Politica

M5s, il tramonto: Grillo spiegò il de profundis già nel 2008. Retroscena

di Antonio Amorosi

Ascesa e declino del movimento di Grillo a cui gli italiani si erano affidati. Dal 33% a percentuali locali risibili. I motivi me li spiegò il comico nel 2008

M5s, perché Beppe Grillo è così duro sul vincolo di due mandati elettorali per i parlamentari del M5S. Il segreto. Retroscena inedito

Perché Grillo è così duro sul vincolo di due mandati elettorali nel M5S? La spiegazione è secondo me lo specchio del de profundis del M5S. Me lo spiegò Grillo stesso in un scambio privato avvenuto nel 2008. Un anno dopo trasformò i meet up, piazze reali e virtuali di attivisti, in movimento.

Eravamo in autunno, mi venne proposto dai grillini locali di candidarmi sindaco di Bologna (in quel momento c'erano Giovanni Favia, Federica Salsi tra i più noti). Il capoluogo emiliano era la città in cui tutto era nato con il V-Day. Ma non mi interessava, volevo fare il giornalista, e soprattutto detestavo quel loro approccio grossolano che ha preso il nome di “antipolitica” e il giustizialismo che li caratterizzava. Ma loro memori della mia capacità organizzativa, senza soldi avevo portato un partito dello 0.8% al 5,2%, e integrità insistevano anche perché non sapevano come muoversi dentro “Il Palazzo”.

Mi ero dimesso da assessore al Comune di Bologna per l’ostracismo dell’ente che si era chiuso a riccio rifiutando ogni cambiamento: avevo denunciato un sistema clientelare sistematico perpetrato per almeno 20 anni nelle assegnazioni delle case popolari. Mentre i poveri erano costretti a vivere in tuguri, per strada o costretti a trasferirsi altrove alcune migliaia di case popolari del Comune erano state assegnate a tanti “amici degli amici”.

Gli attivisti insistettero affinché parlassi di persona con Beppe Grillo che durante lo spettacolo a Bologna aveva fatto proiettare un video sullo scandalo. Incuriosito lo incontrai nel suo camerino. Mi spiegò il progetto che aveva con Casaleggio: in soldoni volevano lanciare in politica migliaia di ragazzi giovani senza alcuna esperienza, sarebbero stati loro il motore del cambiamento del Paese. Era un fiume in piena: con la fine della Rai sotto controllo dei partiti, l’abolizione dei contribuiti pubblici ai giornali, l’introduzione della Class Action di massa, il divieto di incrocio azionario tra banche, industria ed editoria, la fine delle querele temerarie, la cittadinanza digitale per nascita, l’abolizione delle scatole cinesi in Borsa sarebbe stata una rivoluzione.

Quando gli feci notare che, visto il compito, quei ragazzi andavano “formati”, altrimenti sarebbero stati fagocitati dalla politica e le sue logiche, i soldi, la fama, il potere, diventando pure peggio di coloro che ferocemente criticavano mi bloccò: “No! No! Abbiamo una visione nuova di come fare le cose. L’idea è di Casaleggio. E’ un visionario!”, disse ridendo e sgranando gli occhi come sa fare lui quando finge di essere stato folgorato da un guru. E continuò bonariamente a spiegarmi che con regole rigide e l’adozione di un programma semplice ma strutturato avrebbero diretto facilmente questi giovani privi di competenze e esperienza.

E in questo processo serviva anche gente come me che doveva stare dietro le quinte, con lui e Gianroberto, nello staff che governava il processo. Tra le regole c’era anche questa del vincolo di doppio mandato. “Daremo una sorta di mobilità sociale che in Italia ai giovani non garantisce nessuno”, disse. Con questo metodo chiunque poteva aspirare a fare politica, attendendosi alle regole del movimento, e ci sarebbe stato poi un ricambio continuo. Chi si sarebbe attenuto avrebbe anche guadagnato un bello stipendio che in Italia nessuno dà soprattutto ai giovani.