Cronache

Che fine ha fatto Bibbiano? Vogliono tenere le famiglie fuori dal processo

di Antonio Amorosi

Secondo i legali degli imputati è inammissibile la costituzione di parte civile di associazioni di famiglie, ministero Giustizia e regione Emilia. Intervista…

“Quando ti tolgono un figlio non hai nessuna possibilità di entrare in contraddittorio paritetico con chi te lo ha tolto”, spiega ad Affaritaliani il legale Patrizia Micai che difende alcune delle famiglie del caso Bibbiano, “Bibbiano è un’occasione per riflettere su quale è il vero sistema per proteggere i minori. Le famiglie fragili esistono ma penso vadano rafforzate, non distrutte”.

A metà del 2019 Bibbiano, in provincia di Reggio Emilia, finisce al centro di una presunta rete illecita nella gestione degli affidi di minori. Gli investigatori della Procura intervengono, insospettiti dal ripetersi di procedure anomale. Le relazioni tecniche dei terapeuti avrebbero ingannato Procura e tribunale per i minori. In 24 finiscono in un procedimento. La Procura di Reggio Emilia ne chiede il rinvio a giudizio. Il processo ora è nella fase delle udienze preliminari. Il giudice Dario De Luca dovrà decidere sulla richiesta e sulla costituzione di parte civile di vari attori (sono 44 le richieste di costituzione di parte civile al processo). Il 28 gennaio ci sarà la prossima udienza. Ma secondo i legali degli imputati è inammissibile la costituzione di parte civile delle associazioni delle famiglie, come anche quella del ministero della Giustizia e della Regione Emilia Romagna.

Gli affidi in Italia sono un settore molto complesso. Muove un giro d’affari poco trasparente, compreso tra 1 e 2 miliardi di euro l’anno. In Italia ci sarebbero circa 1800 strutture dedicate, per un numero di minori che oscilla tra i 26.000 e gli oltre 30.000 in 10 anni, una cifra anomala rispetto ad altri Paesi più grandi, per popolazione, come Germania o Francia dove non raggiungono mai i 10.000.

Giocherà un ruolo attivo il conflitto di interessi strutturale di molti operatori del settore? Non essendoci una netta distinzione tra chi partecipa alla sottrazione dei minori e chi li riceve in affidamento?

Il caso Bibbiano ha portato sotto i riflettori il settore.

Patrizia Micai, legale ferrarese esperta in diritto di famiglia, che come Bibbiano ha seguito anche la vicenda detta dei ‘Diavoli della bassa modenese’, caso giudiziario emiliano che sconvolse l’esistenza di 20 famiglie e 16 minori, strappati nel 1997 dalle braccia di genitori innocenti, ci ha parlato del perché sarebbe grave tenere le famiglie fuori dal processo di Bibbiano. Micai rappresenta sia l’associazione Fiage (Figli liberi dall’alienazione genitoriale) che il Comitato “Angeli e Demoni-Uniti per i bambini”

“I legali della difesa si sono opposti alla costituzione di parte civile del ministero della Giustizia, della Regione Emilia Romagna e delle associazioni delle vittime? E così, avvocato?”

“Si, è così, dicendo che non ci sono comunque danni di immagine e che non c’è la legittimazione a stare in giudizio. Ci sono ‘mille’ eccezioni diverse”.

“Però questo i legali, che difendono imputati, lo fanno sempre…”.

“E’ diverso. Le famiglie che si associano sono soggetti deboli e non ci possono mettere la faccia in prima persona. Cercano tramite le associazioni di difesa come la nostra di ottenere una tutela. Famiglie che, non hanno un tutore e non hanno una rappresentanza, non possono da sole rappresentarsi e mantenere un' immagine con i Servizi sociali”.

“Cosa intende?”

“Intendo dire che comunque porsi in termini di contrasto è sempre un modo per non adeguarsi alle decisioni. I Servizi sociali, i giudici dicono alle famiglie: ‘Perché protesti? Allora sei una persona non in grado di capire quale è il tuo problema! Non capisci la tua fragilità! Ogni volta che queste famiglie contestano l’operato dei Servizi e delle istituzioni vengono messe alla berlina. Quindi devono cercare anche di non esibirsi, di non farsi vedere, di non essere in prima linea. Ci deve essere qualcuno al loro posto ed è questo lo scopo delle associazioni, oltre sensibilizzare l’opinione pubblica su questi temi e rafforzare queste famiglie fragili, sole contro un apparato istituzionale piuttosto complesso”.

I legali di chi si difende sostengono ovviamente che non vi fosse un sistema oltre a non esserci neanche i reati?

“C’è da fare il processo. Dalle storie che raccontano a noi all’interno delle associazioni, da ciò che ho potuto vedere in altri processi, perché sono più di 20 anni che mi occupo di queste vicende, ritengo stia emergendo e sono sempre più frequenti i casi in cui si rilevano queste criticità. Non lo vogliamo chiamare sistema perché non piace come parola!? Allora possiamo parlare di una sorta di metodo operativo che non ha un controllo. Esiste uno strapotere dei Servizi sociali perché portano alla conoscenza dei giudici  delle situazioni nelle quali il loro veto, la loro opinione, le loro considerazioni non possono essere contraddette in alcun modo”.

“E’ come quando…”

“Ti fanno la contravvenzione al codice della strada. Arriva il pubblico ufficiale che ti dice che sei passato col rosso. Come fai tu a dire che non è vero? E’ esattamente così. Qui siamo all’interno di una macchina amministrativa dove tuo figlio viene prelevato con il 403 del codice civile perché viene detto che è un bambino in difficoltà, un bambino ‘fratturato’, un bambino abbandonato. Non hai nessun possibilità di entrare in contraddittorio paritetico, quello che è il giusto processo declinato dall’articolo 111 della Costituzione”.

“Quindi non è questione di sistema o non sistema…”

“Abbiamo proprio un problema di fondo, istituzionale, legato a dei principi che non sono più attuali, non sono costituzionali, non sono neppure garantiti dalle Costituzioni internazionali ed europee. Quindi è inutile continuare a dire che il problema non esiste. E’ un problema che esiste nella misura in cui manca una ristrutturazione e quindi Bibbiano è un'occasione, non è una vergogna. E’ un'occasione per riflettere nuovamente su quale è il vero sistema per proteggere i minori. Una riflessione nuova su quale sia il vero sistema per proteggere il minore e per rafforzare le famiglie fragili. Non stiamo dicendo che non ci sono famiglie fragili, certo che ci sono ma vanno rafforzate, non distrutte”