Politica

Genova: Pd e Autostrade per l'Italia, vent'anni di "relazioni pericolose"

Marco Zonetti

L'ex ministro di Romano Prodi assunto dai Benetton, i fedelissimi di Enrico Letta ai vertici di Atlantia, in una girandola di poltrone d'oro

La tragedia di Genova e del crollo del ponte Morandi è giunta allo straziante capitolo dei funerali delle vittime, esequie di Stato che hanno visto gli astanti applaudire i viceministri Luigi Di Maio e Matteo Salvini e tributare una assai meno entusiastica accoglienza alla delegazione del Pd. 

Il Pd che in questi giorni si è particolarmente distinto per la sua strenua difesa di Autostrade per l'Italia e di Atlantia, società di proprietà della famiglia Benetton, chiamate in causa direttamente nella catastrofe genovese. Una linea di condotta quella del Partito Democratico che, sulla scia dell'emotività popolare conseguente alla disgrazia che ha colpito il capoluogo genovese, ha fatto storcere il naso a molti e indignato i più. Specie vista la freddezza (eufemismo) del comunicato stampa con cui Atlantia ha affrontato il crollo del viadotto Morandi immediatamente dopo la notizia, ovvero senza il minimo accenno alle vittime. E la conferenza stampa di ieri 18 agosto (indetta da Atlantia ben quattro giorni dopo la disgrazia) non ha  certo migliorato la situazione, anzi.

Insomma, dal punto di vista dell'impatto mediatico ed emotivo, con la sua difesa dei "cattivi" Benetton, il Pd ha fatto infuriare il popolo che, si sa, dopo le catastrofi vuole soluzioni immediate, ghigliottine subitanee, nemici da incolpare seduta stante e su cui vendicarsi il prima possibile. Il fatto che, nel momento in cui il senatore Maurizio Rossi nel 2015 e 2016 segnalava al Governo la pericolosità del ponte e quale ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti vi fosse allora il dem e fedelissimo renziano Graziano DelRio, ha fatto il resto.

Di conseguenza, il Pd è stato automaticamente apparentato alla strage di Genova, e il resto è Storia. Ma è Storia anche il ventennio di rapporti fra il Partito Democratico e Autostrade per l'Italia, rapporti effettivi e concreti non certo illusioni create dall'onda emotiva. 

Rapporti che si sono consolidati nel tempo con un valzer di poltrone e cariche da far girare la testa. Prendiamo per esempio Paolo Costa, ministro nei due governi presieduti da Romano Prodi, quest'utimo tra i fondatori del Partito Democratico. Scrive Claudio Antonelli sul quotidiano La Verità: "Tra il 1997 e il 1998 ricopre l'incarico di Ministro dei Lavori Pubblici, per poi diventare Ministro delle Infrastrutture nel 2006 [...] Nei 24 mesi trascorsi al ministero dei Lavori Pubblici contribuisce a fianco del Professore alla privatizzazione della rete autostradale e getta le basi dell'intero sistema di concessioni". Concessioni ovviamente che aprono la strada all'avvento di Autostrade per l'Italia, controllata dalla famiglia Benetton.

Famiglia Benetton che, nel 2010, chiama Costa "a presiedere il consiglio di amministrazione di Spea Engineering, una controllata di Autostrade per l'Italia". Costa viene spedito dai Benetton anche a sedere ogni tanto nel consiglio di sorveglianza dell'aeroporto di Nizza, in Francia, controllato dalla stessa Atlantia.

Dagospia, invece, ricostruisce gli stretti legami tra Autostrade per l'Italia, Atlantia e l'ex premier dem rottamato da Matteo Renzi, ovvero Enrico Letta. 

Leggiamo su Dago: "non possiamo dimenticare il duo Enrico Letta e Simonetta Giordani, una che ha fatto talmente tante piroette tra politica e settore privato da far venire la labirintite. Nata professionalmente con l'associazione culturale Civita, Antonio Maccanico (che ne era presidente) la porta con sé al ministero delle Poste e Telecomunicazioni nel 1996, per i due anni del suo mandato."

Antonio Maccanico, lo ricordiamo, fu ministro delle Poste nel primo Governo Prodi e delle Riforme Istituzionali nel governo di Massimo D'Alema. Scrive sempre Dagospia: "Nel 1998 cade Prodi, Maccanico cambia ministero e la Giordani diventa Responsabile Rapporti Istituzionali della Wind, società che non solo era ''nell'orbita'' del ministero delle Telecomunicazioni in cui aveva lavorato, ma era partecipata da Enel, una delle principali aziende di Stato. Da lì nel 2006 passa con lo stesso ruolo al gruppo Autostrade per l'Italia, e negli anni seguenti – come tutti i suoi omologhi nelle altre grandi aziende – ha finanziato think tank, eventi e fondazioni legati alla politica, soprattutto VeDrò, il network di Enrico Letta, di cui era protagonista e munifica contributrice (coi soldi di Autostrade)".

Lasciando per il momento da parte l'importante tassello VeDrò, la storia di Simonetta Giordani continua con la nomina nel 2013 a Sottosegretario ai Beni Culturali, da parte dell'appena designato Primo Ministro Enrico Letta. L'avventura di Letta premier dura ben poco e viene silurato da Matteo Renzi, che gli soffia il posto. Ma la Giordani "che era sul palco della Leopolda 2011, cade in piedi, anzi seduta sulla poltrona da consigliere d'amministrazione delle Ferrovie dello Stato, società interamente controllata dal Tesoro, e in contemporanea viene chiamata dalla privatissima Atlantia (salendo un anello nella catena di controllo dell'impero Benetton) sempre a occuparsi di Affari Istituzionali e sostenibilità".

Di nuovo Atlantia, insomma, società nella quale la Giordani attualmente ricopre il ruolo di responsabile dei rapporti con le istituzioni. Poco sopra è stato citato il think tank VeDrò, la creatura di Enrico Letta che, nel 2013, vide molti suoi esponenti divenire ministri e sottosegretari nell'esecutivo da egli presieduto.

E parte integrante di VeDrò, nonché suo co-fondatore, era il "lettianissimo" Francesco Delzio, ovvero - guarda caso - l'attuale Executive Vice President del gruppo Atlantia e di Autostrade per l’Italia, e Direttore Relazioni Esterne, Affari Istituzionali e Marketing di entrambe le società.

Tutto lecito e nulla di criminoso, ovviamente. Inopportuno, forse. E l'inopportunità, quando vi sono di mezzo disgrazie come quelle di Genova, per l'immagine di un partito diventa agli occhi dell'opinione pubblica penalizzante e spietata quanto un reato. E continue relazioni inopportune con un'azienda finita nell'occhio del ciclone per una catastrofe che si poteva evitare finiscono per diventare pericolose per i consensi di tale partito.