Cronache

La Regione Lazio prende in giro il Governo: nuovo Ptpr, ma il testo è del 2018

La Regione Lazio approva il secondo piano territoriale paesistico, Ma il testo è identico a quello del 2018. L'analisi di Donato Robilotta

di Donato Robilotta

Il Consiglio regionale del Lazio ha approvato il Piano Territoriale Paesistico Regionale – PTPR del con 33 voti a favore, la nuova maggioranza di Zingaretti, e 14 voti contrari. Una vera e propria farsa andata in scena alla Pisana perché l’Assemblea licenzia il testo per la seconda volta dopo che quello approvato nell’agosto del 2019 era stato impugnato e poi cancellato dalla Corte Costituzionale.

La Corte boccia il testo perché in molti punti è difforme da quello concordato con il Ministero dei beni Culturali - Mibac mentre la copianificazione normata dal decreto Urbani prevede che il testo sia scritto a due mani. Il testo licenziato dal Consiglio è esattamente quello approvato dalla giunta Zingaretti di intesa con il Mibac a Marzo del 2018 e che contiene vincoli che bloccano oltre il 70 per cento del territorio regionale. Tanto è vero che sia nelle audizioni che si sono succedute in commissione, senza però poter discutere il testo nel merito, un’altra delle tante stranezze che avvengono alla pisana, sia con dichiarazioni recenti il testo è stato criticato da quasi tutte le associazioni, Unindustria, Acer, Coldiretti Roma, Cna, Confesercenti, Federlazio, Ordine ingegneri e architetti, perché blocca lo sviluppo economico della Regione.

L’assessore Valeriani si dice orgoglioso di quanto fatto nell’agosto del 2019, quando il Consiglio con un accordo PD-centro destra approva un testo diverso da quello dell’accordo con il Mibac, e di aver sfidato la Consulta ma ora bisogna prendere atto dell’intervento del giudice delle leggi per cui il testo che si discuteva in aula era un testo chiuso che non si poteva modificare.

L’intervento della Corte avrebbe messo, a detta dell’assessore, a nudo una limitata potestà legislativa delle Regioni in questo campo, con la predominanza del Mibac, per cui il Ptpr può essere solo approvato o bocciato ma non può essere modificato. E arriva ad invocare una modifica del decreto Urbani.

L’assessore evidentemente si è dimenticato che nell’Agosto del 2019, subito dopo l’approvazione del Ptpr, in Consiglio dichiarava che quel testo conteneva tutte le osservazioni fatte dal Ministero e che non vi sarebbe stata nessuna impugnativa da parte del governo, cosa invece che denunciavano alcuni esponenti dei 5 stelle. Insomma Valeriani ci mette la faccia.All’indomani cambia il governo, a quello giallo verde subentra il giallo rosso e al Mibac approda Franceschini, che è uno dei leader del Pd che ha come segretario Zingaretti, che è il Presidente della Regione.

Dopo mesi, il 13 Febbraio del 2020, il Ptpr viene pubblicato sul Burl della Regione, ma lo stesso giorno la giunta Regionale approva una delibera contenente il Ptpr nel testo originario dell’intesa con il Mibac prima del voto del Consiglio. Insomma un vero e proprio pasticcio, che è la prova che Zingaretti ha preso male il piano approvato in Consiglio e ribadisce che il testo che per lui andava approvato è quello dell’intesa, smentendo clamorosamente il suo assessore.

Il Consiglio dei Ministri, su richiesta del Mibact, impugna il provvedimento e la Corte accoglie l’impugnativa bocciando il piano della Regione.

È la prova, se mai ce ne fosse stato bisogno, che l’impugnativa del governo era stata assolutamente concordata e cercata da Zingaretti per far bocciare dalla Consulta un testo che era frutto non delle scelte della giunta ma del Consiglio, dopo un accordo tra una parte consistente del Pd e del centro destra. Accordo che aveva migliorato il testo per evitare di vincolare quasi tutto il territorio regionale.

Il PTPR per diventare legge non basta che sia approvato dalla giunta e dal Mibac ma deve essere approvato dal Consiglio, che ha tutto il diritto di poter modificare il provvedimento nelle parti che ritiene necessario. E se il Mibac si appella alla co-pianificazione occorre allora che si confronti con il Consiglio nella commissione competente e Zingaretti da Presidente della Regione aveva il dovere di garantire questo confronto ed evitare di cancellare le prerogative del Consiglio.

Il punto è questo, il ruolo del Consiglio nella copianificazione non c’è stato in nessun modo, perché il Ministero, come ha dichiarato la stesa difesa della Regione davanti alla Consulta, si è sempre rifiutato di partecipare alle riunioni della commissione competente alla Pisana, tranne che per una una comparsata nell’ultima audizione. Non solo ma Zingaretti prima di sottoscrivere la prima intesa o l’accordo con il Mibac avrebbe dovuto avere una delega sugli indirizzi da parte del Consiglio, cosa che non c’è stata.

E questa è una forte lesione delle competenze e della sovranità del Consiglio compiuta dal Presidente della Regione. Probabilmente l’assessore Valeriani, che ha recitato varie parti in commedia, avrebbe fatto bene a dimettersi piuttosto che gridare ancora una volta alla vittoria. Ma in quel teatrino che ormai è diventata la Pisana, le dimissioni non le ha chieste neanche l’opposizione, che pure si è opposta al provvedimento.