Politica
Manovra, Meloni e Giorgetti si tengono il 'tesoretto' (nascosto) da tre miliardi per accontentare l'Europa
Fondi non usati per tagliare l'Irpef al ceto medio. Ecco perché
Quelle risorse aggiuntive sono una sorta di riserva dello Stato
Con la fiducia alla Camera di oggi e al Senato di settimana prossima, appena prima di Capodanno per evitare l'esercizio provvisorio, si chiude anche quest'anno la solita telenovela della Legge di Bilancio. Tra vertici di maggioranza, emendamenti che spuntano come funghi, pasticci, incomprensioni e scarsa comunicazione tra relatori e ministero dell'Economia (stando almeno a fonti della stessa maggioranza). Ma è sempre stata così la manovra economica, fin dalla Prima Repubblica.
Di certo c'è, come ha scritto ieri Affaritaliani.it, che la strategia del 'wait and see' del titolare del Mef Giancarlo Giorgetti con la premier Giorgia Meloni ha consentito di depennare moltissime modifiche al testo originale anche se ha inevitabilmente allungato i tempi. Ma la presidente del Consiglio sapeva benissimo che saremmo finiti in zona Cesarini e l'importante era salvare l'impianto della Finanziaria.
E questo risultato l'ha ottenuto con piccolissime concessioni come l'intervento sull'Ires incrementale per le aziende, accontentando Forza Italia e Confindustria (in parte) e il provvedimento sulle pensioni e il secondo pilastro del sottosegretario Claudio Durigon per lasciare il lavoro a 64 e non a 67 anni. Non una svolta clamorosa, ma qualcosa che soddisfa la Lega e che in prospettiva e nei prossimi anni potrà riguardare sempre un maggior numero di lavoratrici e di lavoratori per superare per sempre l'"odiata" Legge Fornero.
Grande delusione invece sul taglio dell'aliquota Irpef dal 35 al 33% per il ceto medio, sopra i 40mila euro lordi l'anno, e per sulle pensioni minime con la mancetta di tre euro in più al mese da gennaio 2025. D'altronde dal concordato fiscale sono arrivati solo 1,6 miliardi euro e per ridurre le tasse fino a 50mila euro ne servono 2,5 e fino a 60mila 4. Forza Italia tornerà alla carica e già a febbraio si farà una ricognizione per capire se sarà possibile intervenire per decreto. Ma ciò che nessuno dice è che al Mef, in piena sintonia con Palazzo Chigi, c'è un 'tesoretto' intorno ai tre miliardi di euro - poi ovviamente le voci sono diverse ma questa dovrebbe essere la cifra - che né Giorgetti né Meloni hanno voluto utilizzare nella Legge di Bilancio.
Il motivo? Quelle risorse aggiuntive sono una sorta di riserva dello Stato. Prima di tutto perché non si sa mai e potrebbero servire in caso di catastrofi naturali o terremoti o eventuali interventi d'urgenza. Ma a parte questo aspetto quasi ovvio c'è dietro l'Unione europea. Con la produzione industriale in calo da 21 mesi consecutivi e con la Germania e la Francia in gravissima crisi economica con un quadro politico incerto sia a Berlino che a Parigi il 2025 potrebbe riservare brutte sorprese in termini di crescita economica. E laddove il Pil dovesse, ipotesi non affatto remota, deludere le attese anche e soprattutto per effetti esterni all'Italia, il governo deve avere dei fondi a disposizione per rispettare i rigorosi impegni presi con Bruxelles sul rientro dal deficit e dal debito pubblico in base alle nuove regole del Patto di Stabilità.
Non solo, questo impegno si inquadra anche nell'accordo tra Meloni e Ursula von der Leyen che ha portato la presidente della Commissione europea a battersi con le unghie contro i socialisti Ue per difendere Raffaele Fitto vice-presidente esecutivo della Commissione. Portato a casa il risultato, ora la premier deve garantire Bruxelles sui conti pubblici. Ed ecco perché quel 'tesoretto' da circa tre miliardi non è stato usato per la manovra e soprattutto per ridurre le tasse anche al ceto medio. Vincono la prudenza europeista di Meloni e Giorgetti (e gli impegni presi con Ursula).
Leggi anche/ Manovra, Giorgetti e la strategia 'wait and see'. Così il Mef ha ridotto le modifiche e allungato i tempi - Affaritaliani.it