L'avvocato del cuore

L'adozione "speciale" o "in casi particolari"

di Valentina Eramo Avvocato*

Istituto che consente l’inserimento del minore in una famiglia senza interrompere i rapporti con la sua famiglia d’origine

Poco noto è l’istituto dell’adozione “speciale” o “in casi particolari”, codificato dall’articolo 44 della Legge n. 184/83, così come modificato dalla Legge n. 149/2001.

È noto a tutti, invece, quello dell’adozione “piena” o “legittimante”.

La prima ha la funzione di consentire l’inserimento del minore in una famiglia, senza interrompere i rapporti con la sua famiglia d’origine che, ove possibile, vengono conservati e coltivati; la seconda attribuisce all’adottato lo “stato di figlio legittimo” degli adottanti e recide ogni legame coi suoi genitori biologici.

In base all’articolo 44 sopracitato, il minore può essere adottato “in casi particolari” quando ricorrono le condizioni previste dai punti a), b), c), d) della legge, e cioè quando:

a) il minore è rimasto orfano di entrambi i genitori. L’adottante deve essere persona legata al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da rapporto stabile o duraturo con lui. Se, per esempio, un bambino perde il papà e la mamma durante un incidente stradale, la zia materna potrebbe, ove lo desiderasse, avviare l’iter dell’adozione speciale. E ciò anche se lei non è sposata: l’adozione speciale, infatti, è consentita, in questo caso, anche al single.

b) il minore è figlio di genitore coniugatosi con persona diversa dal padre o dalla madre biologici del minore medesimo. L’adottante è il coniuge del genitore biologico. Se, per esempio, la mamma di un bambino, anche adottivo, si sposa, suo marito potrà avviare la procedura dell’adozione speciale e diventare, anche lui, papà “adottivo” del minore.

c) il minore è rimasto orfano di entrambi i genitori ed è affetto da un handicap. Gli adottanti possono essere una coppia di coniugi, ma la legge consente, in questo caso, anche al single di attivare il percorso adottivo.

d) il minore non è assoggettabile all’affidamento preadottivo. È questo il caso del bambino che, per esempio, è allontanato dalla sua famiglia d’origine temporaneamente in situazione di difficoltà e, pertanto, è inserito in una famiglia “affidataria” destinata a fare le veci del suo papà e della sua mamma biologici. L’affidatario – coniugato o single - che abbia instaurato col minore un legame così stretto da rendere impossibile l’affidamento preadottivo a un’altra famiglia (istituto prodromico all’adizione “piena” o “legittimante”), può avviare la procedura dell’adozione speciale. Sul punto, è intervenuta la 2 Cassazione: “l’impossibilità dell’affidamento preadottivo dipende dall’inscindibile rapporto affettivo creatosi tra adottante e minore. Rapporto che, ove spezzato, è destinato a creare un trauma psichico e una perdita di fiducia” (l’uno e l’altro irreversibili e fonte di pregiudizio incommensurabile per il minore).

Riepilogando, l’adozione “speciale”:

- è consentita non solo alle persone coniugate, ma anche ai single nei casi sub lettere a), c), d) (al single è equiparato il coniuge separato o divorziato);

- è ammessa anche in assenza della dichiarazione di adottabilità e di una situazione di effettivo abbandono, non essendo richiesta la presenza delle condizioni di cui all’articolo 7, primo comma, della Legge 184/83.

L’effetto principale dell’adozione speciale – da chiedere con ricorso al Tribunale per i minorenni del luogo di residenza del minore - consiste nella titolarità ed esercizio della responsabilità genitoriale da parte dell’adottante sull’adottato. L’adottante, in altre parole, si può e deve comportare come se fosse il genitore biologico dell’adottato e ha l’obbligo di mantenerlo, istruirlo ed educarlo.

Se l’adottato ha beni propri, fonte di rendita, l’amministrazione spetta, fino al raggiungimento della maggiore età, all’adottante che, tuttavia, non ha l’usufrutto legale sui beni stessi, ma solo la possibilità di impiegarne le rendite. A vantaggio dell’adottato, ovviamente.

L’adottato antepone al nome ricevuto all’atto di nascita quello dell’adottante. Se l’adozione è perfezionata da una coppia di coniugi, l’adottato assume il cognome del padre-marito, mentre se è compiuta da una donna sposata, l’adottato – il quale non sia figlio del marito – assume il cognome della famiglia di lei. L’adozione non attribuisce all’adottante alcun diritto successorio, mentre i diritti dell’adottato nella successione dell’adottante sono regolati dalle norme contenute nel Libro II del codice civile.

Consapevole della valenza dell’istituto, il Tribunale per i minorenni di Bologna ha stabilito, con una sentenza innovativa datata 3 luglio 2020, che l’adozione speciale possa e debba instaurare legami di parentela ulteriori rispetto al legame col solo genitore adottante. E ciò nonostante l’articolo 300 del codice civile, richiamato dalla Legge n. 184/1983, stabilisca che “l’adozione non induce alcun rapporto civile tra l’adottante e la famiglia dell’adottato né tra l’adottato e i parenti dell’adottante”. Nel caso di specie, il giudice minorile ha invece “disposto l’estensione del legame di parentela” tra i minori adottati da una coppia, ai sensi e agli effetti dell’articolo 44 della Legge n. 184 citata, e i figli della coppia medesima, riconoscendo come, tra tutti i bambini conviventi, si possa costituire un rapporto di fratellanza.

Studio legale Bernardini de Pace*