Politica

La retta via per il Pd

Di Gianni Pardo

 

Non sono mai stato di sinistra, non ho mai votato per la sinistra e – per più decenni – sono stato visceralmente anticomunista. Ed ho smesso non perché abbia cambiato opinione ma perché il comunismo è evaporato. In queste condizioni, qualcuno potrebbe pensare che io non sia autorizzato a parlare dei guai del Partito Democratico. Perché non ne conosco behne e correnti. Perché non lo conosco dall’interno. Perché non ne ho mai fatto parte. Ma è anche vero che non è necessario essere stati un cavallo o un gatto, per essere un buon veterinario.

Soprattutto se confrontato col grande passato del Pci, e perfino della Democrazia Cristiana, il Pd fa pena. Per decenni è stato pericoloso, oggi Paolo Mieli, usando perfidamente le virgolette, scrive un articolo(1) in cui ne ridicolizza gli eccessi e i tic. Quasi un De Profundis, se alla fine si è indotti a pensare, di quello che fu il partito del tremendo Togliatti: “È il festival del fanatismo sciocco, ma al fiele”, E, come ha detto Nietzsche, il miglior modo di rendere inaccettabile una tesi è sostenerla con cattivi argomenti.

E tuttavia, dal momento che ogni democrazia deve avere un’opposizione, e dal momento che la “sinistra” non è questo o quel partito, ma una pulsione ideale ed eterna, fa male vedere il Pd ridotto com’è ridotto. Per questo, se pure dall’altra sponda del fiume, mi piacerebbe potergli suggerire come salvarsi.

Il male fondamentale del Pd è la sua origine. È vero che ha inglobato metà di quel che restava della Dc, ma la Dc notoriamente era un partito senza spina dorsale e senza ideologia. Men che meno il Cristianesimo. Dunque lo scheletro che teneva in piedi “il Partito” per antonomasia è stato il comunismo; la rivoluzione proletaria; il Marxismo e perfino il modello costituito dall’Unione Sovietica. Poi, neppure la Russia è più stata comunista; il comunismo è stata la foglia di fico di orrende dittature come quelle della Corea del Nord; lo stesso marxismo si è annacquato nel capitalismo come a Cuba, nel Vietnam e nella stessa Cina. Soltanto il nostro Pd - che mai aveva pagato pegno per quelle teorie deliranti, e dunque si poteva permettere il lusso della nostalgia - non ha più saputo che pesci prendere. Mentre tutti i Paesi che ne hanno avuto la possibilità si sono liberati della Falce e del Martello, loro non sono riusciti a divenire socialdemocratici di cuore, banali europei come tutti gli altri, perfino rispettosi degli avversari: non soltanto hanno conservato la boria degli “àristoi” morali, ma si sono messi a vendere le indulgenze.

Sono riusciti, come constatava Cuperlo, a non vincere un’elezione da quindici anni, e ciò malgrado ad essere al governo per undici. Se oggi si dovesse riassumere l’ideologia del Pd si potrebbe dire che: il Pd vuole soltanto il potere e i suoi vantaggi. Cosa letale. E proprio questo è l’errore di base.

Un partito è composto da ideologie e da persone che quei programmi vogliono realizzare, al passaggio facendoci anche degli affari. Ma un partito non deve ridursi ad essere soltanto affarismo. Magari vive vendendo ideologia e incassando potere, ma l’ideologia la deve pur vendere, se no il popolo che cosa comprerà, col suo voto? È raro che nella vita funzioni come nella barzelletta:

- Se ti do mia moglie che cosa mi dai?

- Niente.

- Affare fatto.

Non si può avere come programma elettorale: “Votate per me, perché voglio essere deputato”. Se si insiste, è come voler convincere i pesci a mordere l’amo nudo.

Si può vivere di rendita per decenni (è ciò che hanno fatto i successori del Pci) ma alla lunga l’eredità svanisce. Per questo il Pd avrebbe bisogno di un’assemblea in cui si discutesse seriamente di ciò in cui il partito crede; si precisassero i suoi programmi; si delineasse quella che è e quella che vuole essere la sua anima. Essendo pronti ad andare all’opposizione, a un dimagrimento, e se fosse necessario a liberarsi dei dissenzienti.

Ecco un esempio: le persone perbene e giuridicamente alfabetizzate non possono che vedere l’abolizione della prescrizione nel processo penale come un obbrobrio. Ebbene, su questo punto il Pd non doveva cedere, a nessun costo. A costo di far cadere il governo. È questo avere un’ideologia. E se invece erano convinti che l’abolizione della prescrizione fosse una cosa giusta, non dovevano pretendere in cambio una riforma del processo penale che evidentemente il M5S non gli avrebbe mai concesso. E infatti non l’ha nemmeno tentata. Cosicché il Pd si è dimostrato debole, incoerente e talmente fesso da farsi menare per il naso. A questo punto non sorprende che il partito sia in decadenza: sorprende che sia ancora vivo.

Sinistra e destra, per molti decenni, hanno significato Stuart Mill o Marx, liberalismo o collettivismo, stato laico o stato etico. Ora questo genere di dicotomia è fuori moda: tutti sono liberali, tutti sono occidentali e democratici. E allora ci si distingue gli uni dagli altri per sfumature. È questo che permette al centro-destra italiano di essere composto da tre partiti. Possibile che il Pd non trovi una sfumatura per essere alla loro sinistra? Possibile che sia talmente vile ed avido da mangiare qualunque cosa, anche con le mani, anche sul pavimento, come i cani?

Ecco la medicina: un lavacro intellettuale e il coraggio delle proprie idee. Il fatto che ancora oggi – nella speranza di avere un futuro di potere – si continui a parlare di alleanza con i Cinque Stelle, dimostra che i dirigenti del Pd non ne hanno capito niente. Mai allearsi con un partito senz’anima. Perché se è senz’anima, è un morto che cammina.

giannipardo1@gmail.com

(1)http://cercanotizie3.mimesi.com/Cercanotizie3/intranetarticle?art=535165385_20210311_14004&section=view&idIntranet=212

Un tempo Sandra Bonsanti mi faceva bollire il sangue, oggi rappresenta un fenomeno storico che si ripresenta per la seconda volta, con la conseguenza prevista da Marx. G.P.