Finanza
Meglio l’inflazione o la deflazione?
La macroeconomia si concentra sul grande quadro economico, mentre la microeconomia si occupa del comportamento dei singoli mercati e il business, consumatori, investitori e lavoratori.
I quattro problemi di politica più importanti della macroeconomia sono l'inflazione, la disoccupazione, il tasso di crescita economica e i movimenti nel ciclo economico.
L'inflazione è definita come una crescita dei prezzi da un anno all'altro. In genere viene misurata dalla percentuale di variazione degli indici dei prezzi, come ad esempio l'indice dei prezzi al consumo o l'indice dei prezzi alla produzione.
L'indice dei prezzi alla produzione si basa su una serie di importanti materie prime. Mentre la misura più diffusa dell'inflazione, l'indice dei prezzi al consumo, viene calcolato sui prezzi di un paniere di beni e servizi. In tutto il mondo, con modalità leggermente diverse, questo paniere comprende i prezzi dei prodotti alimentari, abbigliamento, casa, combustibile, mezzi di trasporto, cure mediche, tasse universitarie e altri beni e servizi acquistati per la vita di ogni giorno.
L'inflazione può essere considerata come la più subdola delle tasse perché corrode i nostri risparmi e i nostri redditi. Ad esempio, se il tasso di inflazione supera il tasso di crescita della nostra busta paga significa che il potere d'acquisto reale del nostro reddito è in calo, anche se i nostri salari paradossalmente stessero crescendo un po’.
Si noti, tuttavia, che non tutti perdono dall'inflazione. Per esempio dell'inflazione possono beneficiare i mutuatari a scapito degli istituti di credito, anche se questi ultimi in genere si proteggono in anticipo da questa eventualità inglobando il rischio nei tassi praticati.
Ma quando si giunge alla deflazione, chi ne beneficia? Non è ben chiaro, perché per decenni le economie occidentali hanno avuto a che fare, chi più, chi meno, solo con l’inflazione. Nell’800 i prezzi erano sostanzialmente stabili, e il solo pensiero che potessero aumentare anche di pochi centesimi di anno in anno gettava economisti e governanti di allora nel panico.
Poi in molti Paesi vennero le devastanti svalutazioni dei primi decenni del ‘900, ma l’economia si riprendeva sempre. Infine nella seconda metà del ‘900 si parlava di inflazione quasi ogni giorno, ma si diceva anche che era facile gestirla.
Negli anni 2000 pare che governanti ed economisti non possano più fare a meno dell’inflazione e temano solo la stabilità dei prezzi. Per non parlare della deflazione, il peggiore di tutti i mali.
L’economista austriaco Mark Thornton ha coniato un divertente neologismo per definire l’incontrollabile paura della deflazione: apoplithorismosphobia (non ne so di preciso l’etimologia, ma il termine fobia è decisamente comprensibile).
In questo periodo di estrema incertezza economica, la prospettiva che possa verificarsi una deflazione sta turbando le notti dell'establishment politico dei paesi occidentali. Mentre l'inflazione si basa sul monopolio della creazione monetaria, la deflazione, al contrario, porta il rischio di lasciare troppo spazio al libero mercato e al laissez faire, non troppo amato in questi anni dai nostri governi.
Evidentemente anche un economista di tutto rispetto come Mario Draghi, che sarebbe ingiusto definire un “deflazionofobo”, teme comunque il rallentamento dei prezzi, se continua ad immettere liquidità nei mercati. Secondo gli economisti keynesiani, vuol dire aumentare la massa monetaria di circa il 2% l'anno.
Jörg Guido Hülsmann, nel suo libro "Deflation and Liberty" sottolinea che la quantità di denaro in circolazione è di per sé ininfluente: una variazione del suo volume dovuta all'inflazione o alla deflazione non influisce sulla ricchezza complessiva della società perché i beni reali, nel loro complesso, restano invariati indipendentemente dalla valuta con cui vengono quantificati. Tuttavia, nel momento in cui si verifica una variazione della massa monetaria, la distribuzione della ricchezza tra le varie classi sociali cambia in modo significativo.
Questo è il vero problema. L’inflazione costituisce una tassa occulta per i cittadini comuni: invece con la deflazione finirebbero con liberarsi da questo odioso balzello e ad usare il maggior potere d’acquisto in modo totalmente libero. Forse per questo i governanti la temono: perderebbero parte del loro potere e si troverebbero a rispettare con maggiore difficoltà le regole imposte dalla riduzione del debito pubblico da essi stessi creato.