Politica

Le 3 strade per arrivare al premierato. Meloni non commetta l'errore di Renzi

di Paolo Becchi e Giuseppe Palma

La maggioranza parlamentare che sostiene il governo, di concerto con una parte delle opposizioni (Azione e Italia Viva), ha deciso di puntare sul premierato



La terza strada, un po’ come la settima luna di Lucio Dalla, è quella che volò via. La commissione bicamerale per le riforme. Va costituita per legge e deve comprendere un certo numero di parlamentari (sia di Camera che di Senato). La sua composizione numerica deve rispettare in proporzione quella dei gruppi parlamentari. Dopo di che l’iter è sempre quello dettato dagli articoli 72 e 138 della Costituzione. 

Ora, se tutti fossero d’accordo col modificare la Parte Seconda della Costituzione, crediamo che la soluzione migliore sarebbe quella della commissione bicamerale, ma politicamente porterebbe il governo a schiantarsi contro un muro, come accaduto alla bicamerale presieduta da Massimo D’Alema nella XIIIa Legislatura. Nonostante vi fosse già stato l’accordo politico tra D’Alema e Berlusconi a casa di Gianni Letta (il famoso “patto della crostata”), Berlusconi fece saltare il banco perché comprese la fregatura per il centrodestra rappresentato dal doppio turno alla francese. 

Quella dell’iniziativa parlamentare può essere tentata in prima battuta e, se si dimostrasse impraticabile, si dovrebbe obtorto collo puntare sull’iniziativa governativa con un ddl a doppia firma del Ministro per le riforme istituzionali e del Presidente del Consiglio dei ministri, il cui testo sia previamente concordato con tutti i leader della maggioranza e delle opposizioni che ci stanno (al momento, come si è detto, Azione e Italia Viva).

Dopo di che il governo dovrebbe lasciare al Parlamento la piena autonomia di proseguire l’iter di approvazione, senza commettere l’errore che commisero Renzi e Boschi nel 2014-2016, quando fecero tutto loro (ricordiamo sedute notturne con Renzi che si aggirava tra i banchi di Montecitorio) e furono puniti dal popolo in sede di referendum confermativo. Questa volta è il caso che il governo si limiti all’iniziativa e lasci fare tutto il resto al Parlamento, che in sede di commissione potrà invitare a relazionare gli esperti della materia, allargando gli inviti anche ad avvocati, professori e studiosi. Sia una riforma di tutti, non dei “saggi” che si inventò Napolitano nel 2013.