Politica
Pd, Letta prigionero delle correnti che voleva abolire. Chi sta con chi. Nomi
Pd, viaggio nella crisi del primo partito della sinistra. Franceschini, che guarda alla partita del Quirinale per ora sta alla finestra
Quando si è insediato alla guida del Partito Democratico, tornando da Parigi come il salvatore della patria ormai alla deriva, Enrico Letta aveva promesso di abolire e superare la logica delle correnti, storico male della sinistra italiana. Oggi 'Enrico stai sereno' è proprio prigioniero delle correnti del suo Pd, ormai fermo nei sondaggi, se non in costante discesa, superato anche ampiamente da Fratelli d'Italia. Da un lato la sinistra dei Democratici, guidata da Goffredo Bettini (braccio destro dell'ex segretario Nicola Zingaretti), dal ministro Andrea Orlando e dal vicesegretario Giuseppe Provenzano. Il loro obiettivo è quello di ricostruire la vecchia Unione di Romano Prodi, da Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni a Italia Viva di Matteo Renzi, siglando da subito una stretta alleanza con il nuovo (e misterioso) Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte. Insomma, una riproposizione dell'ex maggioranza giallo-rossa.
Sul fronte opposto ci sono i soliti ex renziani di Base Riformista, che hanno appena stilato un Manifesto autonomo e hanno dato vita a Palazzo Madama a una vera e propria fronda contro Letta. Tra loro gli esponenti di spicco sono sicuramente il ministro della Difesa Lorenzo Guerini e l'ex capogruppo Andrea Marcucci. Per gli ex renziani l'alleanza elettorale con i 5 Stelle sarà, forse, lo sbocco inevitabile alle prossime elezioni del 2023, ma non certo per convinzione quanto per mera somma algebrica. Nell'ultima Direzione del Pd sono stati numerosi gli esponenti di Base Riformista che hanno consigliato al segretario di capire bene quali siano i progetti di Conte prima di siglare un'alleanza strutturata e stabile. "Saranno davvero un partito liberaldemocratico o rilanceranno le vecchie battaglie grillini come reddito di cittadinanza, no Tav e no Tap?", sottolinea una fonte parlamentare ex renziana. In attesa di avere queste risposte - che non arriveranno a breve conoscendo i tempi dei 5 Stelle - gli esponenti della cosiddetta destra Dem suggeriscono a Letta di attendere prima di stringere patti con il M5S e di non escludere di rilanciare l'antica idea veltroniana della vocazione maggioritaria.
In mezzo, tra le due correnti, c'è poi Area Dem del ministro delle Culture Dario Franceschini, assolutamente silente (parla solo di musei e arte), dicono, perché non vuole rischiare di bruciarsi come possibile candidato per la presidenza della Repubblica. Stando a fonti del Pd, Franceschini, pragmatico e concreto, attende di capire come si evolvono i fatti prima di scegliere da che parte stare. E i fatti sono le elezioni comunali di ottobre e la partita del Quirinale dell'inizio 2022. In questo contesto Letta si barcamena e cerca, a fatica, di accontentare tutti. Prima rilancia lo Ius Soli, spinge per il ddl Zan e propone di tassare i ricchi per tenere buona la sinistra del partito, poi sigla una finta tregua con Salvini in nome della responsabilità per ascoltare gli ex renziani. La verità è che così facendo i Dem restano fermi nei sondaggi. Anzi, camminano all'indietro come i gamberi.