L'avvocato del cuore
Coronavirus e relazioni clandestine: pandemia banco di prova per gli amanti
La posta dell'Avvocato del cuore, a cura dello studio di Annamaria Bernardini De Pace
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“La lontananza sai, è come il vento: spegne i fuochi piccoli, ma accende quelli grandi”, cantava Modugno in un ritornello popolare e che oggi, ai tempi del “distanziamento sociale”, suona oltremodo attuale. Perché le restrizioni governative che, per il contenimento della pandemia, hanno costretto il popolo adulterino fra le mura domestiche, impedendone gli incontri furtivi e gli abbracci proibiti, rappresentano un importante banco di prova per le relazioni extraconiugali.
In queste settimane, infatti, mi è capitato di ricevere decine di vignette spiritose sugli affari d’oro che aspetterebbero noi divorzisti quando, al termine di questa quarantena, dovremo accogliere orde di coniugi in fuga e di genitori con il coltello fra i denti. Nessuno, però, ha pensato a come questa condizione decisamente fuori dall’ordinario possa invece, sorprendentemente, invertire la tendenza.
Ai tempi del Coronavirus – che ha democraticamente imposto una battuta d’arresto alla routine condivisa in famiglia, così come alle abitudini coltivate in segreto – può infatti accadere che non sia più l’amante, a fungere da contraltare al proprio compagno, ma l’inevitabile (per non dire obbligata) riscoperta del calore familiare a far pericolosamente vacillare le passioni fini a se stesse, inesorabilmente affievolite dai silenzi e dalle distanze.
Per alcuni sarà l’opportunità di rendersi conto di come, visto da lontano, “l’altro” non manchi poi così tanto. E di come quella casa, fino a poco prima vissuta come una prigione stretta e inospitale, teatro di scontri e di silenzi, possa tornare a essere un nido accogliente e rassicurante, scenario di impensabili riavvicinamenti e di una ritrovata solidarietà coniugale e genitoriale.
Per tutti gli altri, che quotidianamente restano esposti, fra le mura domestiche, a quei “fuochi”, grandi o piccoli, che la vicinanza forzata rischia di logorare o, al contrario, di far divampare in incendi emotivi deleteri e indomabili, gli strumenti di prevenzione e tutela restano tuttora accessibili ed efficaci.
Penso ai procedimenti per l’adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari (art. 342 bis e ter c.c.), a quelli a tutela di minori sottoposti a grave pregiudizio, o ai procedimenti cautelari per la tutela di diritti fondamentali della persona, che continuano a essere trattati dai Tribunali nell’urgenza, rientrando fra le materie che, in base all’art. 83, comma 3, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, fanno eccezione alla sospensione generale delle attività processuali prorogata sino all’11 maggio 2020.
Penso agli psicologi, ai consultori, ai mediatori e agli assistenti sociali che continuano virtualmente – ma non meno risolutivamente – a garantire la propria consulenza e il proprio supporto approfittando degli ormai moltissimi mezzi di comunicazione e social network. Sul punto, il Tribunale di Terni ha attribuito ai Servizi Sociali territorialmente competenti il compito di organizzare “fino al termine dell’emergenza sanitaria da Covid-19, incontri tra il genitore non coabitante e i figli minori con modalità da remoto, quali ad esempio videochiamate Skype ovvero con chat Whatsapp), alla presenza di operatore del servizio sociale” (decreto 30 marzo 2020, Dott. Monica Velletti).
Penso anche alle agenzie investigative che, se munite di idonea licenza prefettizia, possono essere incaricate di monitorare il partner e coglierlo in flagrante, ove mai avesse avuto la malaugurata idea di darsi appuntamento con l’amante al banco gastronomia o all’area cani, al parchetto vicino casa.
Penso infine, sull’onda della incontenibile digitalizzazione di ogni aspetto della nostra quotidianità, al rilevo che la giurisprudenza della Corte di Cassazione riconosce al tradimento virtuale, ai fini dell’addebito della separazione: la frequentazione di siti di incontri online e la chiara ricerca di contatti con persone sconosciute, in una chiave erotico-relazionale, viene infatti ritenuta aperta violazione all’obbligo di fedeltà previsto dall’art. 143, secondo comma, del codice civile.
Quello che è certo, in definitiva, è che qualunque sia la condizione nella quale la coppia è entrata in questa quarantena, e qualunque sia il senso di marcia intrapreso dai due (se alla riscoperta l’uno dell’altro, o in direzioni diametralmente opposte), l’inevitabile condivisione di tempi e di spazi deve essere vissuta come l’opportunità per non procrastinare un confronto (con se stessi e con l’altro), dal quale sicuramente usciranno diversi. Più uniti di prima, o finalmente liberi.
Avv. Benedetta Di Bernardo
Studio legale Bernardini de Pace