio quando poi ci si sposta in Ferrari.
La vittoria giallo - verde ha prodotto un altro fatto rilevante, il ridimensionamento di Forza Italia e del suo storico leader Silvio Berlusconi. Infatti, se è vero che a livello regionale Lega e Forza Italia ancora governano in regioni chiave come la Lombardia e il Veneto è anche vero che a livello nazionale Forza Italia è stata clamorosamente ridimensionata, arroccata com’è in una improbabile opposizione di stampo liberale e pro - europeo.
E poi c’è Giorgia Meloni e il suo partito, Fratelli d’Italia, che è un piccolo avamposto politico che non riesce a differenziarsi pienamente in termini di offerta politico - programmatica dalla Lega di Salvini.
In questo scenario, il centro-destra come lo si conosceva, non esiste più ed è stato sostituito, di fatto, dalla Lega che continua ad aumentare nei sondaggi.
Altro fatto assai rilevante di questo anno politico è stata poi l’opposizione che per la prima volta nella sua storia l’Italia è riuscita a condurre nei confronti dell’Unione Europea.
Il fatto che abbia dovuto mediare sui numeri è più un elemento di intelligenza politica che di resa.
E questo per due motivi: il primo che comunque qualcosa si è ottenuto anche a livello di “numeri” e “numerelli” ma, soprattutto, ed è questo il punto fondamentale, si è fatto intendere a Bruxelles che a Roma il vento è cambiato e che è finito il tempo in cui i governanti italiani erano accolti con grandi sorrisi e pacche sulle spalle, tornando poi in Patria con la piva nel sacco ma satolli di ostriche della Normandia consumate a spese dei contribuenti.
L’opposizione ha capito che il famoso “popolo” che sembra così disprezzare, alla fine vota e non è così “bue” come sperava, ma è capace di una istintiva e sana reazione ad anni ed anni di imposizioni e di decisioni che sono andate tutte contro i propri interessi.
L’Italia, nel 2018, è passata ad una nuova fase politica che per la sua natura assolutamente rivoluzionaria ha riflessi internazionali che ci hanno posto al centro dell’attenzione mondiale.