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Referendum Giustizia, i sondaggi di Affaritaliani.it. Di' la tua

Referendum Giustizia, bocciato solo quello sulla responsabilità civile dei giudici


Il popolo italiano si pronuncerà tra aprile e giugno sui referendum promossi dalla Lega di Salvini e dai radicali. All’appuntamento con la Corte Costituzionale per l’ammissibilità dei quesiti ne è saltato uno solo, perché considerato troppo innovativo, quello sulla responsabilità civile dei giudici.

Sondaggio 1/ Andrai a votare ai cinque referendum sulla Giustizia?

Sondaggio 2/ Come voterai ai cinque referendum sulla Giustizia (sì all'abrogazione, no all'abrogazione)?

Riforma del Csm. In caso di vittoria del sì, verrebbe abrogato l’obbligo, per un magistrato che voglia essere eletto a Palazzo dei Marescialli, di trovare da 25 a 50 firme per presentare la candidatura. Con il sì, scrivono i promotori, “avremmo votazioni che mettono al centro il magistrato e le sue qualità personali e professionali, non gli interessi delle correnti o il loro orientamento politico”.

Separazione delle carriere dei magistrati. In caso di vittoria del sì, il magistrato dovrà scegliere all’inizio della carriera la funzione giudicante o requirente, per poi mantenere quel ruolo durante tutta la vita professionale. Secondo i promotori, la “contiguità” tra giudice e pubblico ministero, “crea uno spirito corporativo tra le due figure e compromette un sano e fisiologico antagonismo tra poteri, vero presidio di efficienza e di equilibrio del sistema democratico”.

Limiti custodia cautelare. Con una vittoria del sì, scrivono i promotori, “resterebbe in vigore la carcerazione preventiva per chi commette reati più gravi e si abolirebbe la possibilità di procedere alla privazione della libertà in ragione di una possibile ’reiterazione del medesimo reato’”. La carcerazione prima della condanna definitiva, viene applicata in Italia, in via cautelare, quando sussista per l’indagato il pericolo di fuga, inquinamento delle prove o reiterazione del reato.

Abolizione del decreto Severino. La legge, del 2012, prende il nome dell’allora ministra della Giustizia, Paola Severino (Governo Monti) e prevede l’incandidabilità, ineleggibilità e decadenza per i parlamentari, per i rappresentanti di governo, per i consiglieri regionali, per i sindaci e per gli amministratori locali in caso di condanna. Con il sì “viene abrogato il decreto e si cancella così l’automatismo - scrivono i promotori - si restituisce ai giudici la facoltà di decidere, di volta in volta, se, in caso di condanna, occorra applicare o meno anche l’interdizione dai pubblici uffici”.

Il quinto quesito ammesso è quello sui Consigli giudiziari. Si chiede di riconoscere, anche ai membri ’laici’ dei Consigli giudiziari, avvocati e professori, di partecipare attivamente alla valutazione dell’operato dei magistrati.