Palazzi & potere
Le nomine del Csm: in subappalto. Toghe in rivolta
Toghe in rivolta per la scelta dell'organo di esternalizzare (pagando) la selezione dei capi
Che la scelta dei magistrati destinati a coprire i posti chiave della giustizia italiana non sia esattamente basata sul merito lo si sospetta da tempo, e di recente l'ha anche scritto un ex pm non sospettabile di berlusconismo, Bruno Tinti, che ha parlato di un sistema «squallido e clientelare». Ebbene, in questo contesto già opaco fa irruzione una novità che non pare destinata a diradare le nebbie, scrive Luca Fazzo sul Giornale: il subappalto da parte del Consiglio superiore della magistratura delle pratiche di valutazione degli aspiranti ai posti «direttivi e semidirettivi», cioè alle poltrone da cui si comandano procure e tribunali di tutta Italia. Una trovata talmente bizzarra da avere scatenato in questi giorni un' ondata di polemiche sulle mailing list di discussione interna alle toghe.
A risultare indigesto è non solo il compenso di 280 euro per ogni parere che viene pagato ai 17 «collaboratori» della commissione, ma anche la assoluta mancanza di trasparenza sui criteri con cui vengono scelti. Di fatto un potere cruciale viene passato nelle mani di giudici non eletti, ma scelti dalle correnti che dominano il Csm. E a peggiorare la situazione, c' è la provenienza dei prescelti, quasi tutti nelle stanze del potere romano.