Palazzi & potere

I giovani che sono contro l'inquinamento dovrebbero studiare...

La vicenda della piccola Greta, che nel giro di poche settimane e su una proposta sostanzialmente inconsistente, ha mobilitato tutto il mondo che ha tempo da perdere, è un caso da manuale di manipolazione planetaria scrive Pierluigi Magnaschi su Italia Oggi. Un caso che dimostra com'è facile prendere per il naso la gente nello spingerla a fare delle buone azioni che non esigano impegni ma solo testimonianza. Nel senso di: sono qui. Mi esibisco manifestando. O manifesto esibendomi. Con la soddisfazione di essere in tanti, allo stesso momento e nel medesimo posto. E quindi anche nel giusto. Chi sbaglia non c'è. E chi c'è non sbaglia. È questo il motto double face dei manifestanti per qualsiasi argomento essi si mobilitino.

Queste operazioni riescono puntualmente solo se chi le studia, propone e realizza, conosce le angosce o le aspirazioni profonde, spesso latenti, delle persone (soprattutto, quelle di retto sentire; quelle cioè che sono ancora attratte dai buoni sentimenti purché siano privi di oneri e di vincoli: infatti deve essere chiaro che chi manifesta si esibisce, non si impegna).

Queste operazioni hanno bisogno di un innesco per potersi esprimerse. E l'innesco va studiato attentamente come, ad esempio, si prepara una trasmissione tv di grande audience e ad altissimo costo sulla quale quindi non si può assolutamente sbagliare. Chi ha messo a punto il marchingegno mediatico del tormentone ecologico della piccola Greta ha, prima di tutto, trovato la ragazzina da mettere al centro della vicenda mediatica. L'ha trovata con la connivenza dei genitori che, da brave persone come sono, hanno disinvoltamente abusato, di fatto, di una minorenne (che poi, aggravante, è anche loro figlia) facendola diventare inevitabilmente una disadattata, visto che hanno contribuito a trasformare una bambina in un'icona, davanti alla quale si inchinano, senza crederci, è ovvio, anche le più alte istituzioni nazionali e internazionali.

Esiste in Italia, come in tutti i paesi civili, una Carta dei diritti dei minori che li esclude dalla possibilità di essere ripresi ed esibiti sui media. Però, in nome del buonismo ecologico, questi sacrosanti vincoli sono stati istantaneamente infranti come farebbe un carro armato che passa sopra una staccionata di legno. Le regole (che in passato, su altre persone che le hanno violate, hanno comportato esemplari sanzioni deontologiche) in questo caso sono state abolite (senza dire niente, cioè tacitamente) in nome delle ragioni della piccola Greta, della sua famiglia e dei suoi compari. La sua campagna (anche se illegale) è così diventata così buona da poter superare pure i principi esibiti e i comportamenti codificati dall'intera comunità giornalistica.

Greta non è stata scelta a caso, o a sorte. È stata scelta proprio perché è una bimba scialba, che suscita tenerezza (non deve essere lei che fa paura ma le multinazionali: sì, le stesse che, prima o poi, finiranno nell'elenco dei finanziatori di questa arlecchinata; e se ciò non avvenisse sarebbe la prima volta). Non solo. Greta è stata scelta anche perché vive in un piccolo paese che non fa paura a nessuno (e quindi è anche accettato da tutti). Inoltre Greta parla un inglese fluente e discorsivo il che (anche se il ministero italiano dell'istruzione non lo sa ancora) è uno strumento per poter dialogare in diretta, senza filtri, con il mondo intero.

Ad esempio, il gallonato presidente della Commissione europea, Jean-Claude Junker che, senza crederci (lo si vedeva bene) ma sotto l'occhio delle telecamere delle tv di tutt'Europa, si è piegato in due per riuscire a baciare la manina della piccolina, è emblematico della presa per i fondelli globale, planetaria inclusa in questa vicenda. Ma i voti si prendono anche così. Che dico, si prendono soprattutto così. E quindi ai leader politici conviene sempre adattarsi al copione più redditizio politicamente. Come in questo caso.

Che gli organizzatori non siano degli sprovveduti lo dimostra anche la scelta del giorno di sciopero dei giovani studenti e studentesse. Hanno infatti scelto per loro il venerdì che, tenendo conto del weekend, consente alle famiglie di fare un bel ponte (sia pure consumando i detestabili idrocarburi per potere raggiungere le loro seconde case). Ma, come si diceva, queste manifestazioni riescono solo non comportando impegni e neppure coerenze.

Se queste manifestazioni comportassero impegni, gli organizzatori dei cortei e dei sit-in avrebbero dovuto mettere come loro base, non parole passpartout, intinte nel rosolio o inoffensive minacce erga omnes ma l'impegno, ad esempio, ad osservare «il protocollo della famiglia Serafin Ricardi di Varese» che dichiarandosi «una famiglia sballata» ha deciso di comportarsi in modo tale da fare a meno degli imballaggi, riuscendo così a ridurre di sette volte la loro produzione di rifiuti. Ma per raggiungere questo obiettivo bisogna sopportare vincoli, perdere tempo, essere coerenti, restare costanti. Tutte cose che la piccola Greta e i tanti che giocano, a vario livello, con lei, non hanno assolutamente voglia di fare. Per loro l'impegno, se mai ci sarà, sarà degli altri.

La battaglia ecologica invece (che è doverosa, se è seria, e non finirà mai) riuscirà solo se ci saranno persone in grado di inventare nuovi strumenti e tecniche innovative che siano in grado di abbattere l'inquinamento nelle sue molteplici e sempre rinnovate forme. Questi obiettivi però non saltano fuori improvvisamente come i funghi dopo una pioggia ma esigono, per essere messi a punto, la preparazione, la competenza, l'inventiva. Tutte cose che non crescono nei cortei ma che prendono corpo lentamente e con fatica nelle scuole, nelle biblioteche e nei laboratori che i giovani ecologisti, se sono coerenti con i loro obiettivi dovrebbero frequentare senza divagazioni o dispersioni. Solo seguendo questo itinerario si può contribuire a rendere l'ambiente più vivibile.