Politica
Riforme, al Senato la maggioranza tiene sul voto segreto ma scende a quota 153

Sfilano via veloci i voti all’articolo 10 del ddl Boschi nel corso di una seduta che lo stesso presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha definito "impegnativa": la maggioranza ha superato i primi due voti segreti sull’articolo 10 del ddl riforme respingendo un emendamento Calderoli e un emendamento del senatore M5S Giovanni Endrizzi, sulla tutela delle minoranze linguistiche.
Ma i numeri sono un po’ più risicati, visto che al primo voto i no sono stati 153, 131 sì e tre astenuti, al secondo i no sono stati 154, i sì 136 e tre gli astenuti: significa che la maggioranza perde tra i 15 e i 20 voti, mentre le opposizioni - che nella media delle votazioni finora svoltesi si sono attestate a quota 107, con "picchi" fino a 111 e 113 voti - nel voto segreto hanno guadagnato tra i 20 e i 25 voti, alzando l’asticella fino a 131. Ma la maggioranza minimizza: il Pd calcola che i franchi tiratori siano stati tra i 7 e i 9. A questi si unirebbe la tensione con Ncd sulle unioni civili. Poi ci sono assenze tra i dem: come il ministro Roberta Pinotti, impegnata in una giornata delicata da ministro della Difesa. "Fisiologico accada nel voto segreto", gettano acqua sul fuoco dalla maggioranza.
Le opposizioni unite, come promesso, stanno infatti facendo "resistenza passiva" per simboleggiare il fatto di essere "ostaggi» della maggioranza durante il dibattito sul disegno di legge sulle riforme costituzionali. «Le opposizioni, quindi, non faranno ostruzionismo né argomenteranno le loro proposte, ma si limiteranno a votare», aveva annunciato il capogruppo di Ln Gianmarco Centinaio. Una scelta subito criticata dal governo: «Il passivo è solo passivo, non è resistente», dice il sottosegretario Luciano Pizzetti. «Dov’è la maggioranza che non ascolta?» chiede Pizzetti dopo aver ricordato che all’ art 1 sono stati recepiti emendamenti dell’ opposizione e attenzione c’è anche su Corte Costituzionale e Quirinale. «È l’opposizione che è sorda» aggiunge, parlando di «azione strumentale». Per il momento comunque le opposizioni non salgono sull’Aventino, cioè non abbandonano i lavori: lo assicura il capogruppo di Forza Italia Paolo Romani, spiegando che poi mercoledì verranno decise le prossime mosse in vista del voto finale e che non escludono di rivolgere un appello al presidente della Repubblica.
L’Aula di Palazzo Madama ha approvato in mattinata l’art.7 del ddl Boschi, quello relativo ai titoli di ammissione dei componenti del Senato. La norma è passata con 166 sì, 56 no e 5 astenuti. L’esame degli emendamenti all’art. 7 è stato velocizzato dal ritiro di tutte le proposte di modifica da parte di Lega e Forza Italia, in cambio della disponibilità del governo ad affrontare nel merito punti più caldi della riforma come, ad esempio, l’art.10. "I tempi per discutere ci sono", avverte il capogruppo Paolo Romani. "Noi ritiriamo 35mila emendamenti", assicura Roberto Calderoli.
L’approvazione dell’articolo 7 del testo è stato preceduto da un botta e risposta al vetriolo tra M5S e il presidente del Senato. Il presidente del Senato Pietro Grasso, accusato dal Cinque Stelle Gianluca Castaldi all’arbitro Moreno, replica: "E’ offensivo. Non ho interferito sul problema politico. Ho solo consentito che si andasse avanti con i lavori dell’Aula". "Ho dato i tempi per contatti e intese politiche" ha detto. Lunedì è stato approvato l’articolo 6. Ma la tensione resta alta. E non si placa la polemica per i gesti osceni in aula: Barani e D’Anna sono stati sospesi per 5 giorni.