Palazzi & potere
Il governo tecnico? E' un non senso. Non sparate sul consenso
Occorre ben capire che l'elettorato, il 4 marzo scorso, ha detto chiaramente che i giochini di palazzo non hanno più valore
L'espressione "governo tecnico" è un non-senso. Infatti, e nei fatti, o un governo è politico o non è. Poi può non piacere ma un Governo attua linee politico-strategiche nell'interesse generale. Il 4 marzo, nel nostro Paese, i cittadini hanno espresso un chiarissimo desiderio di discontinuità. Negarlo sarebbe negare la già fragile espressione costituzionale del "la sovranità appartiene al popolo".
Questi sono momenti delicatissimi e io penso, per quel che vale, che occorra far lavorare chi sta cercando, tra mille difficoltà e pressioni, di dare all'Italia un Governo nel segno della discontinuità. Non dimentichiamo che siamo in un regime parlamentare e proporzionale; dunque, che l'ottenimento della fiducia al Governo passa attraverso la mediazione continua fra le parti. Un ruolo fondamentale, previsto dalla Costituzione, è affidato al Capo dello Stato. Vedremo.
Al di là dei gossip di queste ore, però, ciò che occorre ben capire è che l'elettorato, il 4 marzo scorso, ha detto chiaramente che i giochini di palazzo non hanno più alcun valore: il disagio si è fatto consenso. L'esercizio in corso da parte dei "giovani leader" deve concentrarsi su un progetto chiaro che sia il più possibile in linea con quanto è stato detto in campagna elettorale e con quanto viene chiesto con grande forza dalla realtà;. Il nostro Paese, non unico nel panorama internazionale, vive il dramma di una crisi globale non risolta che, ancora, incide sulla coesione sociale in termini di crescenti diseguaglianze. Poi c'è il tema decisivo della politica internazionale: le classi dirigenti di governo saranno chiamate a lavorare con grande attenzione rispetto agli impegni internazionali del nostro Paese (In Europa e oltre), non nascondendo le criticità che tutti vediamo e che, in molti casi, subiamo.
Il momento è decisivo. Gli intellettuali e i giornalisti devono osservare con attenzione ciò che accade e lavorare a comprendere che il "premier", chiunque egli sia, deve incarnare, fino in fondo, una linea politica chiara (deve fare politica "a tutto tondo"). Il "premier" del prossimo Governo dovrà poter guardare negli occhi gli elettori e dire loro, con sincerità, che egli sarà il testimone del cambiamento e che avrà la responsabilità di dare concretezza progettuale al messaggio inequivocabile venuto dalle urne. Dal 4 marzo è già passato troppo tempo.
*Università degli Studi "Link Campus University"