Costume

I profumi del Garda nella Doc Lugana per i cinquant'anni di Famiglia Olivini

Eduardo Cagnazzi

Per festeggiare questo traguardo la cantina realizza un'edizione limitata con uno dei vini più rappresentativi. Una forma di rispetto verso la sua terra

Una storia lunga cinquant'anni. Tutto ebbe inizio nel 1970 dalla passione dell’imprenditore bresciano Giuseppe Olivini per la campagna. Era infatti quell'anno quando Olivini, fondatore di un’azienda siderurgica, decise di dedicarsi a quello che probabilmente all’inizio era solo un hobby: acquistò così, a ridosso delle colline moreniche del Lago di Garda, un cascinale immerso tra i vigneti.

La svolta, in termini di sviluppo e promozione della cantina, arriva nel 1999 con la cessione delle redini dell’azienda ai nipoti Giorgio, Giordana e Giovanni. Gli stessi, affiancati dai genitori Graziella e Giulio, danno vita al brand “Famiglia Olivini” che rappresenta un progetto in continua crescita ed evoluzione. Un progetto che vede, fin dagli esordi, la partecipazione dell’enologo Antonio Crescini che ancora oggi segue l’attività sia in vigna che in cantina

Famiglia Olivini è oggi una realtà che ha saputo distinguersi. Una distinzione dettata da vini riconoscibili, da una filosofia produttiva ben chiara, dal lancio di un proprio e-commerce capace di accorciare tutte le distanze con il consumatore, da una veste grafica unica e dall’apertura, avvenuta lo scorso anno, della nuova cantina che incarna non solo lo stile dell’azienda, ma anche lo spirito di accoglienza e ospitalità.

Per festeggiare il traguardo delle cinquanta candeline la cantina bresciana ha scelto di realizzare un’edizione limitata di uno dei suoi vini più rappresentativi: la Doc Lugana, ottenuta esclusivamente da uve Trebbiano di Lugana e disponibile sia con tappo in sughero che Stelvin. Come per tutte le referenze anche in questo caso si è seguita la filosofia dell’Agricoltura Ragionata®: si tratta di un marchio registrato dalla famiglia stessa che identifica la volontà di intervenire, sia in campagna che in cantina, il meno possibile con pratiche invasive. È prima di tutto una forma di rispetto nei confronti della terra e un modo per salvaguardare il territorio.