Politica

Programma elettorale Verdi e SI - Elezioni 2022, le proposte dei "rossoverdi"

Scopri nel nostro approfondimento tutti i punti del programma elettorale di Verdi e Sinistra Italiana per le elezioni politiche 2022


9. L’ITALIA GIUSTA
In Italia la giustizia fiscale è un miraggio.

L’evasione fiscale supera ogni anno i 100 miliardi, l’Irpef è pagata per l’81% da lavoratori dipendenti e pensionati, i grandi patrimoni sono quasi esenti da imposizione, persino al momento della successione, le grandi aziende multinazionali pagano poco o nulla del dovuto.

Due parole magiche: legalità e progressività, ma anche no all’autonomia differenziata, come chiede un movimento esteso di sindaci e amministratori

Per questo proponiamo:

Riforma dell’imposta sulle persone fisiche
Oggi in Italia chi vive di rendite finanziarie o immobiliari paga meno tasse di chi lavora.

Noi crediamo invece che tutte le fonti di reddito debbano essere cumulate e tassate alla stessa maniera, con un’imposta unica e progressiva.

Vogliamo inoltre che il carico fiscale sia redistribuito, a vantaggio dei redditi più bassi.

Per questo proponiamo di alzare a 12.000 euro la quota di reddito esente da imposte, per poi applicare un’aliquota mobile crescente sul modello tedesco, che arrivi al 65% per i redditi superiori ai 10 milioni di euro.

Riforma dell’imposta patrimoniale
Oggi in Italia le imposte sui patrimoni sono fatte per gravare molto su chi ha poco e poco su chi ha molto.

Questo è particolarmente intollerabile in un paese dove il 5% più abbiente della popolazione possiede la stessa ricchezza dell’80% più povero.

Per questo noi vogliamo abolire l’IMU e l’imposta di bollo sugli investimenti, per adottare un’imposta patrimoniale personale, unica e progressiva, che gravi sull’insieme di tutti i beni mobili e immobili, di qualsiasi natura.

Prevediamo in questo modo di aumentare la tassazione sui patrimoni o superiori a 5 milioni di euro, con un’imposta progressiva che cresca fino al 2% oltre i 50 milioni.

Lotta all’evasione fiscale
La tecnologia offre una grande occasione alla lotta contro l’evasione fiscale: è possibile, infatti, procedere alla tracciabilità assoluta dei pagamenti, anche promuovendo l’uso della moneta elettronica, e utilizzare le banche dati per incrociare i dati dei contribuenti, oltre che rafforzare la fatturazione elettronica e lo split payment, soprattutto sugli acquisti on line e tramite POS.

Il resto lo fa la volontà politica, che significa negare qualsiasi spazio a condoni, incrementare le risorse a disposizione dei controlli, garantire la certezza della pena per i reati di natura fiscale.

La destra si propone come amica dei furbetti.

Noi stiamo con l’Italia che da sempre paga e lavora.

Tolleranza zero per l’elusione delle multinazionali e i paradisi fiscali
Sono le aziende più ricche del mondo, ma presentano bilanci da società no profit.

Parliamo delle grandi multinazionali, che pagano meno tasse di una bottega artigiana.

È una situazione intollerabile, a cui intendiamo dare battaglia.

Chiediamo che venga introdotto l’obbligo di rendicontazione pubblica paese per paese, così da rendere trasparente dove e quanto facciano affari le corporation; che ci sia la massima trasparenza rispetto ai loro assetti proprietari; che sia raddoppiata l’aliquota al 15% fissata dal G7; che siano cancellati gli accordi segreti sul fisco stipulati dallo Stato italiano con le multinazionali estere.

La prima fase della guerra ucraina ha inoltre dimostrato quanto sia facile individuare i patrimoni nascosti nei paradisi fiscali, se lo si vuole.

Tassazione degli extraprofitti dei colossi energetici
Lo ripetiamo da tempo: è intollerabile che ENI ed imprese energetiche continuino ad incamerare extraprofitti miliardari che derivano esclusivamente dalla speculazione su gas e petrolio.

Fonti autorevoli come l’Ufficio Parlamentare di Bilancio stimano che almeno 40 miliardi siano entrati nelle casse di poche società mentre gli italiani e le piccole imprese arrancavano per il caro bollette.

Noi proponiamo che quegli extraprofitti siano tassati al 100% e restituiti alle lavoratrici e ai lavoratori con una elargizione straordinaria di 1.200 euro a famiglia

Politica industriale
Dalla stagione delle privatizzazioni, l’Italia non ha più avuto una politica industriale.

L’esito di quel processo, insieme al progressivo disimpegno del gruppo Fiat dal nostro paese, è stato infatti la perdita di centralità dei grandi gruppi industriali, e di conseguenza l’adozione di un modello fondato sulle PMI produttrici di prodotti intermedi finalizzati all’export.

Questo ha portato ad un progressivo declassamento del sistema paese, dipendente da catene globali dirette altrove e incapace di emergere nei nuovi settori chiave, dalla robotica alle biotecnologie, dalla farmaceutica all’informatica.

In compenso siamo diventati terreno di caccia per investitori esteri orientati ad acquisire imprese italiane per sfruttarne brevetti, contratti e penetrazione nei mercati, per poi liquidarne la capacità produttiva delocalizzando altrove.

Noi riteniamo che queste tendenze vadano invertite e che questo possa accadere solo attraverso un forte e diretto intervento pubblico nell’economia.

Crediamo che lo Stato debba promuovere investimenti che determinino lo sviluppo di nuovi campioni nazionali nei settori ritenuti strategici, avvalendosi del supporto del sistema universitario e puntando a creare nuove e innovative filiere produttive.

È d’altra parte evidente che già in questo momento le imprese italiane più forti, le uniche in grado di assumere un ruolo internazionale, sono quelle a capitale pubblico, da ENI e Leonardo, da Enel a Poste.

È quindi il tempo di individuare una nuova e unitaria governance delle partecipazioni pubbliche, per incentivare le sinergie e sviluppare in modo coordinato l’indirizzo strategico.

Va inoltre cambiata la mission delle imprese controllate dal Tesoro e dagli enti locali, che devono essere orientate a privilegiare l’interesse della collettività rispetto ai profitti.

Questo si è dimostrato tanto più necessario nella crisi in corso, in cui aziende come ENI avrebbero potuto e potrebbero giocare un ruolo di calmiere dei prezzi energetici, anziché essere in prima fila nell’accumulazione di extraprofitti.

Allo stesso tempo queste imprese devono essere in prima fila nello sviluppare relazioni sindacali positive, nello sperimentare forme di cogestione, nello spingere l’intero sistema imprenditoriale italiano verso il rinnovo puntuale e positivo dei contratti di lavoro.

Né si deve dimenticare il ruolo importante che MPS può rivestire nella definizione di un modello di credito orientato alle necessità di famiglie e imprese, al mantenimento di presidi territoriali, allo sviluppo di filiere produttive, una volta superata la sciagurata idea della privatizzazione.

Riteniamo inoltre che sia tempo di ripensare ad un ritorno al controllo pubblico di tutte le reti infrastrutturali e di servizi essenziali del paese, a partire dall’acqua e dall’energia.

In merito alle delocalizzazioni, proponiamo che chiunque porti all’estero parte della produzione, con conseguente riduzione di personale, debba restituire tutti i contributi in conto capitale ricevuti nell’ultimo quinquennio, così come eventuali sgravi contributivi o eventuali altri vantaggi fiscali.

Crediamo inoltre che in caso di abbandono, si debba introdurre l’obbligo di assicurare la continuità produttiva attraverso la cessione preventiva dello stabilimento, o in alternativa di versare una sanzione pari al 5% del fatturato degli ultimi 5 anni, da destinare alla rioccupazione dei lavoratori, preferibilmente secondo la formula del workers buyout.