Politica

Morisi, Fidanza e Lucano: magistrati protagonisti della campagna elettorale

Dall'inchiesta su Morisi a quella su FdI, Salvini e Meloni si sentono accerchiati da una "giustizia a orologeria"

Droga, escort, fondi neri e commistioni con ambienti neofascisti. A scandagliare le prime pagine dei giornali e dei siti può capitare di essere colti dal dubbio di trovarsi, non in piena campagna elettorale per le amministrative, ma nel mezzo di un romanzo di James Ellroy. Gli stessi candidati in città come Roma, Milano, Torino o Napoli passano in secondo piano rispetto agli 'inciampi' grandi e piccoli dei leader e degli esponenti di spicco dei partiti che li sostengono. Le inchieste che hanno coinvolto il 'padre' della 'Bestia' leghista, Luca Morisi, e quella giornalistica che ha portato alla ribalta l'eurodeputato di Fratelli d'Italia, Carlo Fidanza, sono solo la punta di un iceberg fatto di colpi bassi, inciampi dialettici, rese dei conti vere o presunte dentro i partiti. La destra sovranista di Salvini e Meloni si sente sotto attacco, con una giustizia a orologeria che cerca di intralciare la strada. "È chiaro a tutti, sotto il sole romano come alla fermata Forlanini di Milano, che il Capitano si senta accerchiato", scrive Repubblica.

L'inchiesta su Fratelli d'Italia

L'inchiesta di Fanpage su Fratelli d'Italia arriva, ad esempio, proprio nel giorno della 'foto di famiglia' del centrodestra. Una vera e propria photo opportunity organizzata, per dirla con il coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani, "per rendere plastica l'unita' della coalizione". Una necessita' avvertita dopo giorni di scaramucce e incomprensioni, l'ultima delle quali e' stata l'intervista - pur smentita - di Silvio Berlusconi a Massimo Giannini. "Sono pronto a tornare in campo. Salvini o Meloni premier? Ma non scherziamo", la sintesi brutale dell'intervista del Cavaliere.

Parole che arrivano mentre si stanno ancora posando le ceneri di un'altra intervista con 'correzione di rotta', stavolta del ministro Giancarlo Giorgetti. L'esponente leghista nonche' responsabile dello Sviluppo Economico si e' infatti lasciato scappare che per lui Carlo Calenda, candidato alternativo a quello del centrodestra, Lega inclusa, ha "le capacita' per amministrare una citta' come Roma". Ed Enrico Michetti? La domanda che si sono fatti i leader dei restanti partiti e' legittima, visto che per scegliere il candidato sindaco sono serviti non uno, ma tre vertici dei leader del centrodestra.

Per gli avversari di Salvini e Meloni, quella di Giorgetti è tutt'altro che una uscita infelice. Piuttosto si tratta di un segnale lanciato a Salvini da parte di chi, nel suo partito, e' critico sulla linea tenuta dal leader su temi come l'Europa, i migranti, la sicurezza, il Covid. Insomma: come stare dentro il governo. Stando a queste ricostruzioni, sarebbe proprio Giorgetti, con il sostegno del governatore veneto Luca Zaia e del presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, a premere per portare Salvini al congresso. "Invenzioni dei giornalisti", liquida la vicenda il segretario della Lega. Ma poi non chiude al congresso e dice che si fara', certamente, "dopo i congressi locali".

La tegola Morisi

Dal Veneto arriva, intanto, anche la 'tegola' Morisi. L'ideatore della macchina social-mediatica che ha fatto la fortuna di Salvini portando la Lega dal 13 al 34 per cento delle ultime elezioni europee e' accusato di aver organizzato una festa a base di droga ed escort a casa sua. Una inchiesta che Matteo Salvini legge come un nuovo tentativo di attaccare la Lega e il suo leader, e accusa un certo "guardonismo giornalistico" che "invece di pensare ai problemi veri degli italiani, sbircia nelle camere da letto, dal buco della serratura".

Simile per certi aspetti al Caso Giorgetti-Calenda è quello dell'endorsement del Presidente della regione Puglia, Michele Emiliano, al sindaco di Nardo', Pippi' Mellone. Il governatore pugliese del Pd, infatti, saluta con entusiasmo la scelta di Mellone di ricandidarsi nel comune del leccese e questo nonostante i video che circolano lo ritraggano mentre saluta romanamente ad una iniziativa di Casapound. Un caso che arriva fino al Senato e che porta il dem Dario Stefano ad autosospendersi in attesa che il suo partito si pronunci. Anche in questo caso, al fondo di quello che appare come un incidente dialettico, c'e' la divisione interna a un partito, in questo caso il Pd, attraversato dai tafferugli fra quanti vorrebbero spingerlo su posizioni renziane e quanti vogliono tagliare definitivamente i ponti con quell'esperienza guardando a una alleanza strategica con il M5s. Per l'ex ministro Francesco Boccia, infatti, "c'e' un'ipocrisia di fondo in chi interviene in questo dibattito al di fuori delle mura del Partito Democratico, pur vivendo ancora con i seggi del Pd E a questi si e' legato anche il senatore Stefa'no. Mi dispiace", sottolinea nel difendere il governatore pugliese. I complimenti di Emiliano non si limitano, tuttavia, al sindaco di Nardo', ma investono anche la Lega con cui il governatore pugliese sembra volere avviare un dialogo. "Salvini sta facendo un grande sforzo per delineare una visione di Paese", riconosce l'esponente dem fra l'incredulita' e la rabbia dei suoi colleghi di partito.

Meno risalto ha avuto il caso dell'audio diffuso da Monica Lozzi, presidente uscente del VII Municipio a Roma, in cui si sente il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, complimentarsi con lei per l'abbattimento delle ville dei Casamonica: "Hai fatto una cosa storica, ma altri si sono presi il merito". Una frase che sembra rifersi a Virginia Raggi, se non fosse che lo staff del ministro degli Esteri precisa: "Era riferita a Matteo Salvini".

La condanna di Mimmo Lucano

Se il caso Emiliano interessa il solo Pd, ben più deflagrante è la condanna di Mimmo Lucano, sindaco di Riace e simbolo dell'accoglienza e dell'aiuto ai migranti. Una condanna che colpisce non solo Luigi De Magistris, che ha candidato Lucano in Calabria, ma tutto il centrosinistra che ne ha fatto una sorta di anti-Salvini per la sua scelta di fare di Riace il comune dell'accoglienza. In attesa delle motivazioni, Enrico Letta e gli altri leader della sinistra si interrogano su quei 13 anni inflitti a Lucano. "I Pm avevano chiesto una pena per Mimmo Lucano e i magistrati l'hanno raddoppiata, una cosa unica nel nostro paese", osserva il segretario dem. Vedremo quello che succedera', abbiamo fiducia in quello che decideranno i giudici negli ulteriori gradi di appello. Ma vicinanza nei confronti di una persona che si trova condannato a tredici anni, una roba immensa". Matteo Salvini e il resto della coalizione di centrodestra, tuttavia, non rinunciano ad affondare il colpo e mettono in evidenza quello che considerano un 'doppio standard' della sinistra, "garantista con i suoi e giustizialista quando si tratta degli avversari politici".