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Coronavirus
Covid, a Malpensa nessuna sottovariante. Cina, corsa al farmaco italiano Udca

Covid, da BA.5.2 A BF.7 ma nessun positivo al "Gryphon" tra le sottovarianti dei passeggeri cinesi

Quali sono le sottovarianti di Sars-CoV-2 volate dalla Cina all'Italia "a bordo" dei passeggeri atterrati in questi giorni a Malpensa dal gigante asiatico e risultati positivi al tampone? Al momento i nomi dei mutanti rivelati dai primi sequenziamenti eseguiti in Lombardia sono vecchie conoscenze della famiglia Omicron.

L'unico dato che potrebbe sorprendere è un'assenza: quella di GRYPHON, XBB "e figli", ricombinante di Omicron che viene monitorato per la sua immunoevasività, e finito alla ribalta delle cronache per il sospetto di una sua particolare diffusione in suolo cinese. Negli Usa una discendente di questa famiglia, cioè XBB.1.5, viene già data al 40% dalle proiezioni dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie Cdc, più che raddoppiata in 7 giorni.

Ma al momento non è presente in nessuno dei campioni dei passeggeri atterrati a Malpensa e finora sequenziati. Secondo quanto apprende l'Adnkronos Salute, nel dettaglio fra le sottovarianti identificate dai primi sequenziamenti compare BA.5.2, sottolignaggio di Omicron 5, che è presente nei campioni analizzati in misura leggermente superiore rispetto alle altre. E poi ci sono sequenze della sottovariante battezzata Cerberus sui social, cioè BQ.1.1, che è già la sottovariante di Omicron 5 più frequente in Italia ed è dominante in diversi Paesi dell'Ue.

C'è poi BF.7, la cui presenza è stata segnalata in misura significativa in diverse città cinesi, e altre discendenti di Omicron 5, come BA.5.7 e BE.1.1.1. Questa la fotografia scattata, fa sapere Guido Bertolaso, assessore lombardo al Welfare della Regione Lombardia, che sta seguendo da vicino in questi giorni le operazioni di screening e analisi avviate all'aeroporto di Malpensa per monitorare le sottovarianti Covid presenti nei viaggiatori dalla Cina.

Sono tutti mutanti già circolati in Italia e già sotto sorveglianza, come hanno nuovamente chiarito sia Bertolaso che il governatore Attilio Fontana in una nota diffusa oggi, in cui hanno parlato di "notizie rassicuranti" dalle analisi completate finora.

La Cina travolta dal Covid corre ai ripari puntando sul farmaco Made in Italy "Udca"

Ora è la Cina a essere in difficoltà. Mentre all’inizio della pandemia da Covid, proprio quando l’Europa e l’Italia erano travolte con la massima violenza dalla prima ondata, il gigante asiatico blocco le esportazioni della sua sterminata produzione di prodotti farmaceutici, ora il governo cinese si riversa a comprare un farmaco il cui ingrediente di base è prodotto molto spesso in Italia. E oggi, quel prodotto made in Italy va a ruba nella speranza che si riveli una sorta di “medicina magica” contro il virus. 

Ma come si è rivoltata la situazione? Di fronte alle proteste della popolazione dopo anni di restrizioni, il regime di Ji Xinping ha tolto il 7 dicembre scorso ben dieci divieti fondamentali. Come riporta il Corriere, l’era degli asfissianti lockdown, per il momento, è finita. Ma lo ha fatto senza che fosse stata eseguita un’adeguata campagna vaccinale, senza che fossero state rafforzate le terapie intensive e senza sufficiente disponibilità di farmaci per resistere all’impatto del virus.

Anche per questo dalla metà di dicembre è ricercatissimo in Cina un farmaco del cui principio attivo il primo produttore al mondo è un’azienda italiana: la Ice (Industria Chimica Emiliana) di Reggio Emilia, fondata come impresa familiare nel 1949 e ceduto dai fratelli Enzo e Maurizio Bartoli nel 2019 al fondo d’investimento Advent International.

Così, il farmaco è diventato improvvisamente molto ricercato dalla popolazione. Ora è andato a ruba e le case cinesi che assemblano il principio attivo (Xuantai Pharma e New China Pharma) hanno visto le loro azioni decollare alla Borsa di Shanghai. Ma, naturalmente, nessuno in Italia sta pensando di bloccare, solo per questo, l’export di principi attivi verso la Cina.

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