News
Cecilia Sala: "Cibo in carcere? Solo una manciata di datteri". Dalla Bibbia alla sigaretta che "rompe il protocollo": il racconto
I venti giorni in cella della giornalista: tra la richiesta di una Bibbia e quel suo primo desiderio dopo la liberazione
Cecilia Sala: "I miei venti giorni di carcere in Iran. Ecco che cosa succede nella prigione di Evin"
Cecilia Sala è libera. La giornalista italiana è atterrata ieri in Italia, non si conoscono ancora i dettagli della trattativa che ha portato alla sua scarcerazione dalla famigerata prigione di Evin in Iran. Ma emergono le prime dichiarazioni di Sala su questi 20 giorni di prigionia. "Avevo perso il senso del tempo, non sapevo più - racconta la giornalista e lo riporta La Repubblica - quando era giorno e quando era notte". Venti giorni chiusa in una cella "stretta e alta, senza letto, con una lampada sempre accesa e una piccola finestrella sul soffitto da cui passava l’aria ma che neanche riuscivo a vedere". Venti giorni in cui il pranzo e la cena erano "manciate di datteri e poco altro, che una mano mi passava dalla feritoia della porta".
Leggi anche: Cecilia Sala finalmente libera, la giornalista atterra con l'aereo a Ciampino. VIDEO
A Cecilia Sala non le è stato consegnato il pacco con generi di conforto e la mascherina per gli occhi preparato dall’ambasciata italiana, cosa che l’ha spinta un giorno - prosegue La Repubblica - a fare una richiesta alle sue guardie carcerarie. "Ho chiesto una Bibbia", ha rivelato Sala ai familiari. Non era una svolta mistica: "Presumevo che potesse essere un libro che a Evin avevano in inglese. E perché comunque la Bibbia è un libro molto lungo...".
Erano le prime fasi della detenzione, ed evidentemente Cecilia Sala temeva di dover rimanere lì per molto tempo. All’interno dello scalo romano dove atterrano i Falcon della Presidenza del consiglio, Sala era emozionata. Ha ringraziato la premier, il ministro degli Esteri, gli uomini dei Servizi. "Ah ok, va bene... rompo il protocollo se prima vado a fumare?". A quel punto è uscita dall’hangar, per qualche minuto sola con il compagno, si è accesa una sigaretta. La prima fumata in Italia dopo il carcere iraniano.