“In Gold We Trust”
La relazione annuale dei gestori di fondi Ronald-Peter Stöferle e Mark Valek appena pubblicata da Incrementum in Liechtenstein, dal titolo “In Gold We Trust”, è una lettura essenziale per cercare di capire meglio il mercato dell'oro.
La relazione dello scorso anno è stata scaricata più di 1,5 milioni di volte dal web e la relazione è oggi uno degli studi sull'oro più letti in tutto il mondo. La pubblicazione di 170 pagine è completata come sempre da molte tabelle e grafici. Qui il link. La conclusione quest’anno è che “un nuovo mercato toro dell’oro sta emergendo".
Dopo anni di calo dell’inflazione, di un dollaro forte e di mercati americani che si sono cullati in un falso senso di sicurezza, l'andamento dell'inflazione inizia a cambiare segno e sorgono i primi dubbi per quanto riguarda la ipotizzata ripresa economica. Nel corso degli ultimi 12 mesi l’incertezza si è manifestata almeno due volte in modo significativo sconvolgendo il mercato azionario.
Il fatto che ci si sia interrogati sempre di più sulla reale ripresa economica non ha sorpreso i due analisti citati. "Abbiamo sempre sottolineato che una cosiddetta “self-sustaining recovery” non potrà mai essere raggiunta ostinandosi solo a stampare denaro cartaceo” dice Stöferle. Gli strumenti di politica monetaria non convenzionale potrebbero essere adatti per un trattamento sintomatico, ma finiscono per intensificare i problemi strutturali sottostanti.
Per i due autori è chiaro che la politica monetaria adottata è stato un pesante contributo all’insostenibile boom degli ultimi anni; gli interventi radicali durante le recessioni del passato e le misure di stimolo in forma di quantitative easing, la politica dei tassi di interesse pari a zero e negativi, ecc. hanno minato la capacità di autoguarigione dell'economia e reso il sistema dipendente da iniezioni costanti di moneta e credito.
Attualmente, cinque aree valutarie hanno già introdotto tassi di interesse negativi. Per aumentare ancor di più la confusione, temi come l'abolizione del denaro contante e cose del genere sono entrati a far parte della discussione, ipotizzando così fantasiose soluzioni.
I potenziali vantaggi di tassi di interesse negativi, comunque apprezzati da chi li ha introdotti, sono comunque bassi. Anche se, come conseguenza auspicabile, l'onere del debito pubblico potrebbe teoricamente essere ridotto con beneficio per i risparmiatori, i problemi strutturali di fondo dell'economia ne uscirebbero aggravati. L’oro, invece, potrebbe molto probabilmente beneficiarne, visto che la gamma di alternative di investimento interessanti si sta restringendo.
Non tanto diverso è il giudizio espresso dagli analisti UBS esperti del mercato dell’oro. Fattori chiave sono: 1) tassi reali bassi o negativi, 2) picco di valore del dollaro 3) persistenti rischi macroeconomici.
UBS si aspetta che la prossima tappa sia un’allocazione strategica del portafoglio in oro da un insieme diversificato di investitori. Questa tendenza dovrebbe espandersi attirando più partecipanti e incoraggiando coloro che finora hanno esitato.
Il voto del Regno Unito di lasciare l'UE rafforza ulteriormente la tendenza a ricorrere all’oro, in previsione di ulteriori cambiamenti nelle politiche monetarie, con la possibile conseguenza di rendimenti inferiori e maggiore incertezza.
UBS in definitiva sostiene che la Brexit ha rafforzato i rischi per l'economia globale, ha amplificato l'incertezza e ha contribuito a confermare le preoccupazioni circa l'efficacia delle politiche monetarie non convenzionali come i tassi di interesse negativi. Tutto questo contribuisce a creare un ambiente in cui l'oro è un investimento estremamente attraente.
Paolo Brambilla