Riforma costituzionale, cosa cambia nella politica estera
Il 10 novembre un confronto tra esperti allo IAI
Nel dibattito politico sulla riforma della Costituzione, le modifiche in materia di rapporti internazionali hanno fatto finora poco rumore. Eppure, sebbene parzialmente e in modalità ancora da definire, il disegno di legge che saremo presto chiamati a votare interviene anche sulle relazioni del Paese con l’estero.
Ad esempio il nuovo articolo 55 conferisce al Senato un’inedita “vocazione europea”, attribuendo all’Assemblea dei Cento la facoltà di partecipare alla formazione e all’attuazione delle norme comunitarie e di valutarne l’impatto sui territori. Coerentemente con questa funzione, all’articolo 80 si stabilisce che la ratifica dei trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione sia di competenza non solo della Camera ma anche del Senato, secondo l’attuale regime di bicameralismo perfetto. Lo stesso articolo prevede che gli altri trattati internazionali debbano, invece, essere ratificati soltanto a Montecitorio.
Altra esclusiva dei deputati è la dichiarazione - a maggioranza assoluta - dello stato di guerra, ma non si fa menzione dell’invio di truppe all’estero in contingenze non belliche. C'è poi il discusso articolo 117, sul ridimensionamento del ruolo delle Regioni, che, se da un lato riconosce agli enti il diritto ad esprimersi sugli atti dell’Unione europea (facoltà che abbiamo visto riflettersi nel nuovo Senato), dall’altro ribadisce anche la potestà esclusiva dello Stato in materia di politica estera e rapporti con l’Ue, estendendola inoltre ad ambiti come il commercio estero.
Di queste novità, che poco spazio hanno trovato negli argomenti pro e contro delle due campagne, tanto per il Sì quanto per il No alla riforma, parleranno giovedì 10 novembre gli esperti di diritto internazionale e comunitario Natalino Ronzitti, Marco Gestri ed Elena Sciso. L’appuntamento, organizzato dall’Istituto Affari Internazionali a Palazzo Rondinini a Roma, sarà l’occasione per chiarire quali sono le disposizioni di rilevanza internazionale contenute nella riforma, come cambieranno i rapporti dell’Italia con l’Unione europea e quali aspetti del diritto dell’Ue saranno ancora di competenza delle Regioni.
I nodi da sciogliere non sono pochi, a partire dalla differenziazione fra i trattati internazionali appannaggio della sola Camera e i trattati dell’Unione europea subordinati all’autorizzazione dell’intero Parlamento: una stessa materia, si evince dal testo di riforma, potrebbe essere sottoposta a iter diversi a seconda della fonte di diritto internazionale che l’ha partorita. Occorre poi vedere che fine faranno i rapporti internazionali nelle Regioni, che dalla riforma del 2001 si erano andati sviluppando.
La formula di rinvio di certe disposizioni “ad apposita legge costituzionale” è un’ombra che si allarga anche a questa materia. Molto della riforma, per ammissione dello stesso governo, dovrà essere definito a testo già approvato, e gli articoli relativi ai rapporti internazionali non sono immuni da questo orientamento. Sarà possibile, ad esempio, sottoporre a referendum propositivo i trattati più importanti prima che siano ratificati? Nell’attesa che le lacune vengano colmate, la parola passa all'interpretazione e alla valutazione dei tecnici.
Isabella Ciotti
Istituto Affari Internazionali