Lo sguardo libero

Xi Jinping a Roma… e i diritti umani in Cina?

Ernesto Vergani

“La Nuova Via della Seta” criticata dagli Usa quale accordo para-politico. Italia unico Paese del G7 ad aderire al memorandum

Xi Jinping, presidente della Cina, segretario del Partito comunista cinese e   capo della Commissione militare centrale, arriva in Italia per una serie di incontri, tra cui quelli col Capo dello Stato Sergio Mattarella e il premier Giuseppe Conte, e  per firmare il memorandum d’intesa “La Nuova Via della Seta” o  Belt and Road Initiative (Bri). Una cinquantina gli accordi che riguardano il sistema Italia: dalla cultura all' università, dalle dogane alle infrastrutture, dalla finanza all’industria.

Come sa ogni buon manager, dalla Nuova Zelanda al Canada, c’è una regola: mai giustificarsi. Per evitare il disappunto dell’Ue (che ha poi abbassato il tiro, forse vista la nostra attuale debolezza economico-politica) e degli Usa sul fatto che l’Italia sigli quello che sembra un accordo para-politico, più di una goccia che può scavare la pietra della naturale e storica scelta dell’ europeismo e dell’atlantismo, ci sono state scusanti di qualsiasi genere. Del resto non ci sono dubbi: da un lato la democrazia liberale, dall’altro il comunismo, due opposti. E d’altronde nessun Paese del G7, quindi anche le grandi nazioni europee Germania, Regno Unito e Francia, ha firmato la Belt and Road Initiative.

Ecco alcune giustificazioni (con relativa replica): 1 – la “Nuova Via della Seta” non mette in discussione la tradizionale alleanza con la Nato e gli Usa (si potrebbe dire: ovvio… vorrei vedere…). 2 – Altri Stati dell’ Ue hanno sottoscritto intese economiche ben più vincolanti (certo… ma questo è un accordo chiaramente para-politico…). 3 – Hanno aderito altri Paesi (vero: Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia  Portogallo, Slovacchia e Slovenia… con tutto il rispetto di rango politico inferiore all’Italia e comunque, come detto, nessuno dei G7 ha messo la firma). 4 – Nel documento ci si rifà ai trattati internazionali e dell’Ue (anche qui: vorrei vedere se fosse diversamente…). 5 – L’Italia fa da apripista (si potrebbe dire l’opposto: è il cavallo di Troia della potenza cinese per entrare in Europa). 6 – L’economia europea e in genere quella internazionale guarderanno più alla Cina che agli Usa (può darsi… ma il tema dei diritti umani? Fingiamo di non vedere o minimizziamo?).

Non proprio tutto negativo. Una nota positiva è l’articolo di Xi Jinping pubblicato dal Corriere della Sera. Incantevole la descrizione della storica e reciproca attrazione culturale tra i due Paesi, con citazioni di Virgilio, Marco Polo, Dante. E del resto tutti noi amiamo la cultura cinese; siamo affascinati da Confucio e nella biblioteca di chi è appassionato di Civiltà tradizionale non può mancare  “Il pensiero cinese” di Marcel Granet. Tuttavia c’è un però gigantesco e viene meno il principio di completezza. Bastano due parole semplicissime: diritti umani (come sopra anticipato al punto 6). Vedremo se gli interlocutori italiani di Xi Jinping chiederanno conto della situazione dei diritti umani in Cina.

Si ricordino la repressione degli uiguri, la popolazione musulmana dello Xinjang dove sono stati documentati campi di rieducazione o la colonizzazione culturale del Tibet e le ritorsioni o i ricatti economici nei confronti dei paesi occidentali che ospitano il Dalai Lama. Si pensi anche alla guerra commerciale, al vantaggio competitivo di un’economia di Stato e del basso costo del lavoro dove non ci sono diritti. Si rammenti la censura sulla stampa e su Internet. Si chieda a un piccolo o medio imprenditore manifatturiero italiano, che dopo una settimana che mette un  prodotto sul mercato, se lo ritrova copiato identico dai cinesi, ma venduto a metà prezzo, che cosa pensa di un simile accordo? Si rifletta sui due noti imprenditori nazionali che per non perdere clienti hanno dovuto, mortificati, porgere scuse pubbliche ai cinesi, offesi da un post scherzoso su Internet. Si considerino i milioni di cinesi che, sempre più ricchi, viaggiano nel mondo, fedeli, anzi grati, al regime. Perché una volta non  potevano uscire dai loro confini, come accadeva per i russi durante il comunismo e succede oggi per i cubani, mentre oggi fanno i turisti ovunque e tornano felici a casa? Semplice: perché sono, e sanno che saranno sempre più in futuro, più benestanti in patria che all’estero. Tutto ciò potrebbe avere sviluppi intrinsechi, inevitabili e incontrollabili, che vanno oltre l’internazionalismo preconizzato da Karl Marx e Friedrich Engels

La tv di Stato alla proclamazione di Xi Jinping quale presidente “eterno” sentenziò: “1,4 miliardi di cinesi ancora uniti sulla stessa strada”. E che cos’è la “Nuova Via della Seta” se non una strada che arriva nel cuore del democratico e liberale Vecchio Continente? Da ricordare che Xi Jinping può restare presidente della Repubblica popolare cinese per sempre perché l’ Assemblea nazionale del popolo ha abolito nel marzo 2018 il limite dei due mandati quinquennali, che era stata voluto nel 1982 da Deng Xiaoping  per evitare il ritorno a un regime dittatoriale come quello di Mao, al potere assoluto dal 1949 al 1976.