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De Zan riapre Il caso Pantani,: "Chi lo ha ucciso è ancora libero" - Esclusiva
"Ho la serena consapevolezza che tra le pagine del libro ci siano tutti gli elementi affinché ognuno possa trovare la risposta al mistero: è stato un omicidio"
Da "Pantani per sempre" di Davide De Zan (ed. Pienogiorno)
Tra le tante stranezze dell’indagine sulla morte di Marco Pantani, avvenuta a Rimini in una stanza del residence le Rose il 14 febbraio 2004, ce n’è una che davvero le batte tutte: quella di una pallina di pane e cocaina, grande più o meno come una noce, trovata a pochi centimetri dal corpo senza vita di Marco Pantani. Secondo la ricostruzione ufficiale, quel piccolo bolo di mollica di pane sarebbe stato espulso dalla bocca di Marco, come rigurgitato, prima di morire. Una sorta di elemento di prova, che confluisce a determinare la tesi secondo cui Pantani in quella stanza si fosse messo a mangiare pane e cocaina.
Insomma, secondo gli esperti, era la dimostrazione effettiva del delirio psicogeno e della volontà suicida. La “prova regina” sarebbe lì, in un tozzo di pane sul pavimento. Ma c’è un problema: quando Pantani è morto, quel bolo non c’era.
A darcene conferma è l’uomo che per primo è intervenuto sul corpo del Pirata, quella maledetta sera. «Ero lì a pochi centimetri da lui e di quella pallina bianca non vi era traccia». Inizia con queste parole il racconto di Anselmo Torri, l’infermiere del 118 catapultato sulla scena verso le 20.45 del 14 febbraio. In pratica il primo uomo a intervenire direttamente sul corpo di Pantani, dopo l’allarme lanciato dal portiere del residence e ancor prima dell’arrivo della polizia. «Ci avevano chiamato dicendo di recarci al residence Le Rose in urgenza. Quando io e l’autista dell’ambulanza siamo arrivati a destinazione, il proprietario ci ha fatto strada e ci ha accompagnato fino alla stanza. Entrando, ci siamo accorti subito del disordine al piano di sotto, ma non ci siamo fermati e abbiamo proseguito fino al soppalco. Giunti lì ci siamo trovati di fronte a Pantani: era in posizione prona, tra il letto e la balaustra». Anselmo – dopo tanti anni – ha scolpite nella memoria le immagini di ciò che ha visto quella notte. Ma quando guarda per caso alcuni miei servizi alla tv dedicati al “Caso Pantani”, stenta a riconoscere la scena, e fa molta fatica a sovrapporre le sequenze proiettate sullo schermo con ciò che ha visto con i propri occhi. Sopra a ogni cosa rimane colpito – allibito, è il temine più esatto – nel vedere una pallina bianca di fianco al cadavere di Marco.