Sine ira et studio
Nel moderno Stato di diritto i magistrati sono gli unici autorizzati, con la parziale eccezione delle forze dell’ordine e solo per tempi molto brevi, a privare della libertà i cittadini. E possono farlo solo sulla base della legge. Nessun altro soggetto, men che meno un soggetto privato, ha questo potere coercitivo. E’ questo un elemento di grande civiltà rispetto ai secoli passati e alle contemporanee dittature.
Questo potere è comunque molto grande, direi enorme, e perché il cittadino si senta garantito è indispensabile che i magistrati agiscano, come dicevano i latini, sine ira et studio, senza preconcetti negativi o positivi nei confronti di chi si trovi a essere sottoposto al loro giudizio; senza aggressività e senza favoritismi. Nell’esercizio delle sue funzioni il magistrato deve essere come senza passioni, neutro. Deve ascoltare e valutare come una tabula rasa e solo sul caso specifico che deve affrontare, senza mai generalizzare, estendere cioè il giudizio ad altre situazioni, pur simili. E come sine ira et studio, cioè imparziale, deve essere percepito anche quando non è nell’esercizio delle sue funzioni, perché di lui ci si deve fidare sempre e comunque
E’ quindi molto molto discutibile che un magistrato, pur se in una dichiarazione ai media, pur non nell’esercizio delle sue funzioni, emetta giudizi generalizzanti. Dica, ad esempio, che i politici sono corrotti, che i politici di oggi sono peggio di quelli del passato perché non si vergognano etc etc. Il magistrato può dire solo che quel politico che è stato giudicato è corrotto.
Il fatto che un magistrato emetta un giudizio generalizzante come questo può destare inquietudine, può destare il sospetto che provi ira (alla latina) a priori nei confronti di una categoria. Se così fosse, sarebbe gravissimo (non stiamo parlando di un normale cittadino che esprime la sua opinione ma di un funzionario investito del potere di giudicare e nel caso di condannare). Ancora più grave se il magistrato parla come capo di un’associazione di autorizzati a giudicare e nel caso a condannare.
Il dott. Davigo ha scelto di esordire nel suo ruolo di leader dell’associazione magistrati con delle dichiarazioni generalizzanti contro una categoria di cittadini: i politici. Che abbia ragione o torto è assolutamente secondario. Ritengo si tratti di un comportamento appunto inquietante in uno Stato di diritto. Così come ritengo non si tratti solo di un errore di comunicazione ma di qualcosa di più sostanziale in un paese che ormai sembra essere malato in tutte le sue articolazioni.
Comunicus
*Presidente di grandi agenzie di comunicazione. Docente di marketing