L'abbuffata dei consiglieri comunali: ecco i trucchi degli onorevoli locali
PAESE che vai, gettone che trovi.
La 'paghetta' del consigliere comunale varia da città a città, da nord a sud. Ogni Comune fa come vuole, l' unica regola è che il compenso non deve superare un quarto di quanto incassa un sindaco.
Ma c'è un sistema che ha aperto una voragine nei conti, da nord a sud, scrive il QN. Un combinato disposto di norme e furbizie che fa diventare salato il conto che i Comuni pagano per i loro consiglieri. Di cosa di tratta? È la previsione degli articoli 79 e 80 della legge 267 del 2000 che, nonostante modifiche apportate a inizio 2016, permette a un consigliere, che è anche lavoratore dipendente, di ottenere dei permessi retribuiti. E chi li paga?
Il Comune ovviamente. L' azienda che concede l' espletamento del mandato istituzionale al proprio dipendente viene rimborsata (tredicesima, quattordicesima, trattamento di fine rapporto e previdenza) dal Comune. La norma intende garantire l' attività politica degli eletti e salvaguardare i datori di lavoro che non possono patire il peso dei loro stipendi senza ricevere la prestazione. Fin qui tutto fisiologico.
DOVE sta l' inghippo che zavorra i conti? Nel fatto che un consigliere entri in aula come disoccupato e, qualche settimana dopo, trovi un lavoro ben pagato presso associazioni, coop, se non addirittura parenti. Alcuni, poi, che hanno un modesto lavoro si trovano promossi a incarichi dirigenziali. Da un migliaio di euro al mese, di colpo presentano in Comune un contratto di mega dirigente, da decine di migliaia di euro all' anno.
Una pratica diffusa ormai in tutta Italia.