Politica
M5S-Lega, scontro di piazze: due governi in uno e Salvini esaspera i grillini
Salvini tra rivoluzione e “clientelismo”, i 5S gli aprono il fronte moralità. Pronti i gilet gialli anche in Spagna e quelli francesi avvantaggiano l’Italia
Se la percentuale di deficit fosse scesa dal 2.4 al 2.2 la manovra da 37 miliardi non sarebbe stata certamente sufficiente. Scendendo sino al 2.04, pur perdendo circa due miliardi e mezzo in più da non poter spendere rispetto all’impostazione italiana, il nostro Paese potrebbe avere l’ok europeo. Se altresì non dovesse esser accettata, le ipotesi d’infrazione potrebbero però esser di due tipi. Una per il solo deficit che andrebbe dai 3 ai 9 miliardi ma meno grave e l’altra, un’infrazione sul debito, più pericolosa che farebbe rischiare i contributi europei.
Rispetto a questa seconda ipotesi potremmo però esser tutelati dal fatto che siamo tra i maggiori contribuenti netti di Bruxelles e versiamo all’Europa più soldi di quanti ne prendiamo essendo i quarti per le erogazioni al fondo salva stati. In aiuto dell’Italia certamente la “rivoluzione” dei gilet gialli con una Francia involontariamente alleata ma da parte sua Bruxelles, pur sapendo che in Italia non ci sarebbe mai una mobilitazione come quella fatta dai cugini d’oltralpe, teme nell’imporre una rigidità a prescindere possibili azioni di piazza di un altro paese assoggettato dalla Germania, la Spagna, anch’essa a rischio, chiamiamoli così, gilet gialli.
Ridurre radicalmente i deficit, e quindi ridurre troppo la crescita, procura danni a tutti i paesi, quindi ridurre la crescita può produrre effetti sociali ancor più gravi dei deficit stessi. Se Conte ha mediato bene lo si vedrà ma Salvini porta a casa un’altra certezza: quota 100. Questa, pur non partendo subito ha una data quasi individuabile rispetto agli interrogativi sul reddito di cittadinanza.
Infatti i privati che vorranno andare in pensione, dando un ceffone alla Fornero, lo dovrebbero poter fare da dopo aprile, i dipendenti pubblici da ottobre. Non si tarderà a dire che il Governo, da parte sua, avendo previsto più risorse salverà anche il reddito di cittadinanza ma la priorità sulle pensioni, ancora una volta, avvantaggerà il leader della Lega.
Lo dice troppe volte: “Dureremo cinque anni...” e questo dovrebbe far riflettere. Salvini infatti non staccherà la spina al governo giamaicano ma dal 2019 metterà sempre più in difficoltà il partito di Casaleggio e Grillo per indurli a rompere. Far politica non è solo accrescere il consenso ma arrivare a questo attraverso la linea politica ed economica ed ogni azione/decisione dei leghisti scuote ogni certezza e principio dei cinque stelle. Il leader del nord è riuscito ad imporre il doppio forno (sui territori alleato di Berlusconi e Meloni) ed il doppio governo (pragmatico e sovranista contro i populisti e fintamente reazionari).
Non a caso nel giorno della festività dell’Immacolata cristiana cita De Gasperi ed apre la fase moderata. Porta in piazza centomila militanti da Nord a Sud, rimarca le grandi opere a differenza degli alleati e rinsalda i riferimenti con la tradizionale casa delle libertà che, per gli imprenditori in questa seconda repubblica, fu speranza nei governi non di sinistra.
Sottolinea l’importanza di quota 100 sapendo che le pensioni rappresentano un ammortizzatore sociale anche per giovani disoccupati non anestetizzabili con un reddito di cittadinanza. Tira e molla su ogni aspetto e su ogni decisione perché così logora gli alleati. Non gli riesce il terzo colpo che avrebbe totalmente azzoppato un altro aspetto determinante delle promesse elettoral/stellate: la Tav.
Avrebbe sperato entro gennaio un si definitivo e, parallelamente all’analisi costi/benefici invocata dal ministro Toninelli, sposa il referendum dopo che i comuni piemontesi hanno detto si al progetto ma, principalmente, dopo l’incontro con gli industriali lombardi. Un braccio di ferro continuo interno ed esterno con la spada di damocle di Bruxelles ma anche in questo caso è astuto: fa trattare Conte, espressione stellata e non leghista, apre alla trattativa ma se questa non dovesse andare in porto la colpa la scaricherà su di loro. Dalla sua, quella di Salvini, la certezza che i pentastellati parlano ad un numero sempre minore di italiani che votano con la pancia ma non riescono più a preservarla vuota. Lui ha dalla sua la bocca dello stomaco, per sfamarla ed anticipare la fase finale della digestione del populismo che, dopo gli slogan, cercherà risposte certe.
Il ministro all’Interno sa bene che al governo non tornerà più con i cinque stelle ecco perché porrà o dovrà porre fine al cannibalismo degli alleati attendendo l’esito delle Europee per esser vittima e non carnefice. Ogni azione dei grillini è secondaria a quella dei leghisti, questi sino ad ora hanno fatto poche volte marcia indietro ma l’hanno fatta, spesso, i pentastellati. Di Maio imbragato negli stereotipi del palco di Grillo mentre Salvini, usando le grandi opere, lancia messaggi all’imprenditoria facendo trasparire opportunità economiche per loro e nuova occupazione per il popolo.
Salvini fa il pragmatico e conquista consenso, Di Maio assottiglia le sue performance ma, per screditarlo, usa la teoria leninista legata alla questione morale dei fondi al partito. Salvini lo ha ben capito, modera la sua reazione e va dritto verso un “clientelismo” sociale che è l’unica cosa che gli italiani premiano. Attende le Europee per tornare alle cene ad Arcore, aspetta le future tornate amministrative per valutare, anche a livello nazionale, la sua coalizione di origine certo che i cinque stelle, impoveriti elettoralmente, “indosseranno il gilet giallo” minacciando moralmente la tenuta del Governo. Le “ultime partite” potrebbero esser iniziata in attesa della finale di maggio...