L’Olimpiade negata - Affaritaliani.it

Palazzi & potere

L’Olimpiade negata

I lacci e lacciuoli dei particolarismi locali
 

Dunque è deciso. Niente candidatura olimpica per Roma 2024. Le motivazioni del no sono state via via espresse con riferimento a una serie di profili: l’indebitamento di Roma e la considerazione che in generale queste manifestazioni non comportano un saldo attivo per l’economia, la presenza di una serie di gravi problemi da affrontare che non consentono di distogliere energie, il rischio di infiltrazioni malavitose nella gestione degli appalti. La motivazione ufficiale per fortuna sembra escludere quest’ultima ragione. Se fosse vera, bisognerebbe astenersi da qualunque iniziativa, col risultato di soffocare le attività lecite per evitare l’infiltrazione di quelle illecite. Sarebbe come dire che, siccome le organizzazioni mafiose sono attratte dagli affari, è bene bloccare gli affari per configgere la malavita! Sono stati dati poteri molto incisivi all’ANAC, per contrastare queste infiltrazioni e sembra che per l’EXPO abbiano funzionato.
Veniamo allora alle motivazioni ufficiali. E’ vero che le manifestazioni di questo tipo richiedono molte risorse, mentre il ritorno economico e modesto. Ma per l’Expo non sembra che la gestione sia stata così negativa. Né si deve dimenticare l’effetto immagine che i riflettori di un tale evento producono per l’intero Paese. Inoltre, a quello che è dato sapere, il Comitato olimpico non richiede opere faraoniche e comunque una vera istruttoria sul punto non è stata fatta.
Che i problemi di Roma siano tanti e gravi è vero. Ma l’Olimpiade poteva essere la spinta a progettare una città migliore. Se oggi a Roma c’e qualche infrastruttura che funziona, si deve a eventi che hanno “costretto” a programmare il futuro.
Si potrebbe obiettare che non c’è bisogno di grandi eventi per migliorare la città, ed è vero. Ma in Italia senza una scadenza ravvicinata non si riesce a fare nulla. Piuttosto che un handicap, l’obbligo di rispettare termini imposti dall’esterno diventa un alleato. Torino ha cambiato decisamente pelle con le Olimpiadi invernali del 2006. Milano presenta un’immagine ben più moderna dopo Expo. Il Giubileo straordinario ha imposto un minimo di manutenzione in più a Roma. E l’accesso a fondi internazionali e nazionali poteva essere un mezzo per superare la mancanza di risorse del bilancio capitolino.
Ma al di là dell’Olimpiade negata o della paventata “brutta figura” internazionale, che non preoccupano di per sé, ciò che impensierisce è constatare che per otto anni non si può immaginare nulla di nuovo a Roma e che l’esperienza appena vissuta dimostra un dato molto negativo: l’incidenza del particolarismo locale su eventi di rilevanza nazionale e la scarsa cooperazione tra governo centrale e amministrazione locale. Davvero l’autonomia locale deve avere questi effetti? E non sarebbe più coerente con il mondo attuale che fosse lo Stato a decidere il calendario di questi grandi eventi, assumendosene il carico a livello internazionale e finanziario? Sono gli obiettivi di ripresa locale possibili in assenza assoluta di cooperazione tra livelli di governo? Il movimento che governa la città dovrebbe responsabilmente porsi il problema, invece di sposare il principio “tanto peggio, tanto meglio”. Non è un talk show. Il Paese ne soffre. Un brutto segnale per le autonomie e per la loro giustificazione. 


 

Carlo Malinconico
*già presidente di sezione del Consiglio di Stato, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e presidente FIEG