Politica

Referendum, è scontro fra partiti. Iv: libertà di voto, M5S non demorde

Il Referendum sul taglio del numero dei parlamentari continua ad alimentare il dibattito politico e non lascia tregua nemmeno in questi pochi giorni che preludono all'apertura delle Camere, il primo di settembre. Fra le forze politiche e' scontro, anche se il partito di Matteo Renzi, in prima fila nella scorsa legislatura sulle riforme costituzionali, annuncia che lascera' liberta' di voto, perche' il cavallo di battaglia del Movimento 5 stelle altro non e' che una modifica "marginale" della Carta. "Per noi l'obiettivo resta superare il bicameralismo: non abbiamo cambiato idea rispetto al 2016. Il taglio di per se' non risolve nulla, dunque lasceremo liberta' di voto", annuncia, infatti, il presidente dei senatori renziani, Davide Faraone. Ma M5s non demorde e spiega, con una lettera aperta ai media, del ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D'Inca', che la vittoria del si' mettera' in linea l'Italia con le democrazie europee e non e' una 'mossa' per decidere chi sara' il nuovo presidente della Repubblica: "E' necessario collocarci nel range delle democrazie consolidate con un numero di abitanti simile al nostro - sostiene - Gli abitanti per ciascun parlamentare elettivo sono 117.000 in Germania e Francia, 102.000 nel Regno Unito (ovviamente non conto i Lord, di nomina regia). Oggi l'Italia ha un parlamentare elettivo ogni 64.000 abitanti, con la riforma si salira' a uno ogni 101.000".

 "Per quanto riguarda la rappresentanza delle minoranze, a parita' di sbarramento, accederanno alla Camera esattamente come oggi, certo ottenendo un terzo di seggi in meno, ma e' la stessa riduzione che riguardera' i grandi partiti. Al Senato, nelle regioni poco popolose, le forze politiche minori avranno difficolta' a vincere seggi, ma gli altri saranno assegnati in circoscrizioni piu' grandi, nelle quali otterranno seggi anche i partiti piccoli. L'eccessiva grandezza dei collegi elettorali, non dipende, poi, dal numero costituzionale dei parlamentari, ma dalla pessima legge elettorale vigente, che la maggioranza si e' impegnata a cambiare. Infine, i delegati regionali per l'elezione del Capo dello Stato non c'entrano con la successione di Mattarella, perche' la riforma sara' operativa dalla prossima legislatura, dopo l'elezione del nuovo presidente. In ogni caso, il peso dei delegati regionali sul collegio elettorale passerebbe dal 5,8 all'8,8%, un incremento modesto, corrispondente all'accentuazione regionalistica impressa al nostro Paese dal 2001", spiega ancora. Non e' certo dello stesso avviso 'Piu' Europa' che denuncia la "mutilazione" della nostra Carta: "Il mio no e' contro una legge fondata sul disprezzo del Parlamento e della funzione parlamentare: la mutilazione della rappresentanza democratica non e' una riforma. E' un trofeo consegnato al partito che il Parlamento non voleva riformarlo, ma chiuderlo", dice la leader, Emma Bonino. "Vengo da una storia politica in cui nessuno si e' arricchito e i piu', a partire da Pannella, si sono impoveriti. Ma sentire parlare del Parlamento come di un covo del malaffare occupato da parassiti, che vanno eliminati come se fossero dei pidocchi - sottolinea - mi fa intellettualmente orrore, e non mi capacito di come persone rispettabili non insorgano contro questa retorica tossica. I costi della politica, in senso deteriore, sono tutti gli sprechi che la politica decide o consente".

E sul fronte del No si schiera l'ex ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda: "Io votero' no convintamente", annuncia il leader di Azione. Non si tratta affatto di "una riforma complessiva dell'istituzione parlamentare, che ne ha bisogno io sono addirittura favore al monocameralismo secco ma e' un taglio indiscriminato che leva rappresentanza a una Camera e che complica il lavoro parlamentare" perche' "una Camera con 200 membri dovra' seguire le stesse commissioni della Camera dei deputati" e questo "rallentera' il processo legislativo". Quanto a chi dice no al taglio, che rischia di essere interpretato all'esterno come una difesa della casta, Calenda obietta: "La vera casta e' chi e' in Parlamento senza aver un curriculum vitae decoroso, come Luigi Di Maio, o come chi diventa presidente della commissione Affari europei avendo gestito un negozio di animali. Gli italiani si devono preoccupare di questo, che chiama in causa anche la qualita' del loro voto, piuttosto che di risparmiare un caffe' l'anno, danneggiando le istituzioni democratiche".