Pillole d'Europa
Tessera professionale europea e commercio elettronico
Pillole d'Europa
di Cinzia Boschiero
TESSERA PROFESSIONALE EUROPEA, NOVITA’ PER IL COMMERCIO ELETTRONICO, PROGRESSI NELLA RICERCA E NELLA COOPERAZIONE
PER STARE MEGLIO COME CITTADINI EUROPEI E CONOSCERE DIRITTE E TUTTE LE OPPORTUNITA' UTILI - In questa rubrica notizie flash sulle normative europee e internazionali, notizie internazionali ed europee utili e pratiche per la vita di tutti i giorni. E’ attivo un servizio di “A domanda, risposta” su bandi, agevolazioni, finanziamenti europei , borse di studio e di ricerca nazionali, regionali e locali per i lettori di Affaritaliani. Per richieste di informazioni scrivete a cinziaboschiero@gmail.com – eurochat2013@gmail.com
Domanda: ho sentito parlare di tessera professionale europea, mi potrebbe dare informazioni in merito? Non le trovo sui giornali grazie Rosa Furello
Risposta: è in vigore il 18 gennaio 2016 la direttiva 2013/55/Ue in base alla quale i liberi professionisti possono esercitare liberamente all’interno del mercato europeo. Si tratta di una procedura semplificata per esercitare all’interno dell’Unione Europea con una richiesta che si presenta online alle autorità nazionali. L’esperienza professionale richiesta è dimezzata a un anno (prima ne servivano due), nel corso dei dieci anni che precedono la prestazione di servizi, a meno che la professione non sia diversamente regolamentata nello Stato membro di origine. La tessera professionale europea parte con alcune professioni ad alto tasso di mobilità, come medici, infermieri, farmacisti, fisioterapisti, ingegneri, guide alpine, agenti immobiliari. Gli appartenenti ad altre professioni continuano a ricorrere alla procedure classiche per esercitare in altri paesi europei, ma è previsto un ampliamento delle nuove regole. Il Ministero dello Sviluppo Economico con circolare 3685/C del 30 dicembre 2015 spiega che la libertà di prestare servizi comporta «che i prestatori che legittimamente operano in uno Stato membro dell’Unione, siano essi persone fisiche o giuridiche, hanno diritto di offrire i propri servizi a destinatari residenti in altri Stati membri, su base temporanea e senza che da ciò derivi la necessità di uno stabilimento nello Stato del destinatario della prestazione offerta».
Domanda: E’ possibile identificare e curare meglio le persone affette da disturbo della coscienza? Laura Notero
Risposta: su questo argomento è stato pubblicato di recente un nuovo studio sulla genetica del sonno dell’Istituto Neurologico Besta che proprio risponde a questa domanda. “Questo nostro studio”, dice il dott. Eugenio Parati, Direttore dell’Unità Operativa Malattie Cerebrovascolari dell’Istituto Neurologico Carlo Besta, “identifica un utile nuovo marker che consente di classificare meglio e quindi curare in modo più appropriato i pazienti che hanno disturbi della coscienza”. L’Unità Operativa si occupa dello studio, diagnosi e terapia dei pazienti affetti da malattie vascolari cerebrali, malattie dei vasi arteriosi e venosi cerebrali e del midollo spinale, ed è anche parte integrante del Coma Research Centre della Fondazione IRCCS Istituto Neurologico ‘Carlo Besta’ di Milano. “E’ stato dimostrato”, dice la dott.ssa Bedini, “che l’analisi del sonno (polisonnografia) permette di definire meglio lo stato di coscienza e che la quantità e la qualità dei tracciati polisonnografici sembrano fornire un nuovo indice della severità del danno della via talamo-corticale, dimostrando come il ripristino di questa connessione possa essere importante durante il processo di recupero della coscienza nei pazienti affetti da disturbo della coscienza”. L’identificazione di nuovi target terapeutici e la personalizzazione dei percorsi riabilitativi rimangono punti cardine nel miglioramento della diagnosi e della cura dei pazienti con disturbi della coscienza. Sulla base dei risultati di questo studio è possibile ipotizzare che una maggior regolarizzazione dei cicli sonno/veglia, in gruppi selezionati di pazienti, possa essere correlata a una migliore conservazione delle funzioni cognitive residue. Questi dati potrebbero quindi permettere l’introduzione di alcune pratiche nella gestione quotidiana di questi pazienti, quali l’esposizione alla luce naturale durante il giorno, lo spegnimento della luce nella stanza di degenza durante la notte e la regolarizzazione degli orari per l’esecuzione degli esami clinici, tutti elementi che potrebbero contribuire a migliorare il percorso terapeutico. “Per la prima volta”, sottolinea la ricercatrice del suo team al Besta, dott.ssa Gloria Bedini, “è stato possibile dimostrare un’associazione tra il gene Per3 e lo stato funzionale dei pazienti in stato vegetativo e in stato di minima coscienza. Inoltre, è stato osservato che i pazienti affetti da disturbo della coscienza con genotipo Per35/5 sono soggetti ad una maggiore suscettibilità alla privazione di sonno. L’obiettivo del nostro lavoro intitolato ‘Is Period3 genotype associated with sleep and recovery in patients with disorder of consciousness?’, condotto presso l’Istituto Neurologico ‘Carlo Besta’ e pubblicato di recente sulla rivista internazionale Neurorehabilitation and Neural Repair, è stato quello di indagare il ruolo del gene Per3 nella valutazione della funzionalità residua di pazienti con grave disturbo della coscienza. Ad oggi, gli unici metodi affidabili per la valutazione dell’attività cerebrale residua dei pazienti affetti da disturbo della coscienza sono rappresentati dalla Coma Recovery Scale-revised (CRS-r), scala neuro-comportamentale utilizzata per differenziare lo stato vegetativo dalla minima coscienza, ed alcune misurazioni neurofisiologiche, incluso lo studio del sonno. Quindi l’identificazione di fattori genetici che siano in grado di influenzare le caratteristiche del sonno dei pazienti con disturbo della coscienza potrebbe contribuire a migliorare sia la diagnosi, dato che ad oggi il 41% dei pazienti è ancora erroneamente diagnosticato come stato vegetativo, sia la cura di questi pazienti, oltre a permettere l’identificazione di nuovi target terapeutici”.
Domanda: Lei in articoli precedenti ha citato la Strategia europea per il mercato unico digitale, ma semplificheranno ad esempio le vendite on line ? Roberto Mustera
Risposta: sulla base della Strategia per il mercato unico digitale, la Commissione europea ha presentato oggi due proposte proprio volte a tutelare maggiormente i consumatori che fanno acquisti online in tutta l’Unione Europea e ad aiutare le imprese ad espandere le loro vendite online. Uno dei pilastri della Strategia per il mercato unico digitale è il miglioramento dell'accesso, per i consumatori e le imprese, ai beni e servizi online in tutta Europa. Le due proposte affrontano i principali ostacoli al commercio elettronico transfrontaliero nell’UE: la frammentazione giuridica nel settore del diritto contrattuale dei consumatori, che genera alti costi per le imprese – soprattutto per le pmi – e la scarsa fiducia dei consumatori quando acquistano online da un altro paese. Ai consumatori sarà garantito un livello più elevato di tutela e una più ampia scelta di prodotti a prezzi più competitivi. Ad esempio, se un consumatore italiano scopre, oggi, che un prodotto acquistato online più di 6 mesi fa è difettoso e chiede al venditore di ripararlo o sostituirlo, può essere tenuto a dimostrare che il difetto esisteva al momento della consegna. In base alle nuove norme proposte, durante l'intero periodo di garanzia di due anni i consumatori saranno in grado di chiedere un rimedio senza dover dimostrare che il difetto esisteva al momento della consegna. Un altro esempio concreto: un consumatore che scarica un gioco che in quel momento non funziona correttamente può, allo stato attuale, ricevere come risarcimento soltanto uno sconto per scaricare altri giochi in futuro. Con la proposta di direttiva, i consumatori saranno in grado di chiedere che tali problemi siano risolti e, se ciò non è possibile o non avviene correttamente, potranno ottenere una riduzione del prezzo o risolvere il contratto ed essere rimborsati integralmente. Oggi le imprese sono costrette ad adeguarsi alle norme di diritto contrattuale degli Stati membri in cui vendono, con dispendio di tempo e denaro. Con la normativa proposta, le imprese non dovranno più far fronte a questa frammentazione: potranno fornire contenuti digitali e vendere beni online a consumatori di tutti gli Stati membri sulla base del medesimo corpus di norme fondamentali di diritto contrattuale. Inoltre le imprese sono oggi costrette a sostenere un ulteriore costo una tantum pari a novemila euro per adeguarsi al diritto contrattuale nazionale di ogni nuovo Stato membro in cui desiderano vendere. Con le nuove norme valide in tutta l’UE, un’impresa potrebbe risparmiare fino a 243mila euro se desidera operare in tutti i paesi dell’UE.
Domanda: ci sono progetti europei di cooperazione e a favore di popolazioni in stato di disagio anche in Paesi extraeuropei come Israele? Mauro Vanotti
Risposta: Certo. Ci sono progetti di cooperazione industriale euromediterranea e per incentivare riforme economiche, maggiori investimenti e zone di libero scambio tra Unione europea e Stati quali Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Autorità palestinese, Siria, Tunisia e Turchia. La politica europea di vicinato (PEV) è stata elaborata già nel 2004 per evitare l'emergere di nuove linee divisorie tra l'Unione europea allargata e i suoi vicini e rafforzare la prosperità, la stabilità e la sicurezza di tutti i soggetti interessati. Essa si fonda sui valori della democrazia, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani e si applica a 16 dei paesi più vicini all'Unione: Algeria, Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Egitto, Georgia, Israele, Giordania, Libano, Libia, Moldova, Marocco, Palestina, Siria, Tunisia e Ucraina. I finanziamenti sono per lo più erogati attraverso lo strumento europeo di vicinato (ENI), con una dotazione di 15.4 miliardi di EUR per il periodo 2014-2020. Altri strumenti e programmi, come ad esempio lo strumento per la società civile, vengono utilizzati per finanziare la PEV. La Commissione fornisce inoltre un sostegno finanziario sotto forma di sovvenzioni ai partner, e la Banca europea per gli investimenti e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo apportano un sostegno complementare mediante prestiti. Ci sono anche progetti in Italia per Israele come il progetto di cooperazione europeo ed internazionale in ambito rifiuti. L’iniziativa è finalizzata alla realizzazione di azioni di "capacity building" sul tema della raccolta, gestione e smaltimento dei rifiuti a favore delle municipalità ed istituzioni facenti parte del Joint Council for Solid Waste Management di Betlemme. Il progetto prevede la partecipazione del Comune di Reggio Emilia (in qualità di capofila degli enti italiani, in collaborazione con Reggio nel Mondo s.p.a), e del Comune di Milano, i quali si serviranno rispettivamente di IREN s.p.a. e Amsa s.p.a (società partecipate), per la realizzazione delle azioni tecniche previste. Si punta a garantire il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione a garanzia, in particolare, della sicurezza igienico sanitaria dell’area di Betlemme, nonché lo sviluppo di competenze in tema di gestione e smaltimento dei rifiuti solidi urbani degli enti locali per migliorare la qualità dell’ambiente, nell’area Sud della Gisgiordania. Tra i progetti italiani si segnala anche il progetto Totus Tuus (http://totus-tuus.net) che produce sciarpe con la riproduzione del Padre nostro in dieci lingue, la cui vendita al cento per cento viene devoluta ad un orfanotrofio in Terra Santa, Le Créche di Betlemme, senza barriere, estremismi o intolleranze, dove poche suore cattoliche, su suolo ebraico, aiutano a nascere e accudiscono sin dai primi giorni di vita, bambini rifiutati da ogni credo religioso.