Coronavirus
Cos' è la variante Francia? Pregliasco: "Problema spiacevole, ma da valutare"
Il rischio è che la nuova variante allontani il passaggio dalla fase pandemica a quella endemica. "Rientro a scuola? Un rischio..."
Pregliasco: "Rinviare il ritorno in classe sarebbe sicuramente una scelta efficace"
Speravamo che la variante Omicron potesse segnare il passaggio dalla fase pandemica a quella endemica, nella quale provare a convivere con un virus un po' meno aggressivo che nelle sue varianti precedenti. L'improvvisa comparsa della “variante Francia” (nota anche come B.1.640.2) rischia di infrangere tale speranza. Individuata per la prima volta il 9 dicembre a Forcalquier, nella regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra, da parte dell’istituto IHU Méditerranée Infection di Marsiglia, è venuta alla luce solo in queste ore in seguito alla pubblicazione degli elementi emersi sulla piattaforma Medrxiv, ancora in versione prestampa, ovvero non sottoposta alla peer-review.
Ancora provvisorio è anche il nome: le varianti precedenti, inizialmente indicate col nome del Paese dove sono state scoperte, poi sono state ribattezzate con una lettera dell'alfabeto greco, per evitare un'ingiusta colpevolizzazione delle nazioni in questione. Sul tema ci sono ancora poche certezze e quindi abbiamo chiesto al noto virologo Fabrizio Preglasco di aiutarci a comprendere la portata di questa inattesa novità.
Quali elementi abbiamo su questa nuova variante "Francia"?
“La situazione è ancora tutta da scoprire, anche se sicuramente questa variante ha delle caratteristiche che non sono piacevoli dal punto di vista del dato virologico. Bisognerà tuttavia capire meglio quanto sarà diffusiva. È ancora presto per valutarne l'impatto”.
Sappiamo già se è più “cattiva” della variante Omicron?
“No, al momento ci sono 64 casi, ma ha caratteristiche virologiche di molte mutazioni, che combinano mutazioni di tipo diverso di altre varianti... Quindi potrebbe avere caratteristiche non piacevoli”.
La comparsa di questa nuova variante rischia di vanificare le speranze di passare alla fase endemica grazie alla Omicron, con la quale passa si possa convivere meglio?
“Certo, il problema è questo. È sperabile che Omicron rappresenti una sorta di 'ponte' tra le due fasi, ma al momento è tutto da vedere”.
Questo allarme inoltre si innesta in una fase già caratterizzata da molti dubbi, soprattutto rispetto all'imminente rientro nelle scuole. Qual è la sua opinione in merito? Sarebbe il caso di rinviare la ripresa delle lezioni in presenza?
“Sarebbe sicuramente una scelta efficace in termini di sanità pubblica, perché si sa che i bimbi in questa fase sono i più facilitanti la diffusione del virus. È chiaro che il mantenimento dell'operatività scolastica secondo i piani precedenti è una decisione politica. È una sfida, diciamo così, ma con dei rischi”.
E quali sarebbero gli strumenti da utilizzare per vincere questa sfida?
“Ci vuole una grande responsabilità da parte di tutto il sistema. Entrano in gioco le difficoltà nel tracciamento nelle scuole, ma anche il ruolo dei genitori, che non devono mandare in classe i bambini che stanno male, come si faceva un tempo, magari dopo averli riempiti di Tachipirina”.