Politica

Lega, tutti gli uomini di Salvini e di Giorgetti. Potere Lega, chi sta con chi

Alberto Maggi

Lega, ecco la mappa del potere, tra Salvini e Giorgetti. Poi ci sono Zaia e i veneti, un mondo a parte

Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti. Fiumi d'inchiostro sono stati utilizzati, soprattutto negli ultimi mesi, per raccontare il dualismo tra il segretario della Lega e il suo vice, tra il ministro dell'Interno/vicepremier e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Delle diversità di vedute sull'alleanza con il M5S si è già scritto molto, con Salvini - nonostante tutto - convinto ad andare avanti con Giuseppe Conte e Luigi Di Maio e con Giorgetti che spinge per la rottura, tanto che già sulla Tav - fosse stato per GG - si sarebbe aperta la crisi.

Nel Carroccio non vogliono nemmeno sentir parlare di contrapposizione e di scontro tra i due, invece raccontano di "due visioni diverse, oltre che sull'esecutivo, anche sul partito e sul modo di fare politica". Una complementarietà e una divisione di ruoli che finché si è una medio/piccola forza politica di opposizione, com'era fino al 4 marzo dell'anno scorso, è un valore aggiunto. Salvini prende voti nelle piazze e sui social network e Giorgetti lavora dietro le quinte, tesse la tela di contatti e costruisce una rete di rapporti e relazioni utili al partito.

Ma quando si va al governo, inevitabilmente, i due modi così diversi di intendere la politica - specie quando ci sono problemi come sul caso Siri, sull'autonomia e su molto altro come accade con il M5S - rischiano di creare frizioni o, quantomeno, fraintendimenti. Non a caso venerdì scorso, da Gorizia, interpellato sul caso Siri Giorgetti ha usato parole insolitamente aspre: "Secondo me la vicenda Siri è stata trattata molto sui giornali con molte dichiarazioni e poco confronto diretto. Se si è in un governo bisogna parlarsi. Io sono un sottoposto, non sono un capo, quindi parlasse il capo".

Negli ultimi giorni, raccontano nella Lega, sembra che il sottosegretario a Palazzo Chigi abbia confidato ai suoi più stretti collaboratori di essere "abbastanza stanco" di cercare di convincere Salvini sull'impossibilità di andare avanti con i 5 Stelle e abbia quindi deciso di concentrarsi sui suoi dossier lasciando, un po' stizzito, al ministro dell'Interno la strategia politica dal caso Siri al dopo Europee. Il Carroccio, apparentemente un monolite, ha il suo interno una dinamica che rispecchia il doppio volto del vertice.

I fedelissimi di Salvini sono ovviamente in netta maggioranza e sono in particolare tutta la nuova guardia, dal presidente della Commissione Trasporti della Camera Alessandro Morelli agli economisti euro-scettici Claudio Borghi e Alberto Bagnai, fino al ministro delle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio. Con il vicepremier al 100% anche il ministro della Famiglia Lorenzo Fontana, così come i due capigruppo Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo.

E anche tra i candidati alle Europee del 26 maggio sono in maggioranza i salviniani doc, solo per fare qualche esempio il pavese euro-parlamentare uscente Angelo Ciocca, l'ex Forza Italia ora convinta leghista Silvia Sardone, l'economista sovranista Antonio Maria Rinaldi e la milanese Laura Molteni. Fedelissimo di Salvini anche il sottosegretario al Lavoro e padre della quota 100 Claudio Durigon.

Più vicini al modo di intendere la politica e il partito di Giorgetti, invece, ci sono soprattutto uomini della vecchia guardia e che hanno resistito alla svolta salviniana. Tra loro sicuramente il sottosegretario alla presidenza del Consiglio (Rapporti con il Parlamento) Guido Guidesi, ma anche i due sottosegretari all'Interno Nicola Molteni e Stefano Candiani (più il primo del secondo, considerato proprio un giorgettiano doc), così come l'ex sindaco di Padova ed ex capogruppo a Palazzo Madama e ora sottosegretario al ministero dell'Economia Massimo Bitonci.

Anche il deputato bergamasco Cristian Invernizzi, commissario della Lega in Calabria, viene considerato un fedelissimo del sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Raffaele Volpi, ex responsabile di NoiconSalvini (movimento del Centro-Sud quando ancora esisteva la Lega Nord) e sottosegretario al ministero della Difesa, viene considerato un giorgettiano soft, comunque con ottimi rapporti anche con il leader e vicepremier.

Nella geografia dek Carroccio ci sono poi i veneti, "una galassia a parte fin dai tempi di Bossi", spiega un big leghista. Luca Zaia, ad esempio, il Governatore che si ripresenterà alle prossime elezioni regionali del 2020, sta con Luca Zaia. Punto. La Liga Veneta, l'unica organizzazione della Lega Nord prima e della Lega Salvini premier ora che non si chiama "Lega" ma "Liga" (in dialetto), è sempre stato un mondo a parte rispetto a Via Bellerio e alla segreteria federale. Chi non ricorda le battaglie infinite tra Flavio Tosi, ex sindaco di Verona ed ex leader della Liga, con Bossi e poi con lo stesso Salvini fino all'uscita dal movimento?

"Difficile inquadrare Zaia e la gran parte di deputati e senatori veneti, per loro prima viene San Marco, poi l'Italia", spiega un parlamentare del Carroccio di lungo corso. Ed ecco perché sull'autonomia regionale è l'ex ministro dell'Agricoltura a cannoneggiare minacciando la crisi di governo e non il lombardo e pacato Attilio Fontana. La ministra Erika Stefani, veneta di Valdagno (Vicenza), si è calata nel ruolo della mediatrice e cerca di trovare la sintesi sull'autonomia regionale tra il pressing di Zaia e la necessità di Salvini di trovare la difficile quadra con i 5 Stelle.

Il presidente del Veneto, quindi, non è ascrivibile a nessuna delle due categorie all'interno del Carroccio ma, di volta in volta, si muove a seconda delle necessità da una parte e dall'altra. Sempre con gli interessi del suo Veneto come bussola. Tornando a Salvini e Giorgetti, c'è anche la politica internazionale a segnare un confine tra segretario e vice. Il ministro dell'Interno, insieme a Lorenzo Fontana, ha messo in piedi le alleanze in vista delle elezioni europee con partiti di destra o estrema destra (come quello dei Veri Finlandesi), che non sempre hanno trovato la piena adesione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio.

Non solo. Giorgetti è un filo-americano doc, come ha dimostrato il suo viaggio negli States di qualche mese fa e le sue riserve sull'accordo con la Cina. A lungo membro della delegazione parlamentare italiana alla NATO, il numero due della Lega ha ottimi rapporti personali con l'ambasciatore Usa a Roma, Lewis M. Eisenberg. Salvini, invece, malgrado la posizione pro-Trump sul Venezuela, non ha lesinato critiche alla Casa Bianca ad esempio sulla Siria e i bombardamenti contro Assad e ha tra i suoi contatti più cordiali e interlocutori più vicini Alexander Nurizade, console della Federazione Russa a Milano.

E anche se il Muro di Berlino è caduto 30 anni fa e non c'è più la Guerra Fredda capitalismo/comunismo, non si può certo dire che Washingotn e Mosca siano alleati di ferro. Eppure anche questa è la Lega salvinian-giorgettiana...