Politica

L'ingresso di Giarrusso nel Pd è un passo falso di Bonaccini

Di Giuseppe Vatinno

Il governatore deve far molta attenzione in questa delicata fase elettorale a non indebolire la sua immagine di difensore della nuova Stalingrado d’Italia

Giarrusso nel Pd è un autogol per Bonaccini

Ieri 28 gennaio, durante la convention di presentazione della candidatura di Stefano Bonaccini a segretario del Pd, si è presentato Dino Giarrusso, annunciando il suo ritorno in politica e soprattutto la sua entrata a supporto del governatore dell’Emilia – Romagna. Il suo discorso ha prodotto molte perplessità non solo sui social -che lo hanno attaccato duramente anche a livello satirico- ma anche nello stesso Partito democratico. Molti infatti si sono chiesti il perché di questa mossa che non sembra poter apportare benefici all’immagine di Bonaccini, ma che è incomprensibile anche dal punto di vista dell’apporto elettorale. Oggi 29 gennaio, sul Corriere della Sera a firma di Giulia Ricci, è uscita una intervista all’ex deputato europeo dei Cinque Stelle ed ex iena che tenta di spiegare i motivi della sua scelta. Vediamo alcuni punti topici.

"Nessuno può dirmi che salgo sul carro del vincitore, visto il momento di difficoltà del Pd. È normale chi mi attacchino, ma ho una mia forza, come tutti sanno, e sono sempre stato un elettore di centrosinistra prima di scegliere il M5S, ci sono stati ingressi di persone molto più distanti". Poi la replica ai big che lo hanno apertamente attaccato chiedendogli di chiedere scusa: "Provenzano ricorda malissimo: io non ero candidato in Sicilia con Cateno De Luca e non ho appoggiato nessuno. Mi stupisce, abbiamo sempre avuto un buon rapporto. Nardella ha fatto una bella dichiarazione per cui lo ringrazio, e a Fassino dico che sono certo lavoreremo bene insieme".

E poi ancora, il punto chiave, e cioè i suoi attacchi costanti al Pd: "Il Pd aveva commesso errori e smarrito in parte la sua identità. Io sono il primo ad averlo criticato quando si era allontanato dai lavoratori, dai deboli, ero deluso: non è un caso se ci sono state uscite e scissioni. Ma ora mi metto a disposizione nel suo momento peggiore” e qui osserviamo accenti lirici vicini a quelli usati da Luigi Di Maio ai tempi della “conversione” al Pd, durante il governo giallo – rosso. E poi l’endorsement finale sulla scelta di Bonaccini: "Rispetto gli altri, ma ritengo il suo progetto il più credibile, amministra bene la sua regione, ha una chiara origine di sinistra, scuola Pci. Il Pd deve tornare a sedurre i cittadini, farli sognare, diventare di moda, ritrovare una sua identità e stare sui territori, puntando su scuola istruzione cultura e sicurezza".

“Sedurre” i cittadini quando sono sfiancati dall’inflazione e dai salari bassi, più gli altri ben noti guai, non pare proprio una idea salutare per un politico, sarebbe un po’ come cercare di calmare un toro infuriato sventolandogli gentilmente sotto le nari fumanti un bel drappo rosso. Siamo dubbiosi che percepirebbe l’intento seduttivo. Quella di Giarrusso pare proprio una Excusatio non petita, accusatio manifesta e non solo rafforza ma anzi amplifica i dubbi sulla sua improvvisa conversione sulla via di Damasco e l’idea che correntemente gira è che si sia trattata della solita piroetta di cambio casacca che ora Giarrusso vuol far passare per (ri)conversione ideologica, addirittura con ritorno ai suoi antichi valori di sinistra.

Se poi questa fosse la reale motivazione, perché non aderire alla proposta di Elly Schlein che è molto più a sinistra di Bonaccini? Uno spettacolo, quello dei repentini cambiamenti non solo di partito ma proprio di area politica, a cui ci hanno abituato eletti dei Cinque Stelle, anche se ovviamente non solo loro. Questa interpretazione è anche supportata dal fatto che Giarrusso nel maggio 2022 aveva annunciato l’intenzione di lasciare il M5S per fondare un nuovo partito, cosa che avvenne con “Sud chiama Nord,” dopo aver raggiunto una intesa per le regionali in Sicilia con Cateno De Luca, che esattamente di sinistra non è. Del partito l’ex iena fu anche Segretario nazionale. Ora dice nell’intervista al Corriere di non aver appoggiato nessuno e tantomeno Cateno De Luca, ma Giuseppe Provenzano, vicesegretario del Partito democratico, ricorda diversamente.

Ed anche sul fatto che dice che non sta “salendo sul carro dei vincitori” si potrebbe osservare che è sempre meglio di niente, visto che è rimasto politicamente disoccupato dopo la sua forse affrettata uscita dai Cinque Stelle, che poi hanno ben recuperato. Quindi, fermo restando il diritto di ognuno di cambiare idea anche un gran numero di volte, non sembra proprio che quella di accoglierlo sia stata proprio una scelta vincente per Bonaccini, che deve far molta attenzione in questa delicata fase elettorale a non indebolire la sua immagine di difensore della nuova Stalingrado d’Italia che si è guadagnato bloccando la Lega e Salvini sul Rubicone.