Cronache
Giovane amputato nel mirino di Lucarelli. Lo scoop finto che si vende facile
Lo “scoop” facile della Lucarelli. Fa domande alle vittime non ai vertici di un sistema sanitario che non funziona. La vittima di uno squalo, Matteo Mariotti
Dopo l’amputazione Matteo Mariotti si deve difendere da una che sa poco e niente del settore e dei suoi drammi. Ma Lucarelli non è peggio dello squalo, come fa intendere il ragazzo amputato. E’ solo... non all’altezza.
Dopo il caso del pandoro di Chiara Ferragni, va di moda mettere al palo tutti coloro che ricevono beneficenza. Perché è così che si vendono più giornali oggi, seguendo le mode. E’ un pò come per le canzoni, avete presente? Quando tira un genere, i produttori finanziano pezzi simili perché è sicuro che venderanno. Ma chi è che prende di mira Selvaggia Lucarelli questa volta?
I grandi colossi associativi italiani della beneficenza, spesso legati alla politica, che non hanno bilanci trasparenti, non mostrano gli stipendi dei manager, non si sa dove finiscano i soldi che ricevono? Quelli, ad esempio, raccontati dalla giornalista Valentina Furlanetto nel libro L’industria della carità? No! La Lucarelli prende di mira un ragazzo di 20 anni, sbranato ad una gamba da uno squalo in Australia e tornato in Italia per farsi operare e curare.
Matteo Mariotti, questo è il suo nome, fresco di amputazione, manda praticamente a stendere la giornalista, quando questa chiede se i soldi che raccolgono i suoi amici, in una colletta on line, siano veramente per spese mediche. Chissà cosa si nasconde dietro. E la vittima diventa lei, la giornalista, traumatizzata dalle ingiurie e dalle accuse d’insensibilità, mosse dagli amici di Matteo. La nostra eroina cercava solo di mettere il dito nella piaga delle beneficenze finte.
In fondo, si chiede l’arguta penna del Il Fatto Quotidiano, il ragazzo è assicurato e in Italia ci pensa il sistema sanitario e poi neanche i suoi amici hanno saputo rispondere alle domande, replica a sua difesa, su varie testate giornalistiche che gonfiano la vicenda pro domo sua.
Forse Lucarelli ha difficoltà di ricerca. Allora l’aiutiamo facendole rispondere dal giornale per il quale scrive. E’ la voce di Guido Furlanetto, trevigiano di 43 anni all’epoca dell’intervista, amputato ad un piede dopo un incidente, che raccontava proprio a Il Fatto Quotidiano di spendere tra protesi e cure dai 12.000 ai 15.000 euro l’anno dopo l’incidente. L’Asl, per la protesi di piede, non gli passava molto “e solo componenti protesici di bassa qualità perché non è aggiornata alle nuove tipologie di protesi”. Un racconto infernale tra mercato nero dei dispositivi ortopedici e sofferenze che pietrificherebbero chiunque per i costi insostenibili.
O la storia di Matteo Passetti, di cui ho scritto su Panorama, campione juniores di surf amputato a una gamba per un incidente. Non trovando nessuno in grado di costruirgli una protesi per fare surf, pur di cavalcare le onde, si era fissato l’invaso della protesi con del nastro adesivo. Può succedere anche questo ad un giovane che vuole vivere e non sentirsi menomato a vita con le protesi dell’Asl. Due tra le miriadi di casi di cui si trova facilmente traccia anche online, senza troppo scomodarsi dalla poltrona, andando in giro ad indagare chissà quale mistero.
Le protesi, sottolineo al plurale, e non la protesi di cui parla la Lucarelli che fornisce il Sistema Sanitario Nazionale, vanno calcolate per l’intera vita. Matteo ne farà tante perché queste durano solo tre-cinque anni e ne servono diverse per ogni differente attività. Possono avere costi che variano dai 5.000 ai 50.000 euro. Immaginate l’esborso per un ragazzo di 20 anni, il cui corpo non è ancora del tutto stabilizzato. E queste cifre non tengono conto di ulteriori trattamenti medici per le conseguenze dell'amputazione sul resto del corpo. Il prezzo di vivere con un'amputazione traumatica si aggira dai 500.000 euro agli 800.000 euro in un’intera vita. E Matteo Mariotti non è certo il primo amputato che cerca fondi, sponsor o notorietà per pagarsi protesi e cure.
Ma dalle domande che fa la Lucarelli non sembra aver mai letto il nomenclatore tariffario o sappia cosa sia. Dico in modo approfondito, come lo conosce un amputato o un tecnico ortopedico che deve fornire protesi.
Qualche domanda scomoda l’ha posta a un ministro o politico sulla fornitura delle protesi e le spese mediche, invece che a dei ragazzini? Provi a girarsi i centri ortopedici italiani, per capire da quale unica multinazionale tedesca siano stati comprati.
Se proprio ci tiene, faccia qualche domanda a chi da anni in Italia ha lasciato lucrare le multinazionali estere sui nostri amputati, invece di investire nel sistema italiano, sui tecnici e i centri ortopedici pubblici e privati del Belpaese! Ha mai chiesto come mai, di tutti i fondi dati ai centri di ricerca, per i dispositivi protesici, lo Stato deve ancora spendere un sacco di denaro per fornire le protesi ai propri assistiti, comprandole sempre dagli stessi, per lo più aziende straniere, invece di farsele in casa propria, a meno? Non ci sono ingegneri capaci in Italia? Il Paese non è in grado di produrre automazione e abbassare i prezzi? Cos’è che non funziona mai? Per avere un ginocchio protesico elettronico impermeabile lo dobbiamo per forza comprare dai tedeschi?
Per un ragazzino di 20 anni non sarà facile venirne a capo, in un Paese dove la sanità è uno dei settori più corrotti, che obbliga al turismo sanitario, a causa della disparità delle cure tra regione e regione. Invece il quadro che si capisce, e neanche troppo tra le righe, dalle parole della Lucarelli è che “gli amici vogliono che Matteo si compri la migliore protesi del mondo e non quella che passa l’Asl”. In sostanza vuole qualcosa di più di quello che gli spetta e la raccolta fondi sarebbe una “furbata”. Il ragazzo poi, a suo dire, non è povero, perché va e viene dall’Australia un paio di volte l’anno e suo padre ha un locale a Parma. Da qui l’allusione che la raccolta fondi sarebbe per un capriccio.
Queste sarebbero le domande scomode? Sticazzi! non lo vogliamo dire?
Lei che è giornalista, usa invece la sua professione e la visibilità che ha per mettere all’angolo dei ragazzini che cercano di salvare l’amico, di cui non sanno neanche in che incubo sia piombato? Che grande denuncia! Chissà quale secondo fine avranno! Una protesi d’oro invece che d’acciaio? E gli amici di Matteo, le rispondono, da quanto riporta lei, perdendo le staffe e insultandola. Ma dai, roba da non crederci!
Capisco invece, da tutta questa storia, che ci vuole meno tempo, meno impegno, meno rischi e si guadagnano più click dalle polemiche sui social “a vendere le canzoncine orecchiabili” che a fare qualche domanda in più, quelle che servono per capire qualcosa.