Affari Europei
Clima, accordo Ue ma solo per 26 paesi. La Polonia si tira fuori
Un accordo a 27 sull'obiettivo della neutralità climatica nel 2050, ma che vale solo per 26 paesi perché la Polonia si tira fuori
Clima, accordo Ue: ma la Polonia si tira fuori
Un accordo a 27 sull'obiettivo della neutralità climatica nel 2050, ma che vale solo per 26 paesi perché la Polonia ha annunciato la sua intenzione di non realizzarlo a causa dei costi della transizione per uscire dal carbone. E' questo il paradossale esito della prima giornata del Consiglio europeo, quasi interamente dedicata alla questione clima, dopo che la Commissione di Ursula von der Leyen ha presentato il suo “Green Deal”. I capi di Stato e di governo dell'Ue hanno negoziato per oltre sette ore il testo di conclusioni sul clima. “Abbiamo raggiunto un accordo: vogliamo fare dell'Ue il primo continente neutro sul piano climatico all'orizzonte 2050”, ha detto il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, al termine della prima giornata di Vertice. Salvo essere costretto subito a una precisazione: “per uno Stato membro serve più tempo per implementare questi obiettivi. Ci torneremo in giugno”. Von der Leyen ha detto che per lei questa soluzione è “assolutamente accettabile”. Eppure le resistenze della Polonia, così come quelle della Repubblica ceca fino a quando non è stata citata l'energia nucleare nelle conclusioni del testo, sono indicative delle difficoltà che avrà la Commissione a far approvare il suo “Green Deal”. “Questo è solo l'inizio”, ha spiegato von der Leyen, sottolineando che mettere in opera le misure del “Green Deal” sarà “un compito enorme”. Si comincerà a gennaio con i finanziamenti e in particolare il Fondo per la transizione giusta. Le conclusioni del Consiglio europeo indicano la cifra di 100 miliardi di euro di investimenti. Ma non è detto che la cifra basti alla Polonia e a altri paesi – come l'Ungheria e la Repubblica ceca – che si sono mostrati scettici sulla neutralità climatica nel 2050.
L'accordo Ue sul clima vale solo per 26 paesi
Al loro primo Vertice europeo, Michel e von der Leyen non volevano un fallimento. C'è stato “bisogno di creatività per rispettare situazioni sul piano nazionale, senza perdere la bussola”, ha spiegato Michel, lasciando intendere che utilizzerà lo stesso metodo anche su altri dossier scottanti e controversi. Il prossimo è il bilancio pluriennale dell'Ue per il periodo 2021-2027: una breve discussione tra i leader a questo Vertice è servita solo a constatare la distanza tra gli Stati membri. Michel è stato incaricato di portare avanti i negoziati: nelle prossime settimane ci saranno incontri bilaterali con ciascuno degli Stati membri per cercare di avvicinare le posizioni. Secondo il presidente “questo è il più difficile bilancio europeo da quando l'Ue esiste perché c'è il buco Brexit” che ammonta a circa 12 miliardi l'anno. Inoltre, “una parte significativa del bilancio europeo deve prendere in considerazione l'ambizione climatica” con “almeno il 25% che sia orientato alla battaglia per il clima”, ha detto Michel. Secondo von der Leyen “il bilancio deve riflettere le nostre priorità politica e l'agenda strategica del Consiglio. C'è ancora molto lavoro da fare” e “il tempo pressa”. Tradotto: la proposta di compromesso che era stata messa sul tavolo dalla presidenza finlandese con un tetto al 1,07% del Reddito nazionale lordo è insufficiente. Inoltre, se non si troverà rapidamente un accordo sul bilancio pluriennale, una parte dei finanziamenti per il 2021 rischia di saltare. Rispetto alle divisioni interne su clima e bilancio, le altre sfide che ha di fronte l'Ue sembrano una passeggiata. I capi di Stato e di governo hanno rapidamente trovato un accordo per rinnovare le sanzioni contro la Russia e convocare una Conferenza dei donatori a metà gennaio a Tirana per aiutare la ricostruzione in Albania dopo il terremoto. Dopo poche ore di sonno si ritroveranno per discutere dei risultati delle elezioni nel Regno Unito. La netta vittoria di Boris Johnson fa cadere le ultime speranze di evitare la Brexit, ma almeno permette di fare chiarezza. Tutti ormai danno per scontato che i britannici se ne andranno il 31 gennaio 2020 e l'Ue si prepara alla prossima fase, quella sui negoziati sulle relazioni future che potrebbero rivelarsi ancora più insidiosi di quelli per l'accordo di ritiro. L'Ue invierà “un messaggio forte”, ha annunciato Michel: “siamo pronti per la prossima fase. Abbiamo fatto il lavoro per garantire l'unità, per garantire la trasparenza e per cercare di mantenere una stretta cooperazione con il Regno Unito”.