Cronache
Inchiesta Covid, i silenzi sulla zona rossa. Fontana: "Non tocca a noi? Bingo"
Conte: “Chiusure da fare con parsimonia, costano”. L’accusa di Crisanti a Brusaferro: “Non lesse il piano pandemico”. La chat del governatore lombardo
Zona rossa Covid, le accuse di Crisanti a governo e Cts
Emergono nuovi dettagli sull'inchiesta della procura di Bergamo sul Covid e le mancate chiusure. Come spiega il Corriere della Sera, "nella sua relazione, consegnata un anno fa e passata al vaglio del pool di pm dell’inchiesta, Crisanti attribuisce la responsabilità della mancata attuazione del piano pandemico a cinque persone: Claudio D’Amario, direttore della Prevenzione del ministero della Salute; Silvio Brusaferro, direttore dell’Istituto superiore di sanità; Agostino Miozzo come coordinatore del Cts; Giuseppe Ruocco, segretario generale del ministero e Luigi Cajazzo, direttore generale della Sanità di Regione Lombardia".
Come racconta il Corriere della Sera, "ad Alzano e Nembro, già il 27 febbraio, l’indice era arrivato a 2, ma la zona rossa non scattò. Crisanti attribuisce responsabilità a livello nazionale e regionale. Per tre motivi. Il primo: Speranza, Brusaferro, Miozzo e D’Amario sapevano del piano Merler (che prevedeva un impatto devastante con indice al 2.6 e indicava la zona rossa come misura di contenimento) e delle previsioni, così come Fontana, Gallera e Cajazzo. Il secondo: già dal 27 febbraio sapevano dell’indice di trasmissione sopra il 2. Il terzo: nonostante il livello del contagio, «per 10 giorni non vennero prese azioni più restrittive»".
La responsabile del servizio 1500: "Qua si trascrive tutto a mano"
Il motivo? Da quanto si legge sul Corriere della Sera "Crisanti indica la risposta nelle parole di Conte quando, nella riunione del 2 marzo, affermò che «la zona rossa va utilizzata con parsimonia perché ha un costo sociale, politico ed economico». E chiude con un vero atto d’accusa: «Queste considerazioni hanno prevalso sull’esigenza di proteggere gli operatori del sistema sanitario e i cittadini dalla diffusione del contagio»".
La Repubblica riporta invece un altro passaggio emblematico contenuto nelle carte dell'inchiesta. "Il 26 febbraio si dimette la responsabile del servizio 1500, un numero fondamentale che i cittadini avrebbero dovuto chiamare per chiedere informazioni. La funzionaria però scrive una mail a Speranza, al suo vice Sileri e ad altri dirigenti per dire che «la centralina telefonica aveva avuto un disservizio durato qualche giorno”, che “non esiste un sistema di informatizzazione della telefonata, che deve essere trascritta a mano”.
"Zona rossa non tocca a noi? Bingo". La chat di Fontana
Sempre Repubblica riporta invece una chat che coinvolge il governatore della Lombardia Attilio Fontana e contenuta negli atti dell'inchiesta di Bergamo. Ecco cosa scrive Repubblica, che riporta un messaggio ricevuto in cui gli si dice: "«Qualora ti possa essere utile in questa diatriba con Conte, ti rammento la direttiva emanata dal ministero Interni ai prefetti il giorno stesso del Dpcm 8 marzo 2020». In quel testo, spiega ancora l’interlocutore, «il ministro dell’Interno scrive chiaramente… che non ci devono essere sovrapposizioni di direttive aventi incidenza in materia di ordine pubblico e sicurezza, che rimangono di esclusiva competenza statale… e indica esplicitamente tra queste le previsioni di costituzione delle c.d. zone rosse»".
Spiega Repubblica: "Per Fontana, sotto accusa per non aver istituito già all’inizio di marzo una zona rossa in Val Seriana è una conferma alla sua posizione: non toccava alla Regione muoversi; un assist che arriva dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. «Bingo», commenta dunque il governatore, girando il lungo messaggio a Gallera. «Evviva!!!» è la risposta dell’assessore".