Cronache
Difesa degli assenteisti di Gianni Pardo
C’è un principio di diritto penale secondo il quale il delitto dell’uno non scusa il delitto dell’altro. Immaginiamo un ladro che va da un ricettatore, gli mette sul tavolo la merce rubata e concorda di cedergliela per cinquecento euro. Il ricettatore lo paga e l’altro, intascato il denaro, si riprende la merce e fugge via. Quid iuris? Il ricettatore è colpevole di ricettazione, perché la merce l’aveva già comprata e pagata. Il ladro è colpevole non soltanto del furto col quale si è procurata la merce, ma anche di quello perpetrato a danno del ricettatore.
Tutto ciò è da tenere presente nella vicenda dei dipendenti “assenteisti” di Sanremo(1) che sono stati licenziati perché timbravano il cartellino - o lo facevano timbrare dai colleghi - e non andavano al lavoro. Le accuse mosse ai rei sono molto gravi - fra l’altro truffa allo Stato e falso in atto pubblico - e le eventuali condanne saranno meritate, penalmente. Ma moralmente e socialmente?
La società è retta dalle leggi, ma soltanto da quelle applicate. Infatti, se un comportamento teoricamente vietato nella pratica è tollerato, per la coscienza comune esso diviene lecito. I cittadini non sono tutti giuristi. Se in via Roma la sosta è vietata, ma in un paese ci si conosce tutti e i vigili non multano mai nessuno, quel divieto di sosta non esiste. E si può anche andare oltre. Se un vigile eleva contravvenzione ad un automobilista soltanto, si ha abuso d’ufficio. Infatti la contestazione – formalmente atto dovuto – vista la sua eccezionalità è dimostrazione di un’animosità personale, in quanto pone in essere quella deviazione dallo scopo previsto per quell’atto dalla Pubblica Amministrazione che costituisce il reato.
L’applicazione della legge non è un optional nemmeno per lo Stato. Se esso l’applica in modo intermittente o casuale, è il primo a commettere un illecito e viola perfino la Costituzione (art.3), per la quale “tutti i cittadini sono uguali dinanzi alla legge”. Non si può multare un solo cittadino, in via Roma, e non si possono multare tutti in un giorno a caso e senza avvertire. La legge non deve divenire – come ha detto qualcuno – “la lotteria della malasorte”.
Considerando che il “mettere la firma”, in ufficio, e andarsene a sbrigare le proprie faccende è stato considerato dovunque e per decenni un comportamento se non lecito, certo tollerato, e di cui spesso è stato il capufficio a dare l’esempio, condannare severamente soltanto gli assenteisti di Sanremo può essere visto come un’imprevista ed eccessiva crudeltà. Certo, gli impiegati sono gravemente colpevoli, ma è colpevole anche uno Stato che ha trascurato tanto a lungo di punire il loro comportamento.
Non è morale, sull’onda di filmati televisivi, di dibattiti politici e di indignazione nazionale, macellare sull’altare dell’opinione pubblica una ventina di padri di famiglia. Questo comportamento – ma, si ripete, non soltanto a Sanremo – è uno sconcio e bisogna porre rimedio all’andazzo: ma non è questo il modo. Bisognerebbe cominciare ad applicare – costantemente e dovunque – sanzioni miti ma dolorose. Per esempio sottrarre giornate intere di stipendio per dieci minuti d’assenza ingiustificata. Al licenziamento bisognerebbe ricorrere soltanto in caso di recidiva reiterata. Lo Stato è incapace di applicare delle norme costantemente e dovunque? Se è così, non è moralmente legittimato a licenziare nessuno. Perché il primo a non fare il suo dovere è lui.
Non si stanno difendendo gli assenteisti, si sta difendendo l’uniforme applicazione della legge. Non si desidera che alcuni colpevoli rimangano impuniti, si desidera che non rimanga impunita la grande massa dei colpevoli. Non possiamo neppure perdonare allo Stato la sua attuale severità verso alcuni pensando che stiamo assistendo all’alba di un nuovo comportamento. Infatti abbiamo sentito infinite volte annunciare virtuose campagne contro ciò che non va, e poi, cessato il frastuono mediatico, tutto è tornato come prima. In Francia ci si può fermare a tutti i semafori senza essere infastiditi da un lavavetri, in Italia costoro sono una piaga che, malgrado i mille annunci e le occasionali retate, nessuno è riuscito a debellare.
I cittadini vanno educati, non incarcerati. Se si chiede loro di rispettare le leggi, bisogna prima che sia rispettabile lo Stato.
Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it