Non è il Superbonus a far venire il "mal di pancia": perché sarà una manovrina

Entro il 27/9 la nota di aggiornamento al Def, Meloni a caccia di soldi nei ministeri. Ma i titolari dei dicasteri rispondono: "Qui c'è poco da tagliare"

di Redazione Economia
Giorgia Meloni
Economia

Manovra, il vero problema non è il Superbonus ma le stime sbagliate

Ci sono pochi soldi, la manovra sarà austera e prudente. Questo dirà la premier Giorgia Meloni nel vertice di maggioranza di mercoledì con i capigruppo sulla Legge di Bilancio. Un punto ferma per la presidente del Consiglio è la conferma del taglio del cuneo fiscale fino a 35mila euro anche per il 2024, un segnale sia ai lavoratori sia alle aziende. Su questo non ci sono dubbi. Sulla riforma delle pensioni quasi certa la conferma di Quota 103 e Quota 41 che tanto voleva la Lega resta sulla sfondo per i prossimi anni. Anche per l'innalzamento delle pensioni minime, chiesto da Forza Italia, ci sarà ben poco, se non l'indicizzazione totale all'inflazione e al costo della vita per chi ha l'assegno previdenziale più basso.

Antonio Tajani però avrà la rivincita con un ammorbidimento della tassa sugli extra-profitti delle banche che diventerà una tantum e non riguarderà gli istituti territoriali e più piccoli. Per quanto riguarda il rapporto con l'Unione europea, Meloni terrà l'approvazione del Mes (l'Italia è l'unico Paese che ancora non ha dato il via libera) come merce di scambio per ottenere una riforma più soft del Patto di Stabilità. Infine ci sarà un'accelerazione sulle privatizzazioni e in particolare sull'uscita dello Stato da Monte dei Paschi di Siena (ecco perché il titolo ha perso molto a Piazza Affari). Altro non ci sarà. Manovra prudente e austera.

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Il governo Meloni è alla disperata ricerca di denaro per finanziare la manovra, il rischio è che alla fine si trasformi in una manovrina perché le casse dello Stato sono in difficoltà. Ma il "mal di pancia" di Giorgetti - si legge sul Fatto Quotidiano - non sarebbe dovuto al Superbonus. Forse è per questo che gli è impossibile fornire i dati per districarsi nel caos generato dal suo grido d’allarme in vista di una manovra che si annuncia di piccolo cabotaggio. Al Tesoro rimandano alla Nota di aggiornamento al Def che uscirà entro il 27. Nel frattempo però qualcosa viene fatto filtrare. L’ultimo dato – contenuto in una nota riservata dell'Agenzia delle Entrate – è di 142 miliardi, comprensivo di tutti i bonus edilizi oggetto di cessioni dal 2020 – quando il governo Conte permise la cedibilità – ad agosto scorso, di cui 12 frutto di truffe e 21 già compensati (ne restano 109). Quel che conta di più, per la manovra, sono però i dati e il trend del 2023-24.

I lavori ammessi alla detrazione del Superbonus - prosegue Il Fatto - salgono di 3 miliardi al mese, in calo rispetto a prima dello stop ma meno del previsto. Da inizio anno (dati Enea) il conto è salito di 20 miliardi, portando a fine luglio il totale a 83 miliardi. Se va avanti così, a fine anno si arriverebbe a 30-35 miliardi in più nel 2023, ma è anche vero che il numero di asseverazioni è in calo e il trend risente della corsa ad avviare i lavori partita a fine 2022, prima dello stop (quelli per condomini durano 6-7 mesi). Insomma, non è detto che il ritmo resti uguale nei prossimi mesi (al Tesoro si aspettano rallentamenti).

 

Su questi numeri pesa il vero non detto: l’impatto sui saldi di finanza pubblica che conta ai fini della manovra. Su questo, come noto, la parola finale ce l’ha Eurostat. Tutto ruota intorno alla "classificazione statistica dei crediti" che a febbraio - conclude Il Fatto - aveva spinto l’esecutivo a intervenire. Un mese dopo, infatti, dopo un’interlocuzione con l’Istat, l’ente di statistica europeo ha considerato "pagabili" i crediti edilizi da Superbonus e bonus facciate, visto che vi è una ragionevole certezza che, nel corso del tempo il credito sarà utilizzato tutto. La Ragioneria ha finora sbagliato tutte le stime dei costi di Superbonus e Bonus facciate: a maggio le aveva già riviste per 46 miliardi (di cui 31 per il 110%) e da allora si sono aggiunti 20 mld. Insomma non dovrebbe cambiare il saldo in termini di cassa. L'unico dubbio riguarda i crediti incagliati (a settembre ne scadranno per 7 mld). Ma i ministeri avvertono la premier in cerca di soldi nei vari dicasteri: "Qui c'è poco da tagliare".

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