Cronache

Movimento Shalom, dai diritti alle armi: la lezione di Don Cristiani

di Vito Piepoli

Il fondatore racconta a Taranto gli ideali rivoluzionari del movimento, primo fra tutti il riconoscimento dei diritti, senza distinzione di razza e genere

Il motore dell’economia dell’Occidente, dell’America del Nord fino a cent’anni fa era la schiavitù. Anche il Cristianesimo purtroppo, ammette, ha sostenuto la schiavitù, non ha avuto il coraggio di portare avanti la rivoluzione che stava alla base del Cristianesimo, il principio egualitario per cui tutti gli uomini sono uguali. Hanno lasciato per secoli che degli uomini fossero degli schiavi, meno che degli animali.

Dunque, chi avrebbe potuto immaginare che nel 1865, invece entrasse in vigore un emendamento alla Costituzione americana che aboliva ufficialmente la schiavitù? Ed è vero che c’è ancora, sì però è bandita. È come i ladri che ci sono ancora ma il furto è un crimine, come uccidere che è la cosa più aberrante e tutti i giorni si uccide, ma per lo meno ci diamo un’etica.

“E così noi coraggiosamente, come Shalom, amici di Shalom, come associazioni di volontariato che progettano la costruzione di una civiltà alternativa a questo schifo di mondo, dovremmo partire dal mettere al bando le armi e additare chiunque le costruisce, siano scienziati, siano dittatori, siano mercanti di morte, come ce l’abbiamo anche noi in Italia, che siamo tra i primi costruttori e venditori di armi. Ho sentito persone che coordinavano le holding delle armi. Italiani che si rammaricavano perché pur avendo prodotti molto interessanti avevano raggiunto un business ridotto, e non è che parlassero dello yoghurt, del taleggio o del parmigiano, parlavano di armi distruttive. Ma non si potrebbe guadagnare sui trattori, sulle ambulanze, sugli strumenti diagnostici che la gente tra un po’ per curarsi un ginocchio deve aspettare due anni, prima di avere una visita medica?".