Politica
"Schlein rincorre in modo spasmodico Landini". Intervista a Enrico Borghi
Ci saranno altre uscite? "Dubbi e perplessità diffuse"
Parla Borghi, l'uomo che ha lasciato il Pd per Renzi
“Le misure proposte dalla segretaria del Pd in materia fiscale e la sua rincorsa quasi spasmodica alla Cgil confermano alla lettera l’analisi che mi ha portato ad uscire da un partito che non ha più nulla a che vedere con quello che fondammo nel 2007". Inizia così l'intervista di Affaritaliani.it a Enrico Borghi, ex membro della segreteria del Pd di Enrico Letta che qualche giorno fa ha lasciato i Dem per entrare in Italia Viva.
Elly Schlein ha rilanciato la patrimoniale, su questo è d'accordo o è un'altra mossa massimalista?
“Le misure proposte dalla segretaria del Pd in materia fiscale e la sua rincorsa quasi spasmodica alla Cgil confermano alla lettera l’analisi che mi ha portato ad uscire da un partito che non ha più nulla a che vedere con quello che fondammo nel 2007. Quello era il partito che credeva nella crescita economica e nell’equa ripartizione della ricchezza come obiettivi non in conflitto, ma che al contrario attraverso lo sviluppo si sarebbero realizzate le condizioni per la giustizia sociale. Il nostro Pd era il partito che si ispirava ad Olof Palme, al concetto di dover essere contro la povertà, non contro la ricchezza, la quale non è una colpa da espiare ma un legittimo obiettivo da perseguire nel quadro della responsabilità che da essa scaturisce. Il “nuovo Pd” è, con tutta evidenza su un altro versante.
Al Lingotto avevamo detto che non era con gli odi di classe che si sarebbe sconfitta la piaga dell’evasione fiscale, e che artigiani, commercianti, piccoli imprenditori quando sono leali con il fisco pagano molto, troppo. E quindi serviva, e serve, una riforma fiscale seria, che tenga lontane le sirene di destra che promettono una flat tax incostituzionale e irrealizzabile e quelle di sinistra radicale che richiedono un aumento della pressione fiscale. Questo è il riformismo. Insieme con un rapporto maturo con le organizzazioni sindacali. Rincorrere la Cgil nelle piazze, farsi chiamare a raccolta, portare il sindacato su un terreno che non è il suo è un altro sintomo della malattia che ha colpito il Pd. Un tempo si parlava della “cinghia di trasmissione”, oggi sembrerebbe che qualcuno la voglia rispolverare ma al contrario. Che due partiti dell’opposizione vogliano cavalcare le decisioni sindacali, anzichè rispettarne l’autonomia, per motivazioni connesse anche con i problemi della leadership del “campo largo” non è certo una dimostrazione di lungimiranza politica.”