Sport

Salary cap, tracciamento dei flussi finanziari e... Ecco la 'proposta indecente' alla Figc

L'opinione di Alfredo Parisi

Calcio e crisi d'impresa, serve una "Amministrazione straordinaria delle società di calcio professionistiche" sotto il controllo della Figc

Dicebamus hesterna die ( dicevamo ieri).

Le pagine dei maggiori quotidiani del 20 novembre 2020 inneggiano alla votazione unanime dell’Assemblea di Lega Serie A per la creazione della Media Company che, acquistando il 10% del capitale dalla Lega Serie A  per 1,7 mld, consentirà la sopravvivenza  alla Confindustria pallonara.

Ma è, soprattutto, la linea di credito di € 1,2 mld che il Consorzio CVC/Advent/FSI metterà a disposizione dei 20 club, a suscitare la soddisfazione, in un momento come l’attuale , che rappresenta quella ciambella di salvataggio per non affogare,  indispensabile per la sopravvivenza stessa del calcio in Italia.

La Lega va fino in fondo: 1,7 miliardi fino al 2026 “ ( Tuttosport, “20 nov. 2020, Stefano Scacchi;

La Lega un salto nel futuro. Dal Pino : Svolta storica in un momento drammatico (Il Corriere della  Sera,20 nov)  : l’approvazione all’unanimità della proposta avanzata dai fondi di private equity rappresenta una rivoluzione nel mondo del pallone…”

L’euforia dell’Amministratore Delegato De Siervo (“Siamo stati capaci di fare in 35 giorni quello che mai è stato fatto in 90 anni”),  costituisce sì un motivo di grande soddisfazione ma, nel contempo, è una vera e propria cartina di tornasole di come erano ( e sono) i delicati equilibri ( squilibri) della Lega Serie A, da tutti enfatizzati, analizzati e soltanto ora , in modo preoccupato, evidenziati come una situazione di vero e proprio dissesto.

E così anche il Presidente Dal Pino “ Abbiamo inventato un modello di business….”, ma chiedendo, nel contempo, in una situazione di conclamata catastrofe economica e sociale :” la reintroduzione per i prossimi 24 mesi del betting. L'eliminazione di questo elemento di sponsorizzazione, che esiste in giro per tutta Europa, ha portato via un sacco di milioni di sponsor. Noi abbiamo scritto al governo in più di un'occasione e non ho mai ricevuto una risposta scritta e vale anche per Gravina “ ( cfr” Il Corriere dello Sport”, 19 novembre).

Un settore quello delle scommesse al quale il Governo ha già fatto ricorso con l’introduzione di una percentuale (0,50%) della raccolta delle scommesse sportive a sostegno degli operatori sportivi per alimentare il  Fondo SalvaSport. Si tenga presente che oltre il 74% delle scommesse riguardano il mondo del calcio.

Pecunia non olet !

Si parla di :

“… presidenti oppressi dai debiti e gravati da una crisi di liquidità preoccupante…” ( Monica Colombo,” Il Corriere della Sera”, 20 novembre).

Serie A che vive al disopra delle proprie possibilità” (Il Ministro dello Sport, Spadafora,”La  Gazzetta dello Sport “, 20 nov, pag. 20).“… il calcio versa in cattivissime acque causa dell’emergenza coronavirus…”( www.business24tv.it).Il pallone rischia il crack per colpa del Coronavirus, degli oltre 100 milioni non ancora incassati da Sky, degli stadi chiusi, ma anche e soprattutto del vizio di spendere più di quanto incassa, in particolare in stipendi, lievitati a dismisura mentre non aumentavano di pari passo i ricavi. Il sistema era già in crisi da tempo, il Coronavirus gli ha solo dato l’ultima spintarella verso il baratro. Oggi i presidenti piangono miseria, dicono di non avere più soldi per pagare stipendi e tasse, ma quest’estate hanno comunque fatto calciomercato, acquisti milionari, ingaggi faraonici, plusvalenze più o meno discutibili. È un po’ come la favola della cicala e la formica. Solo che al calcio italiano non è ancora passata la voglia di cantare”. ( Lorenzo Vendemmiale, su Il Fatto quotidiano,  novembre 2020).www.federsupporter.it “ “Il carrozzone và avanti da sè…. “ del 2 ottobre 2020) , logorato da “ rissosità che negli anni ha paralizzato la Serie A… Le vecchie logiche, le vecchie abitudini, gli egoismi, le interdizioni, le risse del piccolo cabotaggio “ ( così, Stefano Barigelli,La Gazzetta dello Sport”, 14 ottobre 2020).

E quale strategia  di ultima istanza , il calcio chiede interventi governativi e diminuzione degli emolumenti ai calciatori, dimenticando che questi ultimi, quali contratti individuali, sfuggono a qualsiasi regolamentazione generale, nazionale ed europea.  

Coloro, cioè, che hanno sottoscritto faraonici contratti e pagato onerose commissioni di intermediazione, chiedono ora ad altri di intervenire, senza apportare un, sia pur minimo, piano che riguardi il sistema in funzione della sua semplificazione burocratica, organizzativa, gestionale e senza alcuna richiesta di interventi sul capitale agli azionisti di riferimento dei club che si sono indebitati nell’indifferenza di un controllo periodico solo formalistico da parte degli organi di controllo della FIGC e, comunque, sempre a posteriori, dei conti  delle società, mai, sostanzialmente,  chiamate a rispondere.

Significativo è l’intervento di un uomo “navigato” come Galliani, attuale Amministratore del Monza Calcio, che ha sottolineato, riferendosi alle società di calcio“ Il Governo deve trattarci come le altre aziende”. Ma il retro pensiero non poteva non essere più chiaro: servono aiuti governativi, sussidi  al calcio.

E ciò senza ripensare in termini concreti alla struttura, non solo economica ma organizzativa e sociale di un segmento dell’attività sportiva che, finora, ha visto i propri rappresentanti uniti unicamente per approvare all’unanimità (!) quanto, quando e  come incassare i soldi dalla nascente Media Company.

Forse sarebbe opportuno non solo far leggere, ma porre a base di un nuovo modello ( non solo di business, come trionfalmente dichiarato dal Presidente Dal Pino), i principi esposti  nel Documento “Sportivi-L’Italia che si muove”, raccogliendo alcune delle 13 azioni proposte nel Manifesto Berruto per lo sport che ha visto  le firme di centinaia di personaggi del mondo sportivo.

Ripensare quel modello che ha portato ad un dissesto dichiarato, acuito dalle “ difficoltà collegate alla carenza di liquidità per le società professionistiche…” ( C.U. n.112/A FIGC) e  che ha costretto la FIGC a far slittare il pagamento degli stipendi del trimestre luglio/settembre al 1° dicembre prossimo  ed alla “ dimostrazione del versamento delle ritenute IRPEF, dei contributi INPS e Fondo Fine Carriera  relativi agli emolumenti del semestre luglio-dicembre 2020…. al 16 febbraio 2021 “ .

Un modello condizionato  dai diritti TV, dal lato dei ricavi, e dall’abnorme  spesa per gli ingaggi dei calciatori, dal lato dei costi, residualizzando le altre voci di ricavo, specie in un panorama pandemico come l’attuale.

Sarebbe importante che i vertici del calcio rispondessero alla domanda di Umberto Zapelloni ( cfr. “Il Foglio”, 21-22 novembre 20920) “ Oltre a chiedere soldi, cosa fa il calcio per salvarsi?” .

Domanda alla quale non si può rispondere, in modo semplicistico, con la richiesta di aiuti governativi.

Ma, prima di addentraci sul piano dei numeri, è importante sottolineare quanto questo disastro, economico e sociale, annunciato, abbia portato  quel “calcio che non esiste più” a non essere più amato, come conclamato dall’allontanamento , non solo fisico, dei tifosi dal club, acuito dal forzato allontanamento dagli stadi.

Una situazione reale, efficacemente,  sintetizzata da Maurizio Crosetti (“ Emozioni alla deriva“ in “La Repubblica- Speciale il pallone bucato”, del 15 novembre, pag.19):

C’è una bancarotta emotiva che non può essere salvata da nessuna aumento di capitale. C’è una perdita secca psicologica e mentale percettiva passionale alla quale non c’è rimedio.

La bancarotta emotiva del pallone è fatta di assenza. Senzapubblico manca il sangue a un corpo debolissimo già minato da mille problemi. La ritualità della partita non era solo coreografia o cornice era la sostanza stessa delle gare. Dallo scorso marzo, al calcio sono venuti a mancare i corpi,la gente, le persone. E con loro le bandiere, i cori, gli applausi e i fischi…si è perduta la passione, non c’è più gioia in questo gesto col pallone che era libero…”.

Una realtà  presentata dagli stessi Report annuali della FIGC/Arel Pwc che avrebbero dovuto rendere conto non solo e non tanto all’ordinamento sportivo, nel contesto di una sempre esasperata autonomia , ma soprattutto all’ordinamento statale, a quell’ordinamento al quale si chiede ora di intervenire non “ad adiuvandum” ma “ad liberandum”. Unica risorsa per sopravvivere.

Questa morte annunciata era, peraltro,  ben documentata nei richiamati Report, bastava leggerli attentamente, senza farsi distrarre dalla dovizia di  mille particolari e dalla varietà di colori con cui vengono presentati  i dati, e chiedersi  come potessero le società sportive, società per azioni, sopravvivere ad una situazione di strutturale sottocapitalizzazione e di un altrettanto strutturale sovraindebitamento.

Una situazione caratterizzata da una “produzione”  che, pur avvalendosi di ricavi scritturali quali le plusvalenze da cessione di giocatori, vera droga bilancistica, riusciva a chiudere gli esercizi in perdita.

Il Risultato netto aggregato del quinquennio 2014/15- 2018/19  evidenzia una perdita di € 1,674 mln. a fronte di   ricavi scritturali  da plusvalenze , nello stesso periodo, di € 3,097 mln.

Nel frattempo, il Patrimonio netto ha costituito nei bilanci solo una componente formale se lo si raffronta all’indebitamento totale , passato, dalla stagione 2014/2015, dall’ 1.09 % al 13,36 % della stagione 2018/2019, in una percentuale, comunque, molto inferiore al rapporto fisiologico che dovrebbe presiedere ad una sia, pur minimale, prudenziale gestione aziendale, dove le fonti finanziarie proprie dovrebbero coprire, almeno, il 25% degli investimenti effettuati.

Questo il trend di copertura: ( €/ mln )

Patrimonio netto

Totale passività

%

37,2

3.897,0

0,95

150,5

4.127,0

3,65

358,1

4.776,4

7,49

490,3

5.221,4

9,39

623,5

5.804,0

10,74

 

Questa fragilità finanziaria strutturale è  addebitabile, unicamente, ai detentori del capitale di rischio, i “padroncini” del pallone, i quali hanno sempre pensato che essendo il calcio la panacea gradita a tutti, Istituzioni comprese, potevano fare ciò che ritenevano opportuno, pur di non patrimonializzare  i club.

Patrimonializzazione che ha registrato un incremento nel corso delle ultime stagioni, con l’ingresso di capitali off shore, sia per quanto riguarda il Milan, sia per quanto riguarda la Roma, sia per l’Inter, tanto per citare i club più esposti agli “appetiti” esteri.

Si sta consolidando, sempre a livello di sistema, l’intervento per l’ abbattimento dei costi dei giocatori ( che assorbe oltre il 50% del valore della produzione),  quale unica leva per l’uscita dalla situazione di default.

Soluzione tanto semplicistica quanto non efficace se non si prendono  in esame le altre componenti del conto economico .

In particolare, per quanto riguarda la Lega Serie A l’indebitamento esterno (debiti finanziari + debiti commerciali) si è incrementato del 14% nel periodo considerato pur scontando un notevole aumento del ricorso ai finanziamenti intergruppo ( + 398%) quale fonte alternativa alla patrimonializzazione.

Così come anomalo, anche in relazione alla voce  plusvalenze da cessione di calciatori, l’aumento ( + 63,7%) dell’indebitamento verso  le società calcistiche, indebitamento che passa da € 654,6 mln a € 1.071,9 mln .

In questa situazione il rapporto “Debiti finanziari/Patrimonio Netto” raggiunge l’assurda cifra del 415%: una dichiarata situazione di insostenibilità patrimoniale  che, nelle spa “normali” sfocia nel fallimento.

Questa fragilità finanziaria e patrimoniale strutturale  è addebitabile, come sopra accennato, agli azionisti ,  “ padroncini” del pallone,  che  governavano anche la Confindustria del calcio e che “ si davano” le regole  che permettevano loro di tutelare i propri interessi .

La deroga a suo tempo assunta del possesso da parte di uno stesso proprietario di due club professionistici, che ha permesso, sia a De Laurentis,sia a Lotito di detenere il controllo di due club contemporaneamente, è tanto significativa quanto risibile ( NOIF, art. 16 bis., comma 4 ) : “Non si dà luogo alle sanzioni di cui al comma 3, qualora il controllo derivi da successione mortis causa a titolo universale o particolare, o da altri fatti non riconducibili alla volontà dei soggetti interessati. Qualora sopravvengano, per i suddetti motivi, situazioni tali da determinare in capo al medesimo soggetto situazioni di controllo diretto o indiretto in società della medesima categoria, i soggetti interessati dovranno darne immediata comunicazione alla FIGC e porvi termine entro i 30 giorni successivi”.

UNA PROPOSTA INDECENTE.

Nello scenario sopra delineato ritengo non più dilazionabile un intervento pubblico, non episodico ma strutturale,  che preveda una sorta di “gestione controllata” del settore calcistico professionistico.

Una vera e propria “Amministrazione straordinaria delle società di calcio professionistiche”, sotto il controllo, in qualità di commissario, della FIGC.

Nel ricordo di un provvedimento legislativo (Amministrazione straordinaria delle Grandi Imprese in crisi) che negli anni ’80  ha permesso al Governo ed al sistema bancario di “salvare” il sistema industriale italiano.

Questo si che sarebbe “un passo fondamentale sulla via della trasformazione del calcio in una industria”, come sottolineato dal Presidente Dal Pino, riferendosi all’ingresso dei Fondi nella costituenda Media Company per la commercializzazione dei diritti TV.

Un intervento, quello che ipotizzo, che, prendendo a riferimento la situazione al 30 giugno 2020, preveda:

 consolidamento dell’indebitamento a breve con il sistema bancario, con rientro in 5 anni ad un tasso di interesse in linea con il tasso dei titoli pubblici;

 congelamento degli oneri fiscali esistenti al 30. 06.2020 relativi agli emolumenti dei dipendenti , con pagamento nell’arco di 5 anni, franco interessi;

rafforzamento patrimoniale da parte degli attuali azionisti di riferimento, sia sotto forma di aumento di capitale, sia con l’emissione di prestiti obbligazionari convertibili a condizioni di particolare favore per i risparmiatori;

introduzione del “salary cap” che preveda un costo totale  del lavoro in una percentuale non superiore  all’80%  del valore della produzione , al netto delle plusvalenze da cessione calciatori;

garanzia statale sull’indebitamento per investimenti in impianti sportivi, su aree pubbliche  sia di nuova costruzione sia di ristrutturazione;

tracciamento presso la FIGC dei flussi finanziari nelle operazioni di acquisto/cessione di calciatori non italiani;

istituzione presso la FIGC di una “borsa valori” dei cartellini dei giocatori che costituisca un riferimento oggettivo nelle operazioni di market trading  e che impedisca il “valzer” delle plusvalenze fittizie.

Un piano cioè a medio termine  che coinvolga componenti private e pubbliche, Istituzionali nazionali e sportive, con le rispettive competenze e responsabilità, nella ricostruzione di un settore, ora universalmente riconosciuto fallito, strategico per la nostra economia, in presenza della  complessiva filiera imprenditoriale che attiva, direttamente e indirettamente.