Cronache
Giulia Tramontano uccisa dal fidanzato, errore chiamarlo mostro: ecco perché
Ragazza uccisa a Senago (Milano) dal ragazzo: definirlo “mostro” rappresenta una sorta di giustificazione, ossia pone un muro tra noi, e lui
Come avrebbe ucciso, Impagnatiello? Con due coltellate, e da lì le ingenti tracce di sangue trovate. E poi, i due tentativi mal riusciti di dare fuoco al cadavere, alla fine nascosto in una zona semi abbandonata.
Viene spontaneo definire mostruoso un atto del genere, e viene spontaneo definire mostro chi lo compie. Eppure, così non è. Chi usa una tale efferata violenza, considerando la chi si diceva di amare e da cui si era amati come un semplice oggetto diventato ostacolo, non è un mostro.
È una persona incapace di relazionarsi con il prossimo in modo paritario, di considerare il partner come qualcuno da amare e non come un oggetto da possedere, ed è capace di premeditare, senza alcun ripensamento, il peggiore di delitti, ossia l’assassinio della donna che porta in grembo il proprio figlio. Definirlo “mostro” rappresenta una sorta di giustificazione, ossia pone un muro tra noi, e lui.
Come se il mostro fosse qualcosa di altro, qualcuno lontano da noi, che non potrebbe mai far parte del nostro mondo e del modo in cui lo concepiamo. E invece così non è. La vita di questa giovane coppia, lui barman di successo, lei agente immobiliare, nessun precedente penale, nessun disagio familiare pregresso, rende lui, il presunto assassino, uno qualunque. Uno di noi. Esce la mostruosità dell’uomo, in certi delitti. Ma quella mostruosità è latente anche nelle persone più integrate, con elevata reputazione sociale e professionale, e prevarica quando il narcisismo e la mania di controllo che stanno alla base della propria vita prendono il sopravvento, al punto da considerare come unica via d’uscita l’eliminazione, anche fisica, dell’altro.