Palazzi & potere

Smog, UE: Italia a rischio deferimento, inquinamento dell'aria troppo alto

Alessandro Coretti

Inquinamento, ultimatum della Commissione Europea all'Italia: nel nostro paese 90 mila morti l’anno.

“Non è raffreddore, è allergia”. “Ho la tosse da mesi e non riesco a guarire”. “Non respiro bene, la gola è sempre irritata e non trovo una cura”. In un’epoca n cui non esistono più le stagioni e il clima è profondamente cambiato, anche i mali di stagione non sono più legati solo al grande freddo o all’umidità. Ad insidiare le nostre difese immunitarie, ci sono loro: le cosiddette polveri sottili. Ne sono avvolte le nostre città per molti mesi all’anno: da Torino a Cremona, da Padova a Pavia passando per Alessandria e poi ancora Asti, Milano, Venezia, Lodi fino a Frosinone. Macinano record a colpi di sforamenti degli ormai famigerati limiti ammessi dalla legge: 50 microgrammi al metro cubo per le polveri sottili e 40 per il biossido di azoto (NO2). Proprio per questo il nostro Paese sta rischiando insieme ad altri membri dell’UE il deferimento alla Corte di giustizia europea. Le pesanti sanzioni che potrebbero arrivare sono solo il minore dei rischi perché il prezzo che stiamo già pagando è molto più alto: problemi respiratori spesso associati a disturbi cardiaci, causati proprio dall’aria sporca da cui ci si difende a fatica, ricorrendo a costose visite specialistiche e imbottendosi di farmaci. La conta delle giornate in cui si sforano i limiti crea un senso di impotenza mista a rabbia: nel 2017 sono state 90 per Lodi e Vicenza, addirittura 112 per Torino. Quasi un giorno su 3 per il capoluogo piemontese. Siamo molto al di sopra dei 35 giorni che la legge tollera. La qualità dell’aria si sta deteriorando sempre di più a scapito della salute, del benessere e addirittura della vita dei cittadini.

I dati diffusi dall’Agenzia Europea dell’Ambiente parlano chiaro: ogni anno l’inquinamento dell’aria provoca in Europa 487 mila morti premature, di cui 90 mila in Italia. Oltre ad inorridirci, questi numeri dovrebbero innescare un moto di protesta collettiva. Contro chi, per fare cosa? Forse vale la pena impostare una breve riflessione. Iniziando dal prendere atto che finora è stato fatto poco.

Il Ministro dell’Ambiente Galletti ha detto che gli sforamenti si sono ridotti di più del 70 per cento, grazie a un lavoro molto intenso con gli altri ministeri, le regioni e i comuni. Ha parlato della Strategia Energetica Nazionale (SEN) 2017, delle linee guida introdotte sulla limitazione delle emissioni in campo agricolo, del decreto sulla certificazione degli impianti a biomasse. 

Ma sul traffico che soffoca le nostre città come ci si muove?

Si procede a colpi di ordinanze di blocchi dei veicoli più inquinanti, ogni volta in cui i dati sulla qualità dell’aria impongono ai soggetti istituzionalmente deputati (ovvero i sindaci) di prendere provvedimenti immediati. Il fatto che queste iniziative abbiano mostrato nel tempo tutta la loro inefficacia non ha indotto i politici ad affrontare il problema in maniera più strutturata e radicale. Eppure è ormai stranoto che per ridurre le polveri sottili e il biossido di azoto è necessario ripensare completamente il sistema dei trasporti, abbandonare il carbone, promuovere le fonti rinnovabili, puntare sull’efficienza energetica. La Strategia Energetica Nazionale (SEN) 2017, evocata mercoledì scorso dal ministro Galletti volato a Bruxelles per evitare il deferimento italiano, pur essendo molto ambiziosa e condivisibile, nei principi - così come lo era la precedente SEN - non è altro che un elenco di buone intenzioni: efficientamento energetico al 28%, energie rinnovabili al 28% e riduzione di Co2 al 32-33%.

Ma se del futuro non v’è certezza qualcosa del passato e del presente si potrà pur dire. Per rimanere sul grande tema dei trasporti la SEN 2013 prevedeva che l’incidenza delle rinnovabili sui consumi finali lordi sarebbe stata del 10% nel 2020 (obiettivo rilanciato dalla SEN 2017 al 21% entro il 2030) mentre gli ultimi dati ufficiali diffusi dal Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) per il 2015 mostrano un laconico 6,4%. In attesa di vedere 5 milioni di auto elettriche girare per le strade italiane nel 2030 (come ipotizzato dalla SEN 2017) non rimane che la soluzione “fai da te”: dotarsi di mascherine, evitare l’esposizione ai fumi del traffico in giornate critiche, abolire il jogging urbano. Oppure essere fatalisti e fregarsene. Salvo poi imprecare al primo colpo di tosse.