Palazzi & potere

ROTTAMATORE VITTIMA DELLA ROTTAMAZIONE

Il rottamatore è diventato vittima del partito della rottamazione. Abusando della sintesi, il risultato dell’ultima tornata di amministrative può essere riassunto così. Perché su una cosa non possono esserci dubbi: il grande vincitore dei ballottaggi è il Movimento 5 Stelle, il grande sconfitto è Matteo Renzi. Più dello stesso Pd, perché Renzi ha preteso di essere il Pd in una personalizzazione della politica e del partito che può aver illuso qualcuno all’inizio ma che alla distanza si sta rivelando fallimentare. Dagli italiani è arrivato un segnale netto, inequivocabile, che non può essere derubricato con la solita scusa che si tratta di un voto locale, sui sindaci e non sul governo. E’ vero semmai il contrario: il voto ha bocciato il governo e il Pd - e quindi chi guida entrambi - prima ancora che i candidati sindaco.

Lo dicono i numeri, i dati. Nelle principali città al voto il Partito democratico ha eletto un solo sindaco renziano, Beppe Sala a Milano, con un vantaggio risicato, e ha registrato il successo sofferto a Bologna di Virginio Merola, che nel Pd è però all’opposizione. Poi ha perso clamorosamente a Napoli, con la candidata democratica esclusa addirittura al primo turno, a Trieste e persino a Torino, vecchia roccaforte ‘rossa’, dove non è bastato il discreto governo di Piero Fassino nei cinque anni precedenti per una riconferma. Ma la batosta più clamorosa è arrivata da Roma, dove la defenestrazione di Ignazio Marino e i continui scandali in cui è risultato coinvolto il partito a livello locale hanno condotto il Pd a una sconfitta storica. Roberto Giachetti, probabilmente, se il centrodestra non si fosse presentato diviso, sarebbe stato escluso addirittura al primo turno, ma è bastato attendere 15 giorni perché il disastro si compisse.

Per il governo si tratta di una chiara bocciatura. Del resto, chiusasi l’onda della mancia di 80 euro (che poi molti in parte sono costretti a restituire) da Palazzo Chigi provvedimenti che andassero nelle direzioni di equità sociale e mantenimento dei diritti non sono giunti. Sono giunti anzi segnali opposti. Renzi non poteva far altro che pagare dazio e così è stato. Il grande bluff doveva finire prima o poi.

Un’ultima riflessione la merita il risultato di Napoli, dove De Magistris si è confermato con un margine enorme. Si è avuta la prova che il metodo basato sulla partecipazione dal basso e sull’apertura alla società civile funziona. C’è bisogno di qualche correttivo, ma è un buon punto di partenza per operare quella rivoluzione sociale di cui il Paese ha bisogno, per non lasciarlo nelle mani dell’universo autoreferenziale Cinque Stelle o degli opportunismi di destre e Pd, che mascherano il malaffare con ricette di deregulation selvagge.    

Antonio Ingroia, Presidente Azione Civile