Politica

Riecco i socialisti: Santoro e Bagnoli pronti a resuscitare il partito

Di Carlo Patrignani

L'incipit è accattivante: "riavviamo la dialettica politica sulla centralità dell’essere umano e degli esseri viventi, dei loro bisogni e delle loro necessità". E anche affascinante, "riattiviamo il discorso sulle riforme strutturali che abbiano al centro l’uomo e non il capitale:·sul piano economico, rendere pubblico tutto quello che è di pubblica utilità, dalle risorse naturali ai servizi di base, incluso quello bancario; sul piano sociale, piena ed equa ridistribuzione della ricchezza; sul piano politico, la piena rappresentatività nelle istituzioni affinché nazionalizzazione equivalga a socializzazione e non sia un processo in mano a pochi".

Sono due dei passaggi più significativi del progetto culturale e politico denominato 'ritorno al socialismo' che sarà al centro del convegno promosso per il 19 marzo al teatro Petrolini di Roma da Convergenza Socialista il neo partito in fieri giuridicamente costituito guidato da Manuel Santoro e dalla Federazione per il Socialismo presieduta dal senatore Paolo Bagnoli.

Obiettivo ambiziosissimo del convegno è dar vita insieme ad un nuovo partito socialista "autonomo e di sinistra" alla costruzione di una alternativa credibile, praticabile e affidabile all'ideologia liberista dominante in Europa e in Italia.

L'analisi sociale di Carlo Marx, lo sfruttamento e quindi la liberazione dell'uomo dall'alienazione, e la teoria economica di John Maynard Keynes finalizzata a una buona vita e una buona società, attraverso una equa ripartizione del lavoro e dei redditi, sono per i promotori del convegno i referenti storico-culturali, ancora attuali perchè mal utilizzati a pieno, se non addirittura baypassati ed elusi.

Certo che seguendo il fecondo e ricco filone culturale e politico che nel corso del secolo scorso si è mosso proprio sulle orme teoriche di Marx e Keynes, ci si imbatte in uomini di cultura prestati alla politica che pur se non hanno vinto, in termini elettoriali e di consensi partitici, non hanno neanche perso: non sono cioè stati sconfitti dalla storia e dai processi storici: si pensi a gente come Antonio Gramsci, Riccardo Lombardi, Bruno Trentin, Giuseppe Di Vittorio, Vittorio Foa, a quanti cioè non si sono piegati nè sono stati annichiliti dal catto-comunismo, avviato nel '44 con la svolta di Salerno, perfezionato nel '47 con l'art.7 della Costituzione che elevò a norma costituzionale i Patti Lateranensi del '29 tra la Chiesa e il Regime fascista dallo stalinista Palmiro Togliatti e proseguito negli anni '70 da Enrico Berlinguer con il compromesso storico. Nè tanto meno si sono mai lasciate sedurre dalla sirene e dalle prebende offerte dalla politica ai trasformismi di moda.

Più che riferirsi a Gramsci e alle sue profonde, minuziose analisi dei Quaderni del carcere, l'egemonia culturale, la Costituente tra tutte le forze democratiche contro il fascismo e soprattutto il ruolo della già allora potente Compagnia di Gesù, si preferì a sinistra ascoltare e inseguire il filosofo cattolico e nazista Martin Heidegger dalle cui teorie nacque l'esistenzialismo.

Più che riferirsi ai protagonisti - Lombardi, Basso, Foa, Ingrao - di quel riformismo rivoluzionario, filone culturale che non sfuggì all'attenzione dell'intellettuale francese Gilles Martinet, che propugnava le riforme di struttura come leva per riformare, e non già per distruggere, il capitalismo divenuto troppo costoso per l'umanità, si preferirono a sinistra il patto tra produttori e la politica di austerità, molto meno impegnative sul piano politico e partitico.

Non a caso se nel riformismo rivoluzionario trovarono spazio le intuizioni di Marx, senza l'alienazione ogni teoria economica diventa sterile, e di Keynes sulla piena occupazione in quanto i veri valori della società umana non si ottengono con lunghe ore di lavoro e neanche con gli acquisti di prodotti superflui e di facile invecchiamento, a sinistra si scelse un'altra strada meno impegnativa più di compromesso (storico) che di alternativa per non turbare più di tanto lo status quo.

Adesso che Convergenza Socialista insieme alla Federazione per il Socialismo nel disastro socio-economico prodotto dall'ideologia neoliberista con la crescita a dismisura delle diseguaglianze riprendano in mano queste feconde elaborazioni sull'uguaglianza e sulla centralità dell'essere umano con i suoi bisogni e le sue esigenze, è di per sè un fatto sicuramente positivo, rivoluzionario.

Un'utopia il ritorno al socialismo? Se fosse sarebbe un bel balzo in avanti: l'utopia ha infatti la straordinaria forza, potenza, quando è realmente umana e profondamente laica di mobilitare le persone. Una sfida, dunque, diretta all'establishment culturale e politico che domina da decenni la scena più per la debolezza se non l'inconsistenza di idee e progetti di una società alternativa che per propri meriti.

E Convergenza Socialista, lungi dal cedere a certe sirene seduttive come Sinistra Italiana o il Pd, a cui guardano altre formazioni socialiste, intende lavorare per costruire un'alternativa 'partitica' socialista autonoma e di sinistra in Italia partecipando con proprie liste alle imminenti elezioni amministrative e dando un suo specifico contributo alla sinistra europea contro le politiche di austerità sin qui adottate, per promuovere ed ottenere il primato della politica sulla finanza, così da realizzare un’Europa politica e non tecnocratica.