Politica
Parisi, Energie per l'Italia vale tra l'1 il 2%. Il parere dei sondaggisti
Referendum ed elezioni politiche, nuovissimi numeri
Le primissime indicazioni dei sondaggisti sul nuovo movimento lanciato da Stefano Parisi, Energie per l'Italia, non sono incoraggianti per l'ex candidato sindaco a Milano del Centrodestra. "Siamo nell'ambito della micrometria, tra l'1 e il 2%. Un valore che, solitamente, non si nega a nessuno", afferma ad Affaritaliani.it Alessandro Amadori, semiologo e uno dei massimi esperti di flussi elettorali. "Parisi come luogotenente di Berlusconi potrebbe anche funzionare ma in questo modo, da solo, vale più o meno quanto valeva all'epoca Gianfranco Fini. Ovvero quell'1-2% che definiamo di cortesia. Parisi è un fenomeno molto milanese e fuori dal capoluogo lombardo non un personaggio noto. Milano vale un quarantesimo della popolazione italiana e quindi i conti sono presto fatti", spiega Amadori. Non solo.
"Parisi non un leader carismatico e non si capisce bene quale sia la sua specificità, rientra in quella grande famiglia di chi, tra virgolette, è stato 'fatto fuori' da Berlusconi o ha cercato di 'far fuori' l'ex premier. Non ha un posizionamento autonomo, chiaro e ben definito come invece hanno Renzi, Grillo e Salvini. E' un po' come Alfano e come tutti quei personaggi che brancolano nel buio senza un tratto distintivo. E' stato un onesto candidato sindaco di Milano, pur perdente. Non c'è motivo per cui Parisi debba e possa sfondare, a meno che non si inventi uno slogan come i tre leader forti che abbiamo oggi".
Quanto al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre, Amadori non ha dubbi. "Se si votasse domani vincerebbero i No. Dipende cosa si inventano gli strateghi della campagna elettorale, di entrambi i fronti, negli ultimi quindici giorni prima del voto ma al momento non vedo nulla di particolare. Ad oggi le probabilità di vittoria del No sono 70 contro 30 che prevalga il Sì".
E se si votasse a febbraio-marzo per le Politiche con il sistema proporzionale? Amadori, ipotizzando una scissione nel Pd post-referendum, ipotizza questo scenario: "Pd 29-33%, M5S 27-29%, Lega e Forza Italia entrambe al 10-12%, Cosa Rossa (ex Pd, Sel, Sinistra Italiana e altri) 5-8%, Fratelli d'Italia - Alleanza Nazionale 5-7%, Alfano e altri centristi 2-4%. Altri partiti 1-3%". In sostanza un tripolarismo che si equivale e che senza un premio di maggioranza non darebbe stabilità di governo.