Cronache

Garlasco, Meredith, Yara, Cucchi e... Un anno di processi

Da Massimo Bossetti ad Alberto Stasi. Da Amanda Knox/Raffaele Sollecito ai medici del caso Cucchi. Un anno di processi, condanne e assoluzioni per una giustizia italiana spesso schizofrenica.

IL CASO GARLASCO - L'ultima vicenda in ordine di tempo a essersi risolta in via definitiva, quantomeno sotto il profilo processuale, è quella di Garlasco e dell'omicidio di Chiara Poggi. Delle due l'una. O Alberto Stasi è innocente e allora anche un solo giorno di carcere per lui sarà una barbarie senza fine. Oppure Alberto Stasi è colpevole e ha davvero ucciso senza pietà Chiara Poggi e allora 16 anni, che si trasformeranno come sempre in 8 anni effettivi, sono troppo pochi. Purtroppo non è dato saperlo ma una cosa è certa: giustizia non è fatta. Comprensibili le reazioni della famiglia Poggi, ci mancherebbe altro. Da oggi possono dire che c'è un colpevole per la morte di loro figlia e che si trova dietro le sbarre. Ma quello che è incomprensibile è il modo in cui è arrivato un verdetto che mette ancora una volta in imbarazzo la giustizia italiana. Quante volte abbiamo visto condanne a metà, dalla Franzoni in poi? Quasi come se i giudici volessero dire: "Pensiamo che sia stato lui ma non ci sono abbastanza prove. E allora facciamo una via di mezzo che non scontentiamo nessuno". Bisogna ricordarsi che nelle aule di tribunale non si stabilisce la verità assoluta ma la verità processuale che dovrebbe basarsi solo ed esclusivamente sulle prove e non sulle convinzioni personali o, ancor peggio, sul clamore mediatico. Era stato lucidissimo il procuratore generale Oscar Cedrangolo, svelando tutte le fragilità della sentenza d'appello e richiamando al significato più alto della giustizia. Non gli è stato dato ascolto. E allora altro che pari e patta. Con questa sentenza perdono tutti.

AMANDA E RAFFAELE - Finale diverso invece per uno dei processi più mediatici della storia, vale a dire quello per l'omicidio di Meredith Kercher. Il 27 marzo 2015 la quinta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, presieduta dal consigliere Gennaro Marasca, annulla senza rinvio le condanne a Raffaele Sollecito e Amanda Knox, assolvendoli per non aver commesso il fatto, affermando la "mancanza di prove" certe e la presenza di numerosi errori nelle indagini, e ponendo così fine al caso giudiziario. Un finale al veleno con la Cassazione che nelle motivazioni della sua sentenza parla di mancanza di un "insieme probatorio" contrassegnato "da evidenza oltre il ragionevole dubbio" e "un iter ondivago, le cui oscillazioni sono, però, la risultante anche di clamorose defaillance o "amnesie" investigative", e senza tali "colpevoli omissioni", si sarebbe «con ogni probabilità, consentito, sin da subito, di delineare un quadro, se non di certezza, quanto meno di tranquillante affidabilità, nella prospettiva vuoi della colpevolezza vuoi dell'estraneità» di Knox e Sollecito, che la corte considera comunque innocenti. Prosegue indicando "l'inusitato clamore mediatico" e i "riflessi internazionali della stessa vicenda", che non hanno "certamente giovato alla ricerca della verità" provocando una "improvvisa accelerazione" delle indagini "nella spasmodica ricerca" di colpevoli "da consegnare all'opinione pubblica internazionale.

GLI ALTRI CASI - Molti altri casi sono ancora aperti. Primo fra tutti quello della morte di Stefano Cucchi. Dopo anni di processi e appelli, la Cassazione, ha annullato l'assoluzione dei 5 medici (prosciolti nel secondo grado) e ha deciso che si deve ricominciare con un appello-bis per omicidio colposo per la morte del geometra deceduto dopo essere stato arrestato per droga nell'ottobre 2009, La sorella ha sempre sostenuto che "Stefano è stato massacrato di botte fino alla morte". Ancora in corso il processo di primo grado a carico di Massimo Bossetti per l'omicidio della 13enne Yara Gambirasio. I numeri di questo processo sono davvero incredibili: 60 mila pagine di atti d’inchiesta, 120 testimoni che verranno chiamati a deporre. La squadra difensiva di Bossetti, invece, porterà in aula 711 testimonianze, oltre a una cinquantina di esperti e consulenti. Nessun processo in vista, invece, per Roberta Ragusa, la donna scomparsa dalla sua casa nella provincia di Pisa e mai ritrovata. Il giudice Laghezza del Tribunale di Pisa ha deciso il "non luogo a procedere" nei confronti del marito Antonio Logli perchè non c'erano elementi a suo carico tali da poter iniziare un processo. Dopo due anni di indagini, infatti, Logli è stato scagionato dall'accusa di aver ucciso e distrutto il cadavere della moglie, che non è mai stato ritrovato.

GIUSTIZIA SCHIZOFRENICA - All'indomani della sentenza di condanna per Alberto Stasi, non sono state poche le critiche indirizzate alla giustizia italiana. Ecco che cosa ha detto lo psicologo e criminologo Alessandro Meluzzi in un'intervista ad Affaritaliani.it, con critiche che dal caso specifico passano all'approccio generale: "Hanno usato ancora una volta il principio del poca prova e poca pena. La condanna della Cassazione è arrivata in base a indizi non sufficienti e non completamente concordanti tra loro. La prova principale resta quella della camminata derivante da una perizia tecnica smentita dalla contro perizia della difesa. Insomma, non c'erano gli elementi per sostenere che Stasi fosse colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio". E allora perché Stasi è stato condannato? "Questa sentenza soddisfa un'esigenza di catarsi più che un'esigenza di giustizia", risponde Meluzzi. "E' difficile ammettere che in molti casi la giustizia è impotente di fronte a una mamma che piange. Ma invece è prevalsa ancora una volta la kermesse mediatico-morale. Sostengo da sempre, e non certo solo io, che sono meglio 100 colpevoli fuori che un solo innocente in carcere ma capita che si dia ascolto ai media e alla gente che chiede vendetta". "Con Stasi hanno applicato il principio tutto italiano del "poca prova e poca pena", prosegue Meluzzi. "E' il massimo della barbarie giuridica. I giudici non sono convinti delle prove e allora decidono per una via di mezzo, come era accaduto per la Franzoni. Se davvero erano convinti che Stasi ha ucciso Chiara Poggi dovevano dargli l'ergastolo. E invece no, una via di mezzo e tra 8 anni sarà fuori". "Uno può anche essere intimamente convinto che Stasi fosse colpevole ma se non ci sono prove sufficienti non lo puoi condannare", conclude Meluzzi. "Nelle aule di giustizia non si stabilisce la verità assoluta ma la verità processuale. Resta soprattutto questa considerazione: la giustizia italiana non ha il coraggio di attenersi a questo principio fondamentale del diritto".