Coronavirus

Covid-19, una pandemia da un’unica ondata lunga un anno

di Daniele Rosa

Nel 2020 oltre 1,8 milioni di vittime nel mondo per uno tsunami mai visto.

Dopo un anno di pandemia circa 1,8 milioni di persone hanno perso la vita per il Covid-19. Esattamente un anno dopo l’allerta lanciata, in ritardo, al mondo dalle autorità cinesi sulla diffusione di un nuovo virus della famiglia dei Coronavirus.

Belgio (19.360 morti), Slovenia (2.630), Bosnia (4.020), Italia (73.000), Perù (37.500) e Spagna (50.400) sono stati tra i paesi che hanno avuto il maggior numero di morti per abitante. Dei 15 stati con il maggior numero di morti, nove sono in Europa.

Aldilà dei numeri il virus si è diffuso in tutto il mondo. Adesso l'Europa sta lottando con la seconda ondata di diffusione del virus. Gli Stati Uniti sono, praticamente nel mezzo di una terza ondata, e hanno avuto il maggior numero morti al mondo, oltre 340000.

La prima ondata è stata un vero e proprio tsunami per qualsiasi paese. L'arrivo del Covid-19 ha spiazzato tutti, soprattutto medici e ed esperti che ipotizzavano che la pandemia sarebbe stata una mutazione del virus dell'influenza, sull’esempio di quella del 1918.

Altri Coronavirus, come la SARS o la MERS, erano arrivati, ma il Covid-19 è stato più pericoloso perchè si trasferiva attraverso l'aria, attraverso aerosol, con molti asintomatici potenzialmente infettivi, un esercito circolante di portatori inconsapevoli del virus.

L'estate, nell'emisfero settentrionale era sembrata il punto di svolta con meno contagi, ricoveri e decessi. Purtroppo è stata solo un’illusione perchè a settembre è ripartita in Europa una seconda ondata, più virulenta della prima.

I paesi che non erano stati colpiti forte nella prima ondata  hanno fatto registrare da agosto il maggior numero di morti. Come ad esempio l’Ungheria (100 morti ogni 100.000 abitanti), la Polonia (68) o la Lituania (45). In questo gruppo, la situazione peggiore si è verificata in Bulgaria (100), Slovenia (100) e Ungheria (120). Peggio di Spagna e Italia con medie di 60 vittime ogni 100.000 abitanti.

"Esiste una combinazione di fattori che hanno creato differenze tra le due onde: condizioni meteorologiche, rilassamento delle misurazioni e penetrazione in base all'esposizione iniziale, insomma un eccesso di fiducia ed un allentamento delle misure”, confermano molti sanitari.

Ma ci sono anche paesi che hanno subito due ondate molto dure, come il Belgio, il Regno Unito, la Spagna, l’Italia o la Francia. La Germania ha avuto due momenti differenti. Una prima fase  meno pesante (30 morti ogni 100000 abitanti), ma dall'estate ha registrato più del doppio dei decessi rispetto a prima.

La complessità della lotta al virus è stata confermata purtroppo anche dall’alto numero di decessi in paesi come Giappone e Corea del Sud dove le strategie di test e monitoraggio sono state un esempio per tutti. Nonostante ciò hanno avuto, nella seconda parte dell’anno, più del doppio dei decessi rispetto alla prima fase.

In ogni caso, è opinione comune, che il bilancio totale delle vittime mondiali sia più alto di quello attualmente registrato. Ci vorranno anni per avere una cifra più vicina alla realtà.Il numero sarà più alto e ci vorranno anni per determinarlo esattamente.

Secondo gli ultimi dati disponibili per il 2020, la Spagna è il paese con la crescita di vittime più alta: da marzo circa 77.000 morti in più rispetto ai decessi normali degli anni precedenti.

I dati dei paesi danno anche qualche indizio sul sesso e sull'età delle vittime: la pandemia ha colpito più duramente gli anziani ed è stata più letale per gli uomini che per le donne. La Spagna si distingue per aver avuto il più alto livello di mortalità tra le persone di età compresa tra 15 e 64 anni e per essere una delle poche nazioni in cui ci sono state settimane con il 140% di morti tra gli over 85. In queste fasce di età l’Italia ha raggiunto l'80%, gli Stati Uniti il ​​30% e la Germania il 20%.

L'incipiente terza ondata in diversi paesi europei e negli Stati Uniti rischia di arrivare con l’aggiunta della nuova variante del virus, che i primi studi ipotizzano più contagiosa del 60% rispetto alla precedente. L'emergere di nuove varianti virali è un elemento molto comune nei virus respiratori, ed in effetti, le epidemie di influenza stagionale ogni inverno sono il risultato della comparsa di nuove varianti antigeniche dei virus influenzali, per i quali la popolazione non ha un'immunità totale.

In ogni caso la notizia positiva è l’alto numero di vaccini , in parte già in commercio ed in parte in ultima fase di approvazione, che dovrebbero permettere nel corso del 2021 di avere un’immunità di gregge a livello mondiale. Ed è con questa speranza che il mondo si avvia a salutare, con grande cautela e rispetto per le vittime, il nuovo anno che arriva. 

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